390 research outputs found

    Sismicità ed effetti dei terremoti nel versante orientale dell’Etna

    Get PDF
    Scopo del presente lavoro è fornire un quadro di riferimento sui caratteri della sismicità nella regione etnea. Gli aspetti che concorrono a definire le problematiche oggetto degli studi di microzonazione sismica ex O.P.C.M. 3278/2003, sono molteplici e per certi versi complessi. Basti ricordare che tale territorio è soggetto sia agli effetti dei grandi terremoti regionali, fortunatamente rari, che a quelli frequentissimi degli eventi “locali” di tipo superficiale, come pure alle fenomenologie di fagliazione superficiale e creep asismico che producono danni paragonabili a quelli prodotti dallo scuotimenti sismico. A questo si aggiunga la grande variabilità del substrato fondazionale, estremamente eterogeneo dal punto di vista litologico – dalle argille sovraconsolidate, alle lave massive, alle scorie (la cosidetta “rifusa”), ai riporti antropici – e con forti variazioni laterali che giocano un ruolo rilevante nell’ambito delle problematiche di ingegneria sismica. La pericolosità sismica di quest’area, e conseguentemente i rischi derivanti, riassume in definitiva tutto lo spettro di problemi che, in altri contesti tettonici, si ritrovano solitamente disgiunti. Giungere ad una soluzione di sintesi nell’ambito di un aspetto applicativo quale la microzonazione sismica, non è semplice, in quanto mancano procedure standard, di riferimento, che possono essere applicate all’Etna. I risultati di seguito presentati, a supporto degli scopi della presente relazione esplicativa, sono una sintesi di quanto pubblicato nell’ultimo decennio su tali tematiche, cui si rimanda per specifici approfondimenti di interesse degli operatori

    The Properties of Satellite Galaxies in External Systems. I. Morphology and Structural Parameters

    Get PDF
    We present the first results of an ongoing project to study the morphological, kinematical, dynamical, and chemical properties of satellite galaxies of external giant spiral galaxies. The sample of objects has been selected from the catalogue by Zaritsky et al. (1997). The paper analyzes the morphology and structural parameters of a subsample of 60 such objects. The satellites span a great variety of morphologies and surface brightness profiles. About two thirds of the sample are spirals and irregulars, the remaining third being early-types. Some cases showing interaction between pairs of satellites are presented and briefly discussed.Comment: Accepted for publication in Astrophys. Journal Supp. Se

    Macroseismology: the lessons learnt from the 1997/98 Colfiorito seismic sequence

    Get PDF
    The seismic sequence of the Umbria-Marche Apennines was a dramatic moment for the population involved; at the same time, it provided a unique occasion for the Italian scientific community and for the national civil protection to assess their respective abilities in understanding and managing the event. Furthermore, macroseismology (including historical seismology) has knowingly confronted important methodological problems, such as the procedures for assigning macroseismic intensity, the use of the macroseismic scale, the impossibility of distinguishing the effects of earthquakes following closely in both space and time, within such a complex sequence. Starting from the analysis of the problems that were faced after the 1997/98 Umbria- Marche earthquakes, as during the following seismic crises over the last 10 years, we propose some considerations on the lessons we have learnt from that seismic sequence

    Nuove relazioni per la stima della Magnitudo da dati macrosismici per terremoti di area etnea

    Get PDF
    Le relazioni intensità-magnitudo comunemente utilizzate su scala nazionale non sono applicabili ai terremoti dell'Etna in quanto i valori di magnitudo così ricavati risultano fortemente sovrastimati rispetto a quelli strumentali osservati. Questa discrepanza è legata ai particolari caratteri della sismicità dell’area vulcanica che, a causa degli ipocentri molto superficiali (H ≤ 3 km), è in grado di produrre elevati valori di intensità macrosismica (Io = X EMS-98) nonostante modesti rilasci energetici (Mmax ≈ 4.8). Per questa ragione nel passato sono state proposte relazioni intensità-magnitudo specifiche per l’area etnea (Patanè et al., 1986; Azzaro e Barbano, 1997), basate su dataset strumentali composti da magnitudo in durata MD. Tuttavia, è noto in letteratura che la MD risulta generalmente sottostimata rispetto alla magnitudo locale ML, e di recente sono state proposte nuove relazioni per minimizzarne lo scarto (Gasperini, 2002; Castello et al., 2007); per l’area etnea tale differenza può raggiungere valori di circa 0.5 per magnitudo superiori a 3.0 (D’Amico e Maiolino, 2005). D’altro canto per la parametrizzazione dei terremoti nel catalogo sismico nazionale CPTI (Gruppo di lavoro CPTI, 2004, e successiva release), vengono assunti come riferimento i valori di magnitudo locale ML e magnitudo momento Mw. La recente implementazione tecnologica delle rete sismica locale etnea (INGV-CT) ha reso disponibili, di routine, valori di ML anche per quest’area, nonché stime del momento sismico M0 ricavate attraverso relazioni specifiche (Giampiccolo et al., 2007). A partire da questi nuovi dati, al fine di rendere omogenea e più precisa la stima della magnitudo per i terremoti storici dell’Etna, è stata calcolata una relazione tra intensità e magnitudo locale ML, da cui è anche possibile ricavare la magnitudo momento Mw. Il dataset di input è costituito dai dati di intensità epicentrale I0 riportati nel Catalogo Macrosismico dei Terremoti Etnei (CMTE, Azzaro et al., 2000, 2002, 2006), aggiornati agli eventi più recenti, e dai valori di ML relativi alle reti sismiche nazionale e locale (Castello et al., 2006; D’Amico e Maiolino, 2005; Gruppo Analisi Dati Sismici, 2008). Nel caso in cui si hanno, per uno stesso terremoto, più valori di ML provenienti da reti differenti, è stato calcolato il valore medio. Complessivamente sono stati recuperati i dati relativi a 47 terremoti dal 1971 al 2008. La distribuzione dei valori di magnitudo per classi di intensità macrosismica, mostrata in Figura 1, presenta una dispersione elevata, per cui si è preferito effettuare la regressione utilizzando il valore medio di ML per ogni grado di intensità. Anche il valore medio di ML per grado di intensità mostra una certa dispersione del campione, dovuta, oltre che ai pochi dati disponibili, anche ad un effetto di scattering causato dall’incertezza nei valori di I0, soprattutto per gli intervalli di intensità 4-5 e 5-6. La Figura 2 mostra che la distribuzione delle magnitudo per i dati del catalogo macrosismico è confrontabile con quella dei terremoti registrati dalla rete sismica dell’Etna. In particolare il trend rimane costante sia per terremoti poco energetici che per quelli più forti. La Fig. 3 (in alto) mette a confronto la relazione ottenuta I0-ML con quella precedente di Azzaro e Barbano (1997), ricavata da magnitudo in durata MD. Si osserva, a partire da I0 = 7, una sottostima della MD fino a circa 0.5 rispetto alla ML, come peraltro già noto dalle regressioni di dati strumentali MD-ML. Infine, utilizzando la relazione ML-logMo calcolata da Giampiccolo et al. (2007) sulla base di dati strumentali osservati, è possibile stimare il valore del momento sismico M0 e da questo ottenere la magnitudo momento MW attraverso relazioni di letteratura (Fig. 3, in basso). Applicando Hanks e Kanamori (1979) si osserva che i valori di MW così ricavati sono inferiori di circa 1.0-1.5 gradi rispetto a quelli ottenuti dalla relazione di Gasperini (2004) utilizzata per la parametrizzazione dei terremoti del catalogo nazionale CPTI

    Terremoto Calabro Messinese 1908/2008

    Get PDF

    Holocene slip rate variability along the Pernicana fault system (Mt. Etna, Italy): Evidence from offset lava flows

    Get PDF
    The eastern flank of the Mount Etna stratovolcano is affected by extension and is slowly sliding eastward into the Ionian Sea. The Pernicana fault system forms the border of the northern part of this sliding area. It consists of three E-W−oriented fault sectors that are seismically active and characterized by earthquakes up to 4.7 in magnitude (M) capable of producing ground rupture and damage located mainly along the western and central sectors, and by continuous creep on the eastern sector. A new topographic study of the central sector of the Pernicana fault system shows an overall bell-shaped profile, with maximum scarp height of 35 m in the center of the sector, and two local minima that are probably due to the complex morphological relation between fault scarp and lava flows. We determined the ages of lava flows cut by the Pernicana fault system at 12 sites using cosmogenic 3He and 40Ar/39Ar techniques in order to determine the recent slip history of the fault. From the displacement-age relations, we estimate an average throw rate of ∼2.5 mm/yr over the last 15 k.y. The slip rate appears to have accelerated during the last 3.5 k.y., with displacement rates of up to ∼15 mm/yr, whereas between 3.5 and 15 ka, the throw rate averaged ∼1 mm/yr. This increase in slip rate resulted in significant changes in seismicity rates, for instance, decreasing the mean recurrence time of M ≥ 4.7 earthquakes from ∼200 to ∼20 yr. Based on empirical relationships, we attribute the variation in seismic activity on the Pernicana fault system to factors intrinsic to the system that are likely related to changes in the volcanic system. These internal factors could be fault interdependencies (such as those across the Taupo Rift, New Zealand) or they could represent interactions among magmatic, tectonic, and gravitational processes (e.g., Kīlauea volcano, Hawaii). Given their effect on earthquake recurrence intervals, these interactions need to be fully assessed in seismic hazard evaluations

    Forecasting macroseismic scenarios through anisotropic attenuation: a Bayesian approach

    Get PDF
    In this work we aim at two objects: quantifying, by a binomial-beta probabilistic model, the uncertainty involved in the assessment of the intensity decay, an ordinal quantity often incorrectly treated as real variable, and, given the finite dimension of the fault, modelling non-symmetric decays but exploiting information collected from previous studies on symmetric cases. To this end we transform the plane so that the ellipse having the fault length as maximum axis is changed into a circle with fixed diameter. We start from an explorative analysis of a set of macroseismic fields representative of the Italian seismicity among which we identify three different decay trends by applying a hierarchical clustering method. Then we focus on the exam of the seismogenic area of Etna volcano where some fault structures are well recognizable as well as the anisotropic trend of the attenuation. As in volcanic zones the seismic attenuation is much quicker than in other zones, we first shrink and then transform the plane so that the decay becomes again symmetric. Following the Bayesian paradigm we update the model parameters and associate the estimated values of the intensity at site with the corresponding locations in the original plane. Backward validation and comparison with the deterministic law are also presented

    Faglie e terremoti all’Etna: analisi delle ricorrenze degli eventi sismici e confronto fra ipotesi stazionarie e time-dependent per la stima della pericolosità sismica

    Get PDF
    I modelli di pericolosità sismica tradizionali utilizzano ipotesi semplificate di distribuzione omogenea della sismicità nello spazio, e stazionaria nel tempo. Negli ultimi decenni, grazie anche ad una aumentata disponibilità di osservazioni geologiche e paleosismologiche, stanno prendendo rilievo modelli più strettamente collegati alla fagliazione sismogenetica, che tengano in considerazione anche le variazioni temporali legate al ciclo sismico. In Italia, queste applicazioni sono prevalentemente a carattere metodologico ed esplorativo, dato che solo un limitatissimo numero di strutture sismogenetiche dispone di dati osservativi indispensabili per questo tipo di analisi (ad es. Pace et al., 2006; Peruzza, 2006; Peruzza et al., 2008). Tra queste, le faglie etnee rappresentano un caso di studio particolare per entità, tipologia e frequenza della fagliazione superficiale e della sismicità associata (Azzaro, 1999). Per tale motivo, nell’ambito del progetto DPC V4-Flank finalizzato alla valutazione dell’hazard connesso alla dinamica di fianco all’Etna, abbiamo applicato ai principali sistemi di faglie attive dell’edificio vulcanico, le tecniche di stima dell’hazard basate sulle ipotesi di terremoto caratteristico e dipendenza temporale dall’ultimo evento. A partire dal modello sismotettonico (Azzaro, 2004) e dal catalogo sismico di riferimento (CMTE, Azzaro et al., 2000, 2002, 2006), sono state analizzate le sequenze di eventi sismici attribuibili alle diverse strutture sismogenetiche e ricostruite le loro storie sismiche. Una caratteristica comune nello stile di rilascio sismico di molte faglie è la presenza di terremoti maggiori e minori alternati nel tempo, in una sorta di cicli sismici intervallati da brevi periodo di ritorno (decine di anni) (Fig. 1 in alto). E’ evidente, per alcune strutture sismogenetiche contigue, anche la loro attivazione alternata nel tempo (Fig. 1 in basso). Per ogni singola faglia sono stati quindi verificati i possibili modelli di occorrenza applicando distribuzioni diverse in accordo con ipotesi stazionarie o time-dependent (Fig. 2). I risultati preliminari suggeriscono una certa periodicità degli eventi maggiori associati alle diverse strutture, rappresentata dal coefficiente di variazione sul dataset degli intertempi. Dal momento che le stime di hazard sismico variano in relazione al diverso tempo trascorso dall’ultimo terremoto su ciascuna struttura, applicando un processo con memoria attraverso una funzione di distribuzione del tipo BPT, è stato calcolato l’incremento o la diminuzione della probabilità di un successivo evento sismico, rispetto alle ipotesi poissoniane. Gli sviluppi previsti sono mirati a comprendere anche il ruolo delle strutture sismogenetiche analizzate nei processi geodinamici locali

    Modelling approach to the assessment of biogenic fluxes at a selected Ross Sea site, Antarctica

    Get PDF
    Several biogeochemical data have been collected in the last 10 years of Italian activity in Antarctica (ABIOCLEAR, ROSSMIZE, BIOSESO-I/II). A comprehensive 1-D biogeochemical model was implemented as a tool to link observations with processes and to investigate the mechanisms that regulate the flux of biogenic material through the water column. The model is ideally located at station B (175° E–74° S) and was set up to reproduce the seasonal cycle of phytoplankton and organic matter fluxes as forced by the dominant water column physics over the period 1990–2001. Austral spring-summer bloom conditions are assessed by comparing simulated nutrient drawdown, primary production rates, bacterial respiration and biomass with the available observations. The simulated biogenic fluxes of carbon, nitrogen and silica have been compared with the fluxes derived from sediment traps data. The model reproduces the observed magnitude of the biogenic fluxes, especially those found in the bottom sediment trap, but the peaks are markedly delayed in time. Sensitivity experiments have shown that the characterization of detritus, the choice of the sinking velocity and the degradation rates are crucial for the timing and magnitude of the vertical fluxes. An increase of velocity leads to a shift towards observation but also to an overestimation of the deposition flux which can be counteracted by higher bacterial remineralization rates. Model results suggest that the timing of the observed fluxes depends first and foremost on the timing of surface production and on a combination of size-distribution and quality of the autochtonous biogenic material. It is hypothesized that the bottom sediment trap collects material originated from the rapid sinking of freshly-produced particles and also from the previous year's production period
    corecore