29 research outputs found

    Il rischio di burn-out negli opratori assistenziali dei Nuclei Alzheimer

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    On the basis of their personal experience, the Authors try to identify the salient aspects of the occupational stress and of the consequent burn-out syndrome in the health personnel of the Alzheimer Units of Lombardy. In these structures, the initial motivations, the emotional involvement, and the effort required by the job make the staff at high risk. The syndrome generally evolves through four stages (idealistic enthusiasm, stagnation, frustration, apathy) and may easily become a collective problem, with worsening of the quality of care and dispersion of economical resources. The occupational physician, possibly with the collaboration of the psychologist, should adopt adequate preventive, therapeutic, and rehabilitative measures, regarding both the work organization (stress reduction, creation of a group consciousness) and the single (professional training, psychological support, health surveillance)

    La prevenzione del tabagismo negli ambienti di lavoro

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    Sono ormai inconfutabili le evidenze scientifiche che dimostrano la nocività del fumo attivo. Circa il fumo passivo non si può negare, malgrado sforzi interessati compiuti da più parti, come numerose siano le evidenze di una nocività scientificamente provata, almeno in relazione a determinate categorie di persone: infanti, adolescenti, soggetti defedati, portatori di patìe respiratorie etc. Altrettanto dimostrati, persino dalla cronaca di tutti i giorni, sono gli effetti secondari, anche gravissimi o catastrofici, legati a scorretti comportamenti di fumatori. Relativamente al problema del tabagismo negli ambienti di lavoro, vi è poi da sottolineare quanto siano chiare le sinergie, talora moltiplicative, tra fumo di tabacco e fattori di rischio professionali: esemplare è il caso della inalazione di fibre di asbesto, per la quale è accertato come la contemporanea abitudine al fumo di tabacco moltiplichi vistosamente il rischio di neoplasie. Tutto ciò, non soltanto a livello dell’apparato respiratorio: altrettanto esemplare è infatti il caso delle ammine aromatiche, per le quali il rischio di neoplasie vescicali è sensibilmente aumentato dalla contemporanea abitudine al fumo. L’attuale normativa a protezione dal fumo di tabacco, come si è visto pienamente giustificata, si può riassumere citando i provvedimenti di legge generici (Legge n. 584 del 1975; Sentenza n. 462/1995 del T.A.R. del Lazio; Circolare del Ministero della Sanità pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n. 85 dell’11 aprile 2001), che cioè sono rivolti alla protezione di tutti i cittadini che frequentino per le ragioni più diverse determinati ambienti aperti al pubblico e i provvedimenti specificamente riguardanti gli ambienti di lavoro. In particolare, tali ultimi provvedimenti concernono l’obbligo posto al datore di lavoro di proteggere i propri dipendenti dagli agenti cancerogeni (D.P.R. 303/1956, art. 9; Decreto legislativo n. 626/1994, artt. 4, 33, titolo VII), nonché l’obbligo, posto dallo stesso D.lgs. 626/94, di provvedere alla informazione e alla formazione dei lavoratori (Capo VI): è evidente che tale obbligo concerne anche quanto detto in apertura a proposito delle evidenze scientifiche relative ai danni prodotti dal fumo di tabacco, attivo e passivo. Circa infine gli interventi pratici, non si può non ricordare l’annosa diatriba sul potere intimidatorio della pena e quindi non ci si può astenere dal sottolineare come la scarsa osservanza delle norme contro il fumo di tabacco contrasti con l’entità anche cospicua delle sanzioni previste contro gli inosservanti (Legge 584/1975; Legge 758/1994). Seguendo la propria visione “preventivistica” il medico non può non auspicare azioni rivolte, più che a sanzionare, a formare e informare i cittadini, e in particolare i lavoratori, circa i danni accertati che il fumo produce. La prima misura che pertanto si impone è la più puntuale osservanza delle norme che appunto impongono, al datore di lavoro, formazione e informazione per i propri dipendenti. In questa linea sono anche utili opuscoli, manifesti, adesivi e quant’altro giunga a interessare e a coinvolgere le persone. Circa questo materiale, che anche la nostra Scuola ha prodotto in un passato ormai lontano, vi è da sottolineare come il messaggio debba essere opportunamente graduato e anche sul piano emotivo non debba, per così dire, passare il segno: l’esperienza, e persino la storia, dimostrano come -anche nel campo specifico- il messaggio tende ad essere respinto quando è macabro, catastrofico o altrimenti eccedente il limite di tolleranza della persona media. Poiché più sopra abbiamo accennato alla storia e poiché -soprattutto- ci interessa sottolineare come anche nel campo specifico il messaggio debba essere opportunamente graduato perché non determini rifiuto o addirittura effetti opposti a quelli desiderati, terminiamo ricordando un aneddoto storicamente attribuito a Mark Twain (peraltro, accanito fumatore), aneddoto che dimostra come un messaggio mal concepito e maldetto possa prestarsi a sortire effetti opposti a quelli che si proponeva. Trovandosi di fronte a un manifesto che drammaticamente riproduceva l’incendio di San Francisco successivo al noto terremoto e che rivolgeva l’esortazione “Non fumate! Ricordatevi dell’incendio di San Francisco”, il grande umorista con un carboncino vergò le seguenti parole: “Non sputate! Ricordatevi dell’inondazione del Mississippi”

    Fattori di rischio lavorativo e prevenzione medica nella Polizia Penitenziaria

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    Con la Legge di riforma 395 del 1990 riguardante il Corpo di Polizia Penitenziaria italiana, i compiti e le attribuzioni in carico a ciascun Agente si sono fatti più complessi e articolati che in passato. Nei riguardi delle Forze Armate e di Polizia, il D.Lgs 81/2008, coordinato con il D.Lgs 106/2009, delinea il suo campo di applicazione anche “…nell’ambito delle strutture giudiziarie, penitenziarie,…tenendo conto delle effettive particolari esigenze connesse al servizio espletato o alle peculiarità organizzative ivi comprese quelle per la tutela della salute e sicurezza del personale nel corso di operazioni ed attività condotte”. Il Medico del Lavoro Competente è chiamato agli obblighi dell’Art.25, del citato Decreto, riguardanti la partecipazione alla valutazione dei fattori di rischio lavorativi ed alla relativa Sorveglianza Sanitaria. L’analisi della varietà dei compiti cui il Personale di Polizia Penitenziaria è attualmente chiamato a svolgere, l’individuazione e lo studio dei relativi fattori di rischio, l’applicazione professionale dei principi di prevenzione medica da parte del Medico del Lavoro Competente e le necessarie azioni formativo-organizzative dai Responsabili della salute e sicurezza dei lavoratori, sono l’argomento di questa relazione. Si identificheranno i fattori di rischio per i quali la valutazione ex lege per le attività di Polizia Penitenziaria pone dei livelli medio alti di attenzione, particolarmente i fattori di rischio dovuti al sovraffollamento carcerario, alla carenza di personale congiuntamente alla organizzazione del lavoro, come il biologico e lo stress lavoro correlato. Si farà anche cenno: alle difficoltà che il Medico del Lavoro è costretto ad affrontare per l’espletamento del suo incarico, in relazione alla profonda discrepanza tra il dovuto Piano Sanitario da applicare secondo i rischi valutati presenti e quello definito dalla “convenzione contrattuale ministeriale” a tutt’oggi rivolta ai Medici Competenti; ai limiti posti dalle scarse disponibilità finanziarie ministeriali sia per il corretto svolgimento della Sorveglianza Sanitaria, sia per le azioni di formazione e supporto preventivo per il Personale di Polizia Penitenziaria

    Fenotipi di apolipoproteina(a) come indicatori di suscettibilità genetica per rischio cardiovascolare in medicina del lavoro

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    Several agents (e.g. chemical or physical) present in the work environment may be harmful for the cardiovascular system. Recent studies on the cardiovascular diseases linked to hyperlipidemia have demonstrated a strong correlation between high lipoprotein(a) [Lp(a)] levels and Coronary Heart Disease (CHD). In particular, the severity of this pathological condition correlates well with the molecular weight (MW) of the apolipoprotein(a) [apo(a)] isoforms supporting Lp(a) (low MW = high risk; high MW = low risk), which are characterized by a high degree of individual variability. Since apo(a) isoforms are genetically determined, a genetic predisposition for CHD has been identified, i.e. the apo(a) phenotype is considered a marker of genetic susceptibility for cardiovascular risk. After a brief presentation of the main occupational cardiovascular risk factors (e.g. carbon disulfide, carbon monoxide, noise, psycho-physical stress) and of the most updated theories on atherogenesis, the present review proposes to utilize the measurement of the plasmatic Lp(a) level to screen for occupational cardiovascular risk susceptibility. Apo(a) phenotype characterization of workers with medium-high Lp(a) levels is then suggested. Our proposal may be realized by means of simple and relatively unexpensive laboratory methods
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