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    Enti e diritti della personalitĂ 

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    La questione dell’ascrivibilità dei diritti della personalità ai soggetti diversi dalle persone fisiche è stata affrontata tradizionalmente mediante il ricorso a soluzioni condizionate esclusivamente dal riconoscimento o dalla negazione della soggettività giuridica e in particolare da una concezione unitaria e neutrale della stessa. Un mutamento di prospettiva è da ricollegare all’accoglimento di approccio metodologico in chiave relativizzante e assiologica che sollecita una riformulazione del problema che conferma la necessità del rifiuto di una concezione unitaria e neutrale della soggettività giuridica in quanto il rispetto dei valori racchiusi nei principi costituzionali impone di individuarne i diversi fondamenti, anche costituzionali. L’attribuzione della soggettività giuridica, anche parziale, a entità diverse dagli esseri umani costituisce una tecnica normativa rivolta alla soddisfazione di specifici interessi come emerge, in maniera eloquente dall’attuale dibattito sulla c.d. soggettività giuridica digitale. Il ricorso all’analisi delle fattispecie concrete - che hanno riguardato, dapprima soprattutto a vicende collegate alle scissioni di partiti, a casi di lesione dell’immagine della p.a. a seguito di illeciti compiuti da funzionari e amministratori o da terzi e in seguito, nell’attuale contesto storico, a vicende collegate all’esercizio dell’attività di enti sui social network - ha consentito di affermare che l’interesse in gioco da tutelare, con riguardo agli enti, è da individuare nella necessità di assicurare il libero e corretto svolgimento dell’attività dell’ente per la realizzazione di uno scopo in un sistema pluralistico e concorrenziale nel rispetto della non confondibilità, della differenziazione e della leale concorrenza che non è soltanto economica ma anche politica, sindacale, culturale; interesse ben diverso da quello di garantire un aspetto dell’ente in sé o da quello delle persone che agiscono uti universi quale medesimo diritto volto a tutelare interessi pur sempre riconducibili alle persone fisiche. In questa direzione si sono individuate le norme, regole e principi, che tutelano i concreti interessi individuati

    I device medicali intelligenti

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    La questione centrale dei Device medicali intelligenti in senso ampio attiene alla responsabilità civile da danni prodotti dall’uso di tali tecnologie avanzate. L’intervento è volto ad individuare soluzioni volte ad impedire che questi danni rimangano anonimi e non risarciti in presenza di un dato comune a tutte le forme di AI: la pluralità di soggetti coinvolti soprattutto in considerazione di “una catena di produzione” estesa e variegata che vede in stretto collegamento l’ideatore dell’algoritmo di machine learning, il trainer spesso anche fornitore del set di dati, il creatore del software, il produttore dell’hardware, il proprietario, l’utilizzatore e/o il custode del device intelligente. La non condivisibilità di un approccio generalizzante e l’insufficienza di un approccio “risk based” ha in considerazione l’individuazione della natura e dei criteri di imputazione della responsabilità civile che presuppone la messa in evidenza della gradualizzazione e della diversificazione delle attività svolte dai robot. Il tema dei device medicali intelligenti è sviluppato sia sotto il profilo della responsabilità per danni da trattamento di dati raccolti a seguito di utilizzo di medical device intelligenti, sia con riguardo alla questione relativa alla responsabilità da danni derivanti dall’uso di tali tecnologie nell’esercizio della professione medica in particolare chirurgica

    Enti e diritti della persona

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    Il problema dell’ascrivibilità dei diritti della personalità agli enti è stato affrontato con metodo formalistico in quanto la soluzione era esclusivamente condizionata dal riconoscimento o dalla negazione della soggettività giuridica che incidevano sull'affermazione o negazione di tali diritti ai soggetti diversi dalla persona fisica. L’indagine è stata condotta secondo una impostazione generalizzante che accoglieva una concezione neutrale e unitaria della soggettività fondata da ultimo su una mistificante interpretazione estensiva dell'art. 2 cost. che si caratterizzava per il seguente sillogismo: se la persona fisica è soggetto che ha tutela, se la persona giuridica è soggetto, ergo la persona giuridica ha diritto alla stessa tutela della persona fisica. Una diversa impostazione metodologica, in una prospettiva relativizzante e assiologia, impone di distinguere la soggettività giuridica e di rifiutare l’equiparazione tra soggetti, impone non un unico fondamento normativo per tutti i soggetti giuridici bensì una pluralità di fondamenti anche costituzionali secondo i diversi interessi concreti in gioco (artt. 2, 18, 41 cost.) e al tempo stesso di non considerare gli enti quale blocco unitario e omogeneo in virtù di un pluralismo fondato caratterizzato dalla differenziazione. Individuata la diversa soggettività, l'indagine non si dissolve nell'affermare o nel negare i diritti della personalità agli enti a seconda della soggettività giuridica anche costituzionale, ma si indirizza, nel rifiuto di ogni generalizzazione e di là dal paradigma diritti della personalità, all'analisi delle fattispecie concrete al fine di individuare i peculiari interessi in gioco e quindi la disciplina più adeguata al caso concreto. Questo approccio metodologico ha permesso di affermare che l'interesse in gioco non era quello di tutelare un aspetto dell'ente o tanto meno del singolo uti universi, bensì quello di garantire il libero e corretto esercizio dell'attività dell'ente per la realizzazione della finalità in un sistema pluralistico e concorrenziale quindi nel rispetto della non confondibilità, della differenziazione e soprattutto della concorrenza leale che non è soltanto economica ma anche politica, sindacale, culturale, ecc. Pertanto i principi che operano in tutti i campi dell'agire collettivo sono il principio di differenziazione e non confondibilità e il principio di leale concorrenza dei quali le disposizioni in materia di segni distintivi e di concorrenza sleale ne sono parziale attuazione. L’ipotizzata operatività della disciplina dei segni distintivi e della concorrenza sleale anche nei confronti dei soggetti diversi dalle persone fisiche che non svolgono attività economica organizzata riscontra ulteriori motivi di giustificazione ora nel ruolo svolto dagli organismi collettivi al di fuori dello schema societario che sollecita e necessita la rimeditazione del fenomeno associativo inteso in senso ampio, ora nell’operatività del c.d. principio di unitarietà dei segni distintivi, sancito espressamente dall’art. 22 c.p.i., il quale separa l'operatività della tutela del segno distintivo da un preciso ambito oggettivo riconoscendo l'idoneità di ciascun segno a essere leso o a ledere segni di tipo diverso in rapporto di concorrenza e lì dove rinomato anche in settori non affini di là da un rapporto di concorrenza. Tale principio, quale espressione dell'esigenza di garantire l'effettività della tutela, va sganciato anche da un preciso ambito soggettivo sì da essere esteso a tutti i soggetti pregiudicati nella loro attività dall'uso indebito che altri facciano dei loro segni identificativi sì da condurre ad affermare che «chiunque (soggetto collettivo o individuale) che svolga attività anche non economicamente rilevante e che per primo ha adottato un segno distintivo ha diritto di essere protetto nei confronti di chi si trova in rapporto di concorrenza in quanto svolge attività uguale o affine tale da incidere sulla clientela dell'altro e adotti un segno uguale o simile all'altrui segno tale da indurre in confusione». In questo modo si dovrebbe discorrere di un sistema di tutela dei segni distintivi e della concorrenza rivolto ai soggetti che svolgono attività economica o non economica sia verso chi esercita attività di impresa sia verso chi esercita attività diversa nei confronti di chi fa uso indebito del proprio segno distintivo in rapporto di concorrenza e qualora il segno distintivo sia rinomato anche a prescindere dal rapporto di concorrenza nel mondo reale e nel mondo virtuale. Inoltre il tema dell'estensione dei diritti della personalità agli enti conduce sul terreno impervio del risarcimento del danno non patrimoniale e del danno morale. Il riconoscimento del danno morale agli enti è stato frutto ora della dissoluzione del concetto di persona giuridica ora dell’assorbimento 2 del rapporto organico nella rappresentanza in senso stretto che ha permesso l’estensione, alla rappresentanza organica, della disciplina della rappresentanza volontaria. In particolare l’applicabilità dell’art. 1391 c.c. relativo agli stati soggettivi il cui il contenuto è stato oltremodo esteso fino ad includervi sofferenze psicologiche, morali turbamenti dell'animo sì da imputare all'ente «gli effetti degli stati psicologici» dell'organo al fine di ottenere il risarcimento del danno morale. Al contrario la consapevolezza di arginare la frenesia risarcitoria alla luce di una diversa concezione della persona giuridica e in particolare del rapporto organico ha condotto ad escludere il riconoscimento del danno morale agli enti. Se l’organo è lo strumento tecnico essenziale che permette all’ente una duplice imputazione giuridica del regolamento di interessi e della fattispecie, al tempo stesso l’imputazione di un fatto umano se può consistere tanto in un comportamento esterno e tanto in un fatto di coscienza (come la buona fede, la mala fede, dolo o colpa dell'organo necessariamente collegati all'attività giuridica) quest’ultimo non può dilatarsi fino ad includervi quegli stati psicologici che non condizionano l’agire giuridico dell’organo bensì restano soltanto fatti di sentimento, fatti emozionali propri ed esclusivi delle persone fisiche ai quali il diritto attribuisce eccezionalmente rilevanza giuridica

    Il documento informatico e le firme elettroniche

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    VI edizione ampiamente riveduta e aggiornat

    Diritto privato delle nuove tecnologie: contenuti e competenze

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    L’esponenziale crescita tecnologica, caratterizzata dalla diffusione delle Intelligenze Artificiali con il ricorso ai Big Data, sollecita una riflessione del suo impatto sui contenuti del diritto privato. Necessaria è la riformulazione di temi fondamentali dai beni all’incremento del catalogo dei diritti della persona umana, alle obbligazioni, alla responsabilità civile, al contratto e alle successioni mortis causa. Il dominio tecnologico conferma la necessità di salvaguardare il diritto “nel suo essere diritto umano” al fine di impedire la formazione di un diritto come nuovo e diversamente declinato dall’applicazione delle procedure algoritmiche

    Il contratto concluso con eBay e le vendite all'asta on line business to consumer: la disciplina applicabile

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    L’insufficienza dei meccanismi introdotti da eBay, in virtú del contratto concluso con gli utenti, a garanzia delle operazioni realizzate sulla sua piattaforma solleva nuovamente il problema della disciplina applicabile alle aste on line B2C il quale è rivisitato alla luce di un diverso approccio metodologico funzionale, sistematico e assiologico che consente il superamento dei tradizionali orientamenti dottrinali e giurisprudenziali

    La declinazione del diritto all'oblio in rete tra deindicizzazione, non ripubblicazione e attualizzazione della notizia

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    L’avvento di Internet e la conseguente digitalizzazione ha riacceso il dibattito, in dottrina e giurisprudenza, sulla portata sui contenuti e sulla stessa esistenza del diritto all’oblio. L’intervento è volto a mettere in evidenza la portata dell’incidenza della rete su tale diritto e conseguentemente a individuarne le tutele di diritto civile nel contesto tecnologico nonché a verificare la fondatezza della posizione in merito al riconoscimento di un diritto all’oblio autonomo e distinto dagli altri diritti a tutela della persona umana
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