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    Per una critica dell’art. 319-quater c.p. Una terza via tra concussione e corruzione

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    L’introduzione dell’art. 319-quater mira a risolvere i problemi storicamente po-sti dalla distinzione tra corruzione e concussione. Pur sorretta da uno spunto condivisibile, quella disposizione, per il modo in cui è concretamente concepita, finisce tuttavia per solle-vare un novero di questioni fors’anche superiore rispetto a quelle che contribuisce a risolve-re. Gli stessi problemi si sarebbero potuti assai più agevolmente risolvere, già in vigenza del precedente sistema, sol che si fosse accettato di superare il dogma della mutua esclusività di quelle due fattispecie

    Harmless Rapes? A False Problem for the Harm Principle

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    ENG.: In this article, I try to show that “harmless rape” (i.e., the case of a rape which is not experienced by its victim) poses no real problem for the harm principle. In order to do this, I first give a critical account of the way in which John Gardner and Stephen Shute have faced this very same topic in a pathbreaking essay they wrote about ten years ago. I contend that their argument undergoes some logical and normative flaws. I will then provide a different account of the harm principle, one that, while reflecting more precisely some of the original Millian intuitions, easily explains why socalled harmless rapes should be criminalized. IT: In questo articolo, cerco di spiegare perché a mio giudizio le ipotesi di cosiddetto “stupro innocuo” (ossia, di stupro commesso su vittima incosciente) non rappresentino una minaccia per la sostenibilità del principio del danno. A tal fine, comincio analizzando criticamente il modo in cui John Gardner e Stephen Shute hanno affrontato la medesima questione in un importante saggio scritto ormai una decina d’anni addietro. La mia idea è che la loro impostazione sia affetta, in ultima analisi, da carenze sia logiche che normative. Prospetto dunque una mia interpretazione del principio del danno, la quale, a mio avviso, se da un lato rispecchia più da vicino qualcuna delle intuizioni originariamente espresse da John Stuart Mill nel suo noto saggio On Liberty, d’altro lato non ha alcuna difficoltà a spiegare l’incriminazione dei fatti di “stupro innocuo”

    LibertĂ  di espressione e reati di opinione

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    L''articolo affronta alcuni aspetti problematici del tema dei reati di opinione, e soprattutto quello - classico - dei loro rapporti con la libertà di espressione (art. 21 Cost.). Presupposti ne sono: una definizione (sufficientemente precisa) del concetto di ''reato di opinione'' (cosa che i penalisti solitamente omettono di fare); e una definizione (nelle aspirazioni, originale) della portata del principio di cui all''art. 21 Cost. Su queste basi vi si dimostra che non vi è alcun modo di rendere la incriminazione di reati di opinione compatibile con le ragioni soggiacenti al riconoscimento costituzionale della libertà di espressione

    La corruzione privata e la riforma dell'art. 2635 c.c.

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    L'articolo esplora il trattamento penale dei fatti di corruzione privata, anche alla luce della recente legge n. 190/2012. Due le tesi principali sostenute: 1) contrariamente a quel che si crede, nel nostro ordinamento esiste gi\ue0 (ed esisteva anche prima del 2012) una incriminazione - sia pur non diretta - dei fatti di corruzione privata; 2) la riforma del 2012 cambia l'offensita' tipica dei reati di cui all'art. 2635 c.c., affiancando alla tutela del patrimonio, una tutela della concorrenza quale interesse dei consumatori.The paper explores the Italian discipline on private bribery, which has recently undergone significant reform through law no. 190/2012

    DALLA PUNIZIONE ALLA RIPARAZIONE? ASPIRAZIONI E LIMITI DELL’ENNESIMA RIFORMA ANTICORRUZIONE (LEGGE N. 69/2015)

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    Il testo propone un commento critico delle norme anticorruzione contenute nella l. 69/2015. La tesi di fondo è che la dichiarata aspirazione a privilegiare una strategia riparatoria è in realtà smentita dal contenuto effettivo di molte delle norme introdotte, le quali mantengono invece un tenore saldamente punitivo

    UNA STORIA SEMPLICE? SURROGAZIONI, ALTERAZIONI, FALSIFICAZIONI

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    Il testo prende spunto da una recente sentenza del Tribunale di Pisa per ragionare intorno ad alcuni aspetti legati alla rilevanza penale della surrogazione di maternitĂ . Le questioni prese in considerazione sono: struttura e soggetti del reato di surrogazione (di cui si propone una lettura piuttosto innovativa); punibilitĂ  del fatto commesso all'estero; applicabilitĂ  delle norme sulla alterazione di stato (o su altri tipi di falso), in caso di nascita su surrogazione registrata all'estero

    Diritti e giustificazioni come cause di esclusione dell'illecito penale

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    L'articolo sviluppa la tesi che diritti e giustificazioni, pur appartenendo entrambi alla categoria dogmatica delle scriminanti, costituiscano espressione di razionalitĂ  diverse. Si illustrano dunque le conseguenze della tesi sul piano del fondamento, del contenuto, e dell'efficacia dell'una e dell'altra tipologia di scriminanti

    DIRITTI E RESPONSABILITA' PENALE

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    Il libro ambisce a fornire una interpretazione innovativa della scriminante dell''esercizio di un diritto (art. 51 c.p.), quale espressione dei principi di sussidiariet\ue0 del diritto penale e del favor libertatis. Sullo sfondo, una critica - di teoria generale del diritto - al dogma della coerenza e unitarieta'' dell''ordinamento giuridico. Nella seconda parte, vengono infine esposte le ricadute operative del ragionamento

    Junior Recital: Samantha Spena, violin

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    ESISTE IL PATERNALISMO PENALE? UN CONTRIBUTO AL DIBATTITO SUI PRINCIPI DI CRIMINALIZZAZIONE

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    Da tempo si discute se il paternalismo penale costituisca un principio di crimina- lizzazione compatibile con gli assunti di fondo del pensiero liberale. Nell\u2019articolo si sostiene che, in realt\ue0, esso non costituisce un autonomo principio di criminaliz- zazione. Dopo aver distinto tra p. tutorio e p. dispotico, vi si mostra, innanzitutto, come il primo sia manifestazione del principio del danno. Anche il secondo, si sostiene, costituisce un finto avversario per il liberalismo: le incriminazioni che ne costituirebbero espressione o hanno un fondamento moralistico (e andrebbero perci\uf2 \u2018combattute\u2019 come forme di moralismo giuridico) oppure sviluppano, anche esse, la stessa logica del principio del danno. In realt\ue0, \ue8 proprio quest\u2019ultimo a costituire, ai fini di una giusta criminalizzazione, un fondamento assai pi\uf9 incerto di quanto non credano gli antipaternalisti. Vi si propone poi una critica del concetto di \u2018p. indiretto\u2019, e della visione \u2014 inadeguata \u2014 che esso presuppone dell\u2019istituto del consenso dell\u2019offeso. Se ne trae la conclusione che la gran parte dei problemi ricondotti al \u2018p. penale\u2019 andrebbero pi\uf9 propriamente affrontati come parte della pi\uf9 generale discussione sul cosiddetto \u2018diritto a sbagliare\u2019.The compatibility between so-called penal paternalism and liberalism has been long discussed. The aim of this article is to show that p. p. does not actually represent an autonomous principle of criminalization. First of all, after having made a distinction between tutelary and despotic p., it is argued that the first one is nothing but a specific manifestation of the harm principle. As to the second, it is argued that struggling with it is a kind of shadow-boxing: criminal norms usually seen as tokens of it are instead expressions either of legal moralism (and should be dealt with as such) or (as is for tutelary paternalism) of the harm principle. In these last cases, the problem is that the harm principle itself is a far less stable ground for criminalization than antipaternalists seem to believe. Moreover, the article provides a critical account of the antipaternalists\u2019 view on consent. The conclusion is thereby drawn that what in fact the debate on p. p. calls for is a thorough discussion of whether individuals have a \u2018right to do wrong\u2019 (even when this \u2018wrong\u2019 consists in self harming)
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