5 research outputs found

    Voce: Prelievi e analisi di campioni

    No full text
    Con la legge 30.6.2009 n. 85 l'Italia ha ratificato l'adesione al Trattato di Pr\ufcm, in vista del rafforzamento della cooperazione tra Stati nella lotta al terrorismo, alla criminalit\ue0 transfrontaliera e alla migrazione illegale, tramite lo scambio di informazioni genetiche. La novit\ue0 pi\uf9 saliente che l'adesione al Trattato ha importato nell'ordinamento interno concerne l'introduzione di un'inedita disciplina dei prelievi coattivi di materiale biologico, volta alla tutela dei diritti individuali nell'impiego processuale di strumenti tecnico-scientifici che consentano di non disperdere il materiale probatorio relativo ad un fatto criminoso. Il tema rievoca la tradizionale distinzione che attribuisce all'imputato la duplice funzione di \u201corgano\u201d ed \u201coggetto\u201d nella formazione della prova, a seconda del contributo attivo o passivo che lo stesso apporti alla vicenda processuale. Questi \ue8 considerato \u201corgano\u201d di prova nell'espletamento di attivit\ue0 che costituiscono esercizio del diritto di difesa, nelle due componenti, positiva e negativa, del diritto di difendersi provando e del diritto al silenzio. Viceversa, si parla di imputato come \u201coggetto\u201d di prova allorquando gli sia richiesto un mero pati rispetto all'attivit\ue0 di istruzione probatoria, come accade nelle ispezioni, nelle perquisizioni, nelle ricognizioni personali, nonch\ue9, pi\uf9 in generale, negli accertamenti che si espletano sul corpo del giudicabile, il quale viene in rilievo non come parte processuale, ma come mera entit\ue0 fisica. Il regime di nuovo conio \ue8 intervenuto a colmare la lacuna normativa lasciata dalla sentenza n. 238 del 1996 con cui la Corte costituzionale aveva dichiarato l'illegittimit\ue0 dell'art. 224, comma 2, c.p.p. nella parte in cui consentiva interventi peritali sul corpo della persona, in violazione del principio di riserva di legge che presidia, ex art. 13 Cost., la libert\ue0 personale. La pronuncia ha individuato un \u201cnocciolo duro\u201d rappresentato dalla libert\ue0 corporale, indissolubilmente legata ai principi di libert\ue0 morale, integrit\ue0 psico-fisica e salute della persona, non comprimibili a fini processuali. La Carta fondamentale prevede un'unica ipotesi di lesione del diritto alla salute nell'ambito dei trattamenti sanitari obbligatori, per finalit\ue0 estranee all'accertamento penale; la libert\ue0 morale, peraltro, rappresenta il quid pluris che sopravvive alla compressione del potere statale, persino durante la pi\uf9 intensa restrizione della libert\ue0 personale. Se questo \ue8 il quadro costituzionale di riferimento, \ue8 evidente come il previgente regime in materia di prelievi biologici coattivi abbia disatteso le indicazioni provenienti dalla Consulta. Difatti, a distanza di quasi un decennio dal monito del Giudice delle leggi, il legislatore intervenne (con la legge 31 luglio 2005, n. 155) \uabin un modo persino pi\uf9 imbarazzante dell'inerzia sino ad allora mantenuta\ubb, attribuendo un potere di intrusione corporale (attraverso il prelievo di capelli o saliva nel corso delle indagini) alla polizia giudiziaria, previa autorizzazione - anche orale, purch\ue9 confermata per iscritto - del pubblico ministero, a soli fini identificativi e purch\ue9 sussistesse il pericolo di alterazione o dispersione della res. Non era contemplato il potere giudiziale di disporre un prelievo biologico a fini peritali e l\u2019esclusivo orientamento teleologico dell\u2019atto d\u2019indagine ne limitava fortemente l\u2019utilit\ue0. Veniva, pertanto, inopinatamente elusa la doppia riserva, di legge e di giurisdizione, che presidia la materia. La riforma realizza una netta soluzione di continuit\ue0 rispetto alla normativa precedente, attraverso l'individuazione nell'organo giurisdizionale del baricentro del micro-sistema normativo dedicato ai prelievi biologici coattivi. Se la libert\ue0 personale pu\uf2 subire restrizioni per atto motivato dell'autorit\ue0 giudiziaria, pertanto anche del pubblico ministero, l'intrusione nella sfera corporale esige l'egida di un soggetto super partes, indifferente rispetto all'esito del processo. Il legislatore ha costruito una disciplina minuziosa, concernente sia l'an che il quomodo dei prelievi, in ossequio alla riserva di legge dettagliata (nei \u201cmodi\u201d e nei \u201ccasi\u201d) imposta dalla Consulta. Ne \ue8 derivato un apparato \uabmulti-livello\ubb, calibrato sulla sistematica del codice e diversificato in base all'orientamento teleologico dell'accertamento \u2013istituzionale, probatorio, investigativo o identificativo-, in cui ogni tipologia \ue8 rigidamente separata dalle altre

    Transarterial chemoembolisation and combined therapy

    No full text
    In Hepatocellular carcinoma (HCC), transarterial chemoembolisation (TACE) is the most widely used loco-regional treatment not only in the intermediate stage, but often also in early or advanced disease (\u201ctreatment stage migration\u201d), but is the least standardised, both in terms of indication and techniques. The rationale for the efficacy of transarterial therapies is that the vascularisation of HCC is, for the most part, dependent on the hepatic artery. Conventional TACE (cTACE) consists of the intra-arterial administration of a chemotherapeutic drug emulsified with Lipiodol followed by embolisation of the tumor-feeding vessels with an embolic agent (most commonly gel foam particles). Drug-eluting bead-TACE (DEB-TACE) in progressively challenging cTACE; DEB-TACE is supposed to maximise the concentration of a cytotoxic drug at the tumour level, with a slower release of the drug into tumour and minimal systemic exposure. Beads, along with their embolic properties, segregate the chemotherapeutic agent and release it over a one-week period. At present, data from the literature do not confirm the superiority of DEB-TACE over cTACE in terms of patient survival, tumour response and safety, and the choice is therefore left to the operator. Several cytotoxic drugs are administrated in both conventional and DEB-TACE. The most widely used is doxorubicin, with no evidence of its superiority over other chemotherapeutics. Transarterial embolisation (TAE) consists of a embolisation of a tumour-feeding arteries with embolic agents without adding any chemotherapeutic drugs. To date, the relative effectiveness of TACE over TAE has not been established in randomised trials. Combined treatment (radiofrequency ablation (RFA) plus TACE) is safe and effective for the treatment of unresectable patients with early/intermediate HCC exceeding 3 cm in size. Hepatic arterial infusion chemotherapy (HAIC) is frequently adopted for the treatment of locally advanced HCC in Japan, based on reports of high response rates and favourable long-term outcomes. Firm evidence of the superiority of one over the other has not yet been established. In the future, a demonstration of the survival advantage of HAIC over systemic therapies and the recognition of HAIC as one of the standards treatmens for patients with advanced HCC are expected. In intrahepatic cholangiocarcinoma (ICC), hepatic arterial therapy (HAT) seems to be a promising strategy for improving outcomes in patients with unresectable ICC. The best outcomes in termas of response and OS are reported by HAIC even it is associated with increased toxicity. Targeted treatment strategy based on patient-disease characteristic is a goal for future research. In liver metastases, liver-directed therapies have become common due to the increased complexity of hepatic surgery. Intra-arterial treatment options include TACE, TAE, HAIC and ablative techniques, such as microwave irradiation (MWI) or RF ablation. The evidence supports their use to provide salvage options when first-line treatment has failed. Although these treatments have been applied without high-level clinical evidance, they have allowed tailoring the clinical approach to the individual based on disease status and clinical condition. In patients with well-differentiated unresectable hypervascular neuroendocrine tumour (NET) liver metastases, TAE, TACE and selective transarterial radioembolisation (TARE) are the preferred choices among other treatment modalities. Transarterial embolisation and TACE generally achieve average symptomatic, biological and radiological responces of 75%, 56% and 50%, respectively with a progression-free survival of 12-18 months, with acceptable tolerance
    corecore