49 research outputs found

    Experimental and archaeological data for the identification of projectile impact marks on small-sized mammals

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    The role of small game in prehistoric hunter-gatherer economy is a highly debated topic. Despite the general assumption that this practice was uneconomic, several studies have underlined the relevance of the circumstance of capture – in terms of hunting strategies and technology – in the evaluation of the actual role of small mammals in human foraging efficiency. Since very few studies have focused on the recognition of bone hunting lesions, in a previous work we explored the potential of 3D microscopy in distinguishing projectile impact marks from other taphonomic marks, developing a widely-applicable diagnostic framework based on experimental data and focused on Late Epigravettian projectiles. Even though we confirmed the validity of the method on zooarchaeological remains of large-sized mammals, the reliability of the experimental record in relation to smaller animals needed more testing and verification. In this report we thus present the data acquired through a new ballistic experiment on small mammals and compare the results to those previously obtained on medium-sized animals, in order to bolster the diagnostic criteria useful in bone lesion identification with specific reference to small game. We also present the application of this renewed methodology to an archaeological context dated to the Late Glacial and located in the eastern Italian Alps

    Squilibri, frazionamenti e non-conformità: discussione attorno alla struttura degli insiemi litici e interpretazione di un caso-studio epigravettiano.

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    Per quanto siano considerati un utile indicatore dell’orientamento funzionale dei siti, gli squilibri strutturali valutati attraverso il computo delle principali componenti tipologiche degli insiemi litici non rendono conto della complessità di azioni, interventi e di molti dei possibili meccanismi coinvolti nei processi di formazione dell’evidenza archeologica paleolitica. Solo l’approccio tecnologico in senso largo, che coinvolga cioè l’analisi di tutte le componenti delle sequenze di riduzione, consente di dipanare l’associazione culturale, aumentandone il potenziale interpretativo in termini di ecologica comportamentale e di utilizzo del territorio. Nel caso studio qui presentato l’attenzione è stata rivolta verso un insieme litico epigravettiano rinvenuto a Grotta del Clusantin nelle Prealpi Carniche, un sito ritenuto funzionalmente orientato verso la predazione e il trattamento della marmotta nel quadro delle prime occupazioni tardoglaciali della fascia prealpina. L’insieme litico configura effettivamente uno strumentario base, soggetto potenzialmente a modifiche e a ripristini abbastanza limitati, integrato a matrici produttive il cui potenziale resta tuttavia confinato nello spettro delle attività venatorie e ad esse strettamente correlato. Esso fornisce le basi su cui fondare l’applicazione di modelli di popolamento già in uso in altre regioni ma che tuttavia non possono non prescindere dal contemplare eventuali varianti insite nella scala dei territori coinvolti e nella variabilità delle spedizioni venatorie

    Tra Monti Berici e Colli Euganei nel Paleolitico. Interpretazione preliminare del sito di Monticello di Barbarano (VI) sulla base dello studio tecno-economico dell’insieme litico.

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    In questo lavoro gli autori presentano un nuovo insieme litico rinvenuto in superficie sulla sommità di un rilievo in Scaglia Rossa, il Monticello di Barbarano nei Monti Berici orientali ed attribuito al Paleolitico medio e al Paleolitico superiore. Privo per il momento della collocazione pedo-stratigrafica e cronologica, l’insieme litico offre elementi per ulteriori valutazioni sulle frequentazioni paleolitiche dell’area berico-euganea. I manufatti musteriani, che costituiscono la larga maggioranza dell’insieme, definiscono una facies tecno-economica di produzione gestita principalmente mediante l’applicazione del metodo Levallois e affetta da deficit nei supporti predeterminati e negli strumenti ritoccati in rapporto alla frequenza dei nuclei, che suggeriscono una connotazione funzionale del sito orientata prevalentemente verso lo sfruttamento esclusivo della selce locale e l’esportazione dei prodotti finiti. Alcuni reperti afferenti a produzioni di tipo lamino-lamellare vengono attribuibiti alla tradizione gravettiana e con tutta probabilità all’Epigravettiano

    Siti mesolitici nella Valle delle Gombe (Teolo).

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    Questo ritrovamento, infatti, rappresenta un nuovo tassello che si va ad aggiungere alle scoperte che già precedentemente avevano suggerito come l’area dei Colli Euganei e le depressioni circostanti fossero percorse e abitate anche durante il Mesolitico. Le altre segnalazioni archeologiche si riferiscono a rinvenimenti superficiali in località sopraelevate all’interno del paesaggio alluvionale e pertanto ricercate quali sedi ottimali per l’installazione di accampamenti di caccia. I siti di Val delle Gombe arricchiscono dunque il quadro insediativo fino ad ora delineato, testimoniando come le aree collinari prospicienti le piane alluvionali costituissero parte integrante del ben più ampio fenomeno di popolamento che investì le pianure venete fino alla fascia costiera durante l’intero arco del Mesolitico

    Nuovi ritrovamenti litici del Paleolitico sui Colli Euganei

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    La nuova serie di ritrovamenti qui presentata rafforza il quadro insediativo del più antico popolamento dei Colli Euganei e conferma l’importanza di questo insieme collinare per gli studi sulle dinamiche insediative e sull’economia tra Paleolitico medio e Mesolitico. Per quanto riguarda il Paleolitico medio, le tracce di questi nuovi insediamenti manifestano una variabilità finora resa latente dalla parzialità delle scoperte effettuate in precedenza: i siti di Casa Ambrosi, Monte Cinto-Vegro e specialmente Colle Mattara, appaiono infatti diversi tra loro. Casa Ambrosi è interpretabile con buona sicurezza come un sito di raccolta e prelavorazione delle selci, raccolte nei depositi colluviali stesi lungo il versante Nord di Monte Versa. Colle Mattara, collocato su una selletta a mezza costa ed esposto a Sud-Ovest, presenta una posizione consueta per gli insediamenti paleolitici degli Euganei. Il fatto che sia localizzato su un substrato magmatico, ne esclude l’interpretazione come luogo di approvvigionamento di selci, e sembra piuttosto suggerire un sito a carattere più complesso. Questa interpretazione sembra confermata anche dall’elevato numero di strumenti che indicano l’espletazione in situ di varie attività artigianali legate a diversi aspetti della sussistenza. Terme di Valcalaona risulta ubicato su un colle semisepolto dalle alluvioni dell’omonimo paleoalveo che qui disegna un’ansa nel suo percorso verso sud. É probabile che il colle, modellato nei calcari della Scaglia Rossa, rendesse disponibile materia prima litica per l’approvvigionamento. L’elevata percentuale di strumenti appare comunque significativa e non permette di escludere la possibilità di un sito stanziale.Estremamente singolare è invece la scheggia in latite rinvenuta a Villa Cavagnari, in quanto rappresenta a tutt’oggi il primo manufatto umano conosciuto in pietra silicatica euganea e sottolinea l’interesse da parte dei neandertaliani verso questo tipo di roccia. Per quanto riguarda il Paleolitico superiore, i nuovi ritrovamenti effettuati a Colle Mattara, Casa Ambrosi e Terme Ovest si aggiungono ai più famosi giacimenti situati sui Monti Berici (Grotta della Paina, Grotta del Broion e Riparo del Broion) e ad altre poche località segnalate sui Colli Euganei (Mondonego, Boara Nazaria e Le Basse nella Valcalaona) confermando come quest’area abbia rivestito una certa importanza anche durante il Paleolitico superiore, costituendo parte integrante dei più ampi sistemi insediativi delle Prealpi Venete

    Il sito epigravettiano di Pian delle More sul Piancavallo (Prealpi Carniche)

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    Oggetto di questa nota è l’insieme litico recuperato da uno scasso effettuato negli anni 1975-1980 a spese del sito all’aperto di Pian delle More, ubicato in località omonima a 1190m di quota nel comune di Barcis. Nonostante il recupero parziale, l’industria litica riveste un certo interesse come nuovo contributo alla ricostruzione del processo di colonizzazione sviluppatosi tra l’Interstadiale Tardogaciale e l’Olocene nelle Prealpi Carniche. Il ritrovamento a Pian delle More di materiale attribuibile all’Epigravettiano recente permette infatti di arricchire il quadro dei siti noti per questa fase nell’Italia nord-orientale e di precisare le informazioni sulle modalità insediative e il sistema logistico dei gruppi umani in quest’area. L’industria litica presenta i noti caratteri tecno-tipologici dell’Epigravettiano recente ed è comparabile per modalità e soluzioni di scheggiatura ai siti dell’Altopiano del Cansiglio e dell’Altopiano di Pradis. Nuclei a lamelle, grattatoi frontali corti e microbulini sembrano indicare una probabile appartenenza del sito alla terza sottofase dell’Epigravettiano recente. L’esame delle tracce d’uso sui grattatoti, fornisce risultati in linea con altri studi funzionali di serie litiche epigravettiane, indicando una stretta relazione tra questi strumenti e il trattamento delle pelli. La litologia dei manufatti e la morfoscopia delle superfici corticali indicano più direttrici di approvvigionamento della selce: verso ovest sull’altopiano del Cansiglio, nell’Alpago e nel bacino del Piave e lungo la pedemontana, senza escludere a priori i bacini fluviali interni. Sottolineando ancora una volta le affinità esistenti tra i siti coevi del Piancavallo e del Cansiglio, questo studio conferma l’esistenza di strette relazioni tra le due aree, interessate dunque in questa fase da un unico sistema insediativo
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