962 research outputs found

    Medicina personalizzata e fibrosi polmonare idiopatica

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    Idiopathic pulmonary fibrosis (IPF) is a specific form of chronic, progressive fibrosing interstitial pneumonia of unknown cause, occurring primarily in older adults, limited to the lungs, and associated with the histopathologic and/or radiologic pattern of usual interstitial pneumonia (UIP). IPF shows a high variability in the evolution from one patient to another, and between different periods in time in a given individual, showing great clinical heterogeneity. Therefore, predicting the outcome and the response to treatment in IPF is challenging, but potentially very useful, particularly in the single IPF patient. In the last decade, with the common use of proteomic and genomic technologies, our knowledge about the pathogenesis of the disease dramatically improved and it has led to the recognition of various treatment targets and numerous potential biomarkers. Molecular biomarkers are needed in IPF, where they can simplify drug development, facilitate early detection, increase prognostic accuracy and inform treatment recommendations. Although there are not yet validated biomarkers in IPF, some of them are in the proximity to be validated and have demonstrated their potential to improve clinical predictors beyond that of routine clinical practice

    Valutazione di parametri nemaspermici nell'infertilità di coppia mediante citometria a flusso

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    2009/2010L’infertilità, a differenza di altre condizioni patologiche in cui è noto l’agente eziologico, è espressione di fattori maschili e/o femminili diversi, spesso asintomatici da un punto di vista clinico. Si ritiene che nei paesi occidentali il tasso di infertilità tra le coppie in età potenzialmente fertile sia del 15-20%. In Italia tale condizione colpisce circa il 20% della coppie, il 40% delle quali si rivolge ai centri di procreazione medicalmente assistita distribuiti su tutto il territorio italiano. I fattori che predispongono all’infertilità sono molteplici e in circa il 35% dei casi attribuibili al partner maschile. È possibile valutare il fattore maschile nella quasi totalità dei casi con il riscontro di valori anormali nell’esame del liquido seminale. Lo spermiogramma rappresenta la più rilevante indagine dello studio andrologico, che consente di stabilire se il partner maschile di una coppia debba essere effettivamente considerato infertile, se il livello di infertilità è tale da richiedere una procedura di fecondazione assistita ed, infine, verso quale tecnica di fecondazione assistita è opportuno procedere. L’OMS ha pubblicato un dettagliato protocollo di laboratorio, aggiornato nel 1999, definendo i criteri standardizzati di valutazione del liquido seminale. Tuttavia, in molti studi è stata individuata un’alta variabilità inter- e intra-osservatore nei risultati di tale esame, quindi si è cercato di utilizzare altre metodiche per affinare tale indagine. La citofluorimetria è una metodica che sta prendendo sempre più piede nella pratica clinica dei laboratori di andrologia, in quanto risulta un metodo valido e accurato per l’analisi di alcune caratteristiche del liquido seminale. Tuttavia le linee guida del WHO (1999) non ne prevedono l’utilizzo nella routine, in quanto risulta troppo costosa. In questo lavoro, utilizzando la tecnica citofluorimetrica, sono stati effettuati due studi distinti. In particolare sono state analizzate alcune caratteristiche di liquidi seminali di pazienti infertili rivoltisi alla S.S.D. Procreazione Medicalmente Assistita del I.R.C.C.S. Burlo Garofolo. In primo luogo, sono state individuate le condizioni sperimentali ottimali per la valutazione della fagocitosi in vitro di spermatozoi, processo che avviene normalmente in vivo nell’apparato genitale femminile e che non è noto se interferisca o meno con la fecondazione. Non esistono, infatti, molti studi a riguardo, in quanto la maggior parte delle tecniche è insufficiente a garantire risultati oggettivi. Il protocollo messo a punto in questa ricerca è stato applicato agli spermatozoi di 24 campioni di liquido seminale di pazienti affetti da infertilità idiopatica che, secondo i parametri del WHO, risultavano normali o lievemente alterati dal punto di vista della concentrazione, della motilità e della morfologia degli spermatozoi. Dallo studio è emerso che la presenza di alterazioni, seppur lievi, a carico della motilità e della morfologia degli spermatozoi rendono questi ultimi maggiormente suscettibili alla fagocitosi rispetto a campioni normali. Inoltre, lo stato di capacitazione degli spermatozoi ha un effetto sulla fagocitosi degli stessi, in particolare, gli spermatozoi allo stato basale sono maggiormente fagocitati rispetto a quelli capacitati in vitro. Questo è probabilmente dovuto al fatto che nel campione non capacitato vi è una maggior variabilità cellulare e una maggior presenza di forme nemaspermiche di peggior qualità e quindi più suscettibili alla fagocitosi. La capacitazione, invece, seleziona gli spermatozoi con migliore motilità e morfologia dal campione di liquido seminale di base, e dunque gli spermatozoi dopo la capacitazione risultano di miglior qualità e quindi fagocitati in misura minore. Tuttavia, laddove i parametri nemaspermici del liquido seminale di partenza risultano alterati, in termini di motilità e morfologia, si è osservato una tendenza all’aumento del livello di fagocitosi degli spermi post-capacitati rispetto a quelli capacitati, e ciò potrebbe essere dovuto a caratteristiche intrinseche degli spermatozoi basali che li rendono maggiormente vulnerabili alla fagocitosi anche dopo la capacitazione. La seconda parte di questa ricerca riguarda lo studio degli effetti della leucocitospermia sui parametri del liquido seminale e sull’outcome delle tecniche di fecondazione in vitro. Molti autori si sono occupati dell’argomento, ma i dati ottenuti fanno emergere opinioni contrastanti riguardo al ruolo della leucocitospermia nell’infertilità maschile. Secondo quanto definito dalle linee guida del WHO, la conta dei leucociti seminali di routine viene effettuata mediante il test della perossidasi, che tuttavia risulta meno sensibile e meno accurata della metodica citofluorimetrica. In questo studio sono stati analizzati 150 liquidi seminali di soggetti appartenenti a coppie rivoltesi alla S.S.D. Procreazione Medicalmente Assistita del I.R.C.C.S. Burlo Garofolo. La conta dei leucociti è stata effettuata mediante citofluorimetria e sono stati valutati gli effetti della leucocitospermia sui parametri del liquido seminale e sull’outcome delle tecniche di fecondazione in vitro. L’originalità di tale lavoro consiste nel fatto che sono stati valutati gli effetti della leucocitospermia utilizzando la tecnica citometrica e conducendo un’indagine distinta tra i campioni destinati alla FIVET e quelli destinati alla ICSI. Da tale analisi è emerso che complessivamente i parametri di concentrazione e di motilità degli spermatozoi sono influenzati dalla presenza di eccessive concentrazioni di leucociti nel liquido seminale. Se, però, si fa distinzione tra i campioni destinati alle due tecniche, la differenza di motilità degli spermatozoi non risulta più correlata alla leucocitospermia, mantenendo un trend di diminuzione nella ICSI, mentre nella FIVET tende all’aumento, tanto che i risultati sembrano addirittura in contraddizione. Inoltre, la leucocitospermia non ha effetto sui tassi di fertilizzazione degli ovociti, sui tassi di sviluppo degli embrioni e sui tassi di gravidanza, né in seguito a ICSI, né in seguito a FIVET. Dunque, dal momento che la leucocitospermia non sembra influenzare i parametri del liquido seminale né gli esiti delle tecniche di fecondazione in vitro, si può ipotizzare che, in presenza di un’alta concentrazione di leucociti nel liquido seminale, sussista un giusto equilibrio di proporzioni tra i leucociti e la quantità di spermatozoi, tale da non comportare effetti dannosi sulla funzionalità degli spermatozoi e quindi sul successo delle tecniche di fecondazione assistita. Questi risultati hanno dunque implicazioni sul significato diagnostico della leucocitospermia nel contesto dell’infertilità maschile e della fecondazione assistita e, da ciò, risulterebbe necessario rivalutare il livello soglia del numero di leucociti al di sopra del quale si è di fronte ad una condizione patologica che ha effetti negativi sulla fertilità di un individuo in termini di qualità degli spermatozoi, tassi di fertilizzazione e tassi di gravidanza.XXIII Cicl

    Smoking-related interstitial lung disease

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    Cigarette smoking has a clear epidemiological association with lung diseases, characterised by chronic inflammation of both the bronchiolar and the interstitial lung compartments. There are several different smoking-related interstitial lung diseases, mainly desquamative interstitial pneumonia, respiratory bronchiolitis- associated interstitial lung disease and pulmonary Langerhans’ cell histiocytosis.The epidemiology of such diseases is largely unknown, although the prevalence of cigarette smoking, particularly in low-income developing countries, indicates that smoking-induced interstitial lung disorders represent a high burden of disease worldwide. The role of chest high-resolution computed tomography has become increasingly important in differential diagnosis and follow-up. A new entity, the syndrome of combined pulmonary fibrosis and emphysema, emerged as another important smoking-related lung disorder with a poor prognosis, associated with the high prevalence of pulmonary hypertension. At the moment the role of anti-inflammatory and immunosuppressive treatment remains unclear, although in clinical practice most of these patients will receive at least one course of corticosteroid therapy. It is vital to stress the importance of identifying these patients and helping them quit smoking

    Occurrence of idiopathic pulmonary fibrosis during immunosuppressive treatment: a case report

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    Immunosuppressive therapy has been-until the recent release of new guidelines on diagnosis and management-the recommended treatment for idiopathic pulmonary fibrosis. However, its efficacy in patients with idiopathic pulmonary fibrosis has always been a matter of debate

    Management of idiopathic pulmonary fibrosis.

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    Idiopathic pulmonary fibrosis (IPF) is a deadly progressive lung disease without an effective standard treatment approach. Because of the complexity and uncertainties of IPF treatment, therapeutic decisions need to be tailored to the individual patient, after discussing the potential benefits and pitfalls. Pirfenidone has been approved for the treatment of IPF in many countries, but is not recommended as a first-choice therapy by current guidelines because of the lack of a definite efficacy. Randomized controlled trials represent a valid choice for patients with IPF, and their completion is important in improving both survival and quality of life

    Sarcoidosis: challenging diagnostic aspects of an old disease.

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    Over the past few years, there have been substantial advances in our understanding of sarcoidosis immunopathogenesis. Conversely, the etiology of the disease remains obscure for a number of reasons, including heterogeneity of clinical manifestations, often overlapping with other disorders, and insensitive and nonspecific diagnostic tests. While no cause has been definitely confirmed, there is increasing evidence that one or more infectious agents may cause the disease, although the organism may no longer be viable. Here we present 2 cases, in which sarcoidosis preceded tuberculosis and non-Hodgkin lymphoma. Development of new lesions in a patient with chronic/remitting sarcoidosis should be looked at with suspicion and promptly investigated in order to rule out an alternative/concomitant diagnosis. In such cases, tissue confirmation from the most accessible site, and bone marrow biopsy-if lymphoma is in the differential diagnosis-should be performed. In conclusion, we strongly advise that physicians be ready to reconsider the diagnosis of sarcoidosis in the presence of atypical manifestations or persistent/progressive disease despite conventional therapy

    Targeting neoplastic B cells and harnessing microenvironment: the “double face” of ibrutinib and idelalisib

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    Relapsed or refractory diffuse large B-cell lymphoma (DLBCL) not suitable for high dose chemotherapy with autologous stem cell transplantation (ASCT) has a dismal prognosis and no standard therapy. We designed an Italian multicenter retrospective study aimed at evaluating the safety and efficacy of rituximab plus bendamustine (R–B) as salvage treatment in patients not eligible for ASCT because of age and/or comorbidity or in patients with post-ASCT recurrence. Fifty-five patients with a median age of 76 years were included. The overall response rate was 50%, including 28% complete remission and 22% partial remission. The median overall survival (OS) was 10.8 months. The median progression free survival (PFS) was 8.8 months. Eleven patients are still alive and in complete remission at last follow-up (12–71 months). Toxicity was moderate, mainly grades 1 and 2. R–B showed promising efficacy results with an acceptable toxicity profile and should be further investigated, possibly in combination with novel drugs

    Janus-faced amiodarone-induced pneumopathy

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    The authors describe a patient showing bilateral, peripheral, predominantly basal ground-glass and reticular opacities consistent with a non-specific interstitial pneumonia (NSIP) radiological pattern. This was followed by the occurrence of two nodules that progressively decreased in size after oral steroids had been given and therefore they were interpreted as an unusual manifestation of amiodarone-related pulmonary toxicity (APT)

    Bronchiectasis as long-term complication of acute fire smoke inhalation?

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    In this letter to editor, we discuss the occurrence of radiological and clinical evidence of bronchiectasis syndrome three years after acute exposure to fire smoke in a Caucasian non-smoker asthmatic patient
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