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    Studio storico e iconografico del materiale su Apollo-NabĂ» di Ierapolis-Manbog

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    Lo studio storico e iconografico del materiale su Apollo-NabĂ» di Ierapolis-Manbog viene diviso in tre capitoli. Nel primo capitolo, a partire da una statua ritrovata nel Tempio V di Hatra, vengono avanzate delle prime considerazioni sulla divinitĂ  rappresentata e sul contesto archeologico e storico hatreno. La statua viene perciĂČ identificata, grazie alle descrizioni della statua di culto offerteci da Luciano e Macrobio, come una delle immagini del dio Apollo Ieropolitano a noi giunte. Il secondo capitolo si concentra dapprima sulle funzioni e sulla natura del dio Apollo Ieropolitano, descritto nelle fonti letterarie ed epigrafiche classiche, e poi sull’identitĂ  del dio, che viene riconosciuto come una forma locale del dio di origine babilonese NabĂ». Viene pertanto tracciato un profilo dell’evoluzione storica del dio per giungere in particolare ad un’analisi delle sue forme a livello locale in epoca greco-romana e partica. Il terzo capitolo si concentra infine sulla ricostruzione del prototipo preso a modello dalle immagini del dio tenute in considerazione nel lavoro di tesi. Vengono poi avanzate ipotesi sull’attribuzione hatrena di alcuni elementi presenti sulla statua del Tempio V di Hatra. Infine viene proposta un’ultima lettura dell’iconografia generale dell’immagine del dio e dell’ipotetico prototipo ricostruito dal lavoro di tesi

    Vita di mor Augin

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    La "Vita di mor Augin" è una leggenda agiografica, patrimonio delle Chiese cristiane orientali di lingua siriaca, che narra le vicende del santo e dei suoi compagni, facitori di miracoli e fondatori di monasteri. Mor Augin, ovvero sant’Eugenio, vissuto secondo la tradizione nel IV secolo, nacque in Egitto. Dapprima pescatore di perle, divenne monaco presso il cenobio di san Pacomio, da dove poi migrò con settanta discepoli diretto verso la regione dell’alta Mesopotamia, intorno alla città di Nisibi, ora Nusaybin (Turchia). Con la sua compagnia risanò miracolosamente malati, risuscitò defunti, ebbe a che fare con santi ed empi, deboli e potenti, sovrani amici e nemici. Si meritò l’appellativo di “secondo Cristo” e un suo sedicente discepolo ne scrisse la "Vita" in lingua siriaca, un racconto che divenne la tradizione fondante del monachesimo nella regione chiamata Tur ÊżAbdin, la “montagna dei servi”, ovvero la regione della Turchia sud-orientale che è tuttora patria di cristiani di lingua aramaica siriaca. Questa traduzione in italiano della "Vita" siriaca, opera di un gruppo di studenti e docenti di lingua siriaca e storia dell'arte che hanno viaggiato nella regione nel 2020, è presentata in forma semplice, cioè senza apparato di introduzioni storiche e letterarie, né annotazioni, confidando che così com’è, avvincente e anacronistica, possa servire da chiave d’ingresso nell’agiografia siriaca. Il libretto contiene in appendice una breve guida storico-artistica del monastero di Mor Augin, sulla Montagna di Izlo, a nord-est di Nusaybin, fondato secondo la tradizione dal santo e tuttora abitato da monaci
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