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    Parametri predittivi dell'outcome post-operatorio in chirurgia epatica Minor but Complex. Studio retrospettivo

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    La resezione epatica è una delle opzioni terapeutiche nel trattamento di lesioni maligne o benigne del fegato e consiste nella ablazione chirurgica del nodulo o dei foci multipli di neoplasia nel contesto di quest’organo parenchimatoso. Viene eseguita con approccio laparotomico o laparoscopico. Alla base della procedura chirurgica si pongono due concetti: resecabilità e radicalità, i quali risiedono nella accessibilità della sede lesionale e nella rimozione integrale della malattia macroscopica con margini sani. L’operabilità di un paziente è deliberata dalle figure del chirurgo e dell’anestesista, mentre la terapia nel suo complesso è responsabilità di un’équipe epatobiliare multidisciplinare con expertise e strutture adeguate a fornire le cure ottimali. La chirurgia riveste un ruolo prevalentemente citoriduttivo e la citoriduzione aumenta le probabilità di successo della chemioterapia sistemica. Da evidenze emerse da vari studi retrospettivi, risulta però, che la resezione rappresenta l’unico trattamento in grado di garantire una sopravvivenza a lungo termine. L’intervento presenta una serie di complicanze generali e specifiche tra cui spiccano l’insufficienza epatica e la mortalità. Le resezioni si classificano in maggiori e minori in base al numero di segmenti coinvolti e all’interessamento della confluenza epato-cavale. La resezione minore ma complessa consiste nell’asportazione di meno di 3 segmenti con esposizione della confluenza epato-cavale ed è un esempio di Sparing Surgery: una procedura conservativa volta a minimizzare il sacrificio parenchimale attraverso la visualizzazione ecografica dell’architettura vascolare epatica e l’esecuzione della manovra di clampaggio intermittente di Pringle, che sospende transitoriamente l’inflow, limitando il sanguinamento e al contempo ottenendo il precondizionamento tissutale. Ciò comporta l’aumento della tolleranza ischemica delle cellule epatiche. In letteratura i clampaggi superano raramente i 120’ di durata complessiva, mentre nella U.O. di Chirurgia Generale dell’Azienda Ospedaliero-Universitaria Pisana sono piuttosto frequenti e su questi si è soffermata l’attenzione del seguente studio clinico. Da una popolazione di pazienti sottoposti a 231 resezioni eseguite tra il 2008 e il 2016 è stato raccolto retrospettivamente un dataset su un campione di 28 pazienti, composto da dati anagrafici, emogasanalitici, emocromocitometrici, relativi alla ventilazione e all’impiego di alcuni farmaci vasoattivi e diuretici. I 28 clampaggi totali campionati hanno avuto una durata media superiore a 120’. “Pringle” di tale durata sono aneddotici in letteratura. I parametri d’interesse nel monitoraggio intra e postoperatorio sono stati: il dosaggio sierico dei lattati, la durata di clampaggi e declampaggi e quelli relativi alla volemia e alla perfusione tissutale. Oltre le generalità anagrafiche, rese rigorosamente anonime per questioni di privacy, sono stati selezionati alcuni dati clinici, previa firma del consenso al trattamento scientifico dei dati personali. Gli obiettivi dello studio sono stati l’identificazione e la valutazione di parametri implicati nell’allungamento della degenza e nell’iperlattacidemia. Dopo l’esecuzione di un’analisi descrittiva dei dati e di una correlazione di Pearson, è stato allestito un modello di regressione multipla finalizzato a individuare i fattori implicati nella durata della degenza in UTI e nella degenza ospedaliera totale e i fattori implicati nell'incremento dei lattati sierici (lattati sierici >5mmol/L) attraverso la costruzione di una curva ROC per individuare il cut off della durata dei clampaggi, seguendo quindi una sorta di algoritmo di valutazione. I parametri correlati in senso inferenziale con la durata della degenza in UTI e totale si sono dimostrati essere durata dell’intervento, durata del clampaggio e clearance dei lattati nelle prime 6 ore di ricovero. Al prolungamento di quest’ultimo si è dimostrata correlata anche la durata della ventilazione meccanica. Il seguente studio ha mirato a rilevare norme di condotta anestesiologico-rianimatoria volte a incrementare la sicurezza e la qualità delle cure dedicate al paziente, tenendo sempre ben presente l’importanza fondamentale dell’alleanza professionale tra le figure coinvolte nel trattamento. Nonostante la esigua validità di estrapolazione dei nostri risultati, è risultato piuttosto significativo il fatto che pazienti con clampaggio superiore a 120’ non siano incorsi in complicanze maggiori entro 30 giorni dalla resezione (nessuna insufficienza renale o epatica riscontrata). I tempi di recupero dei lattati sono stati eccellenti, e ciò sta a significare che, una volta rimosso il principale determinante dell’iperlattacidemia, vale a dire il clampaggio, la garanzia di un’adeguata perfusione, assicurata dal monitoraggio dei parametri vitale e della diuresi, è capace di promuovere la clearance. I presidi non invasivi utilizzati durante l'intervento, in particolare il P.R.A.M. unitamente ad una stretta collaborazione col chirurgo per controllare il più possibile i tempi di clampaggio, sono stati fondamentali nell'ottenimento dei vari obiettivi. Purtroppo tempi operatori e di clampaggio, unici fattori implicati secondo questo studio, sono solo parzialmente controllabili perchè strettamente correlati alla complessità chirurgica. Si può concludere che l'iperlattacidemia e i tempi di clampaggio non inficiano la prognosi e la durata della degenza ospedaliera in maniera significativa. Ciononostante è di fondamentale importanza il lavoro di équipe e l’autocritica costante dell'operato delle diverse figure professionali coinvolte in un'ottica di miglioramento continuo della qualità

    Ventilation and outcomes following robotic-assisted abdominal surgery : an international, multicentre observational study

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    Background: International data on the epidemiology, ventilation practice, and outcomes in patients undergoing abdominal robotic-assisted surgery (RAS) are lacking. The aim of the study was to assess the incidence of postoperative pulmonary complications (PPCs), and to describe ventilator management after abdominal RAS. Methods: This was an international, multicentre, prospective study in 34 centres in nine countries. Patients >= 18 yr of age undergoing abdominal RAS were enrolled between April 2017 and March 2019. The Assess Respiratory Risk in Surgical Patients in Catalonia (ARISCAT) score was used to stratify for higher risk of PPCs (>= 26). The primary outcome was the incidence of PPCs. Secondary endpoints included the preoperative risk for PPCs and ventilator management. Results: Of 1167 subjects screened, 905 abdominal RAS patients were included. Overall, 590 (65.2%) patients were at increased risk for PPCs. Meanwhile, 172 (19%) patients sustained PPCs, which occurred more frequently in 132 (22.4%) patients at increased risk, compared with 40 (12.7%) patients at lower risk of PPCs (absolute risk difference: 12.2% [95% confidence intervals (CI), 6.8-17.6%]; P<0.001). Plateau and driving pressures were higher in patients at increased risk, compared with patients at low risk of PPCs, but no ventilatory variables were independently associated with increased occurrence of PPCs. Development of PPCs was associated with a longer hospital stay. Conclusions: One in five patients developed one or more PPCs (chiefly unplanned oxygen requirement), which was associated with a longer hospital stay. No ventilatory variables were independently associated with PPCs
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