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Laus est ardua dura sustinere: riprese e originalità nell’elogio sidoniano di Narbona (carm. 23, 37-96)
Nella lode che Sidonio compose per Narbona (carm. 23,37-96) si riconoscono tre
sezioni tematiche: la prima e la terza contengono l’elogio di tutto ciò che rende attraente
e ricca la città e la menzione dei suoi ‘figli’ illustri. Si tratta di argomenti topici della
laudes di luoghi e città, in cui si riconoscono riprese di Ausonio e di Virgilio. La parte
centrale dell’elogio è la più complessa e la meno convenzionale: Sidonio infatti infrange
la convenzione secondo cui in questo genere di componimenti sono da citarsi solo i
bona del luogo elogiato, per ricordare i segni ancora visibili dell’assedio di Teoderico
I. Rovine degne di essere elogiate, sottolinea l’autore: esse sono la prova del coraggio e
della fedeltà della città, per questo amata da Teoderico II (ampiamente elogiato proprio
in questi versi). La laus di Narbona rappresenta una ulteriore testimonianza dell’abilità
del poeta galloromano di attingere alla tradizione letteraria per dar vita ad un prodotto
‘originale’: la città che egli descrive è coraggiosa e affidabile come un veterano, disponibile
ad un nuovo futuro. Ancora una volta, i versi di questo autore non sono un semplice
lusus ‘neoalessandrino’, ma un modo di ‘fare’ politica.Sidonius’ the laus of Narbonne (carm. 23,37-96) is divided in three different thematic
sections: the first and the third sections contain the praise of everything makes the city
beautiful and rich, and the mention of its distinguished ‘children’. These are ‘topical’ sections
of the laudes about towns and places, where it is possible to identify some similarities with
Ausonio and Virgil. The central section is not only the most complex, but also the least conventional:
Sidonius seems to contraddict even the convention which prescribed that in this
type of composition there should be described only the bona of the celebrated place. In these
central lines the poet reminds the value shown by Narbonne during the siege of Theodoric I referring it to the visible ruins in the town. They should be praised and not blamed, as they
are a tangible sign of the town’s courage and ability to face difficult challenges. In the central
lines are studied the great praises Sidonius addresses to Theodoric II. The laus of Narbonne
is a precious evidence of the Gallo-Roman poet’s ability of taking from the heritage of the
literary tradition and give birth to an ‘original’ work of art: the city described by him is courageous
and reliable as a veteran, open to a new future. Once again, his lines are not simply
a lusus ‘neoalexandrine’, but they can represent a way of ‘to do’ polics
Modelos femeninos en la Antigüedad Tardía
En los últimos decenios el interés por las temáticas de género sea en relación a la antigüedad grecorromana o a la antigüedad tardía y el cristianismo, se ha vuelto particularmente fecundo, como resulta evidente dada la amplia bibliografía referida a estos temas. Sin embargo, mientras las condiciones de las mujeres en la antigüedad clásica (status, modo de percibirlas y representarlas) han sido delineadas – también en la especificidad de cada aspecto y en la variedad y originalidad de los aportes - según modelos y reconstrucciones en general acorde a lo aceptado por los estudiosos, cuando en cambio, se considera el mundo de las mujeres de la edad tardía o la visión que de ellas surge de los textos coevos. Generalmente se está de frente a interpretaciones divergentes, a veces contrastantes, que ahora parecen orientadas a resaltar las actitudes misóginas o por el contrario, a dar a conocer “aperturas” en lo que respecta al universo femenino. También es verdad que se trata de un vasto ámbito de investigación y en gran medida merecedor de una reflexión que someta a una interpretación a las numerosas fuentes sobre el tema (textos poco conocidos, y en su mayoría sin traducción o críticas) y las intérprete evitando generalizaciones y anacrónicos forzamientos
Stefania Santelia, 'Storie' di donne nella Gallia romanobarbarica
Storie di donne vissute nella Gallia del V secolo: testimonianze letterari
La miranda fabula dei pii fratres in Aetna 603-645
Il volume propone un’analisi approfondita (condotta sotto l’aspetto filologico, letterario, linguistico, contenutistico) dei vv. 603-645 dell’Aetna, il componimento anonimo più esteso tra quelli tràditi nell’Appendix Vergiliana. Si tratta dei versi finali del carme, in cui viene narrata la miranda fabula dei pii fratres catanesi: costoro, mentre lava e fiamme distruggono ogni cosa, non pensano a mettere in salvo beni materiali, ma si preoccupano unicamente (come il pius Aeneas) di portare via con sé gli anziani genitori.
Il racconto di questo noto esempio di pietas filiale non appare affatto in contraddizione (come pure si è pensato) con i numerosi luoghi dell’Aetna in cui esplicito è il disprezzo verso i mendacia narrati dai poeti e viene esaltata la conoscenza scientifica: al contrario, esso è del tutto coerente con l’intento didascalico che anima l’autore. Il vero disaskalos - questo sembra essere il messaggio che conclude il poemetto - deve saper coniugare insegnamenti scientifici e ammaestramenti d’ordine morale: per questo, dopo aver insegnato il perché dei fenomeni vulcanici, egli ammaestra anche su come comportarsi quando la natura è portatrice di morte e distruzione. E mentre il vulcano appare quasi una metafora di quanto di meraviglioso e al tempo stesso terrificante circonda la vita degli uomini, il poeta ricorda che solo l’amore verso i più deboli, l’attenzione alle altrui sofferenze può salvare: come i pii fratres che, incolumi insieme ai genitori, attraversano quelle stesse fiamme che, intorno, distruggono e uccidono
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