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    Trattamento del disturbo d’alimentazione incontrollata (DAI) in pazienti diabetici obesi

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    I disturbi della condotta alimentare sono piuttosto comuni tra i pazienti diabetici 1-3. Essi sono frequentemente osservati soprattutto in giovani donne e adolescenti con diabete di tipo 1 4 5, sono associati ad uno scarso controllo glicemico 6 7 e anche ad un maggior rischio di complicanze a lungo termine 8 . Tra i disturbi della condotta alimentare, quello da alimentazione incontrollata (DAI) è caratterizzato da ricorrenti episodi di smisurata e incontrollata assunzione di cibo, in assenza di comportamenti atti a prevenire l’aumento di peso (vomito auto-indotto/uso di lassativi), caratteristica che lo differenzia dalla bulimia nervosa. Tale disturbo presenta un’elevata comorbilità con l’obesità e quindi rende il soggetto a rischio di problemi internistici come ipercolesterolemia, ipertensione e diabete mellito 9 . In particolare, i comportamenti di binge eating sono tra le problematiche più diffuse nella popolazione diabetica femminile 10. Stress e depressione, da un lato, e difficoltà a mentalizzare sensazioni ed emozioni (alessitimia), dall’altro, sono importanti fattori predittivi di un utilizzo emotivo dell’alimentazione 11; le abbuffate rappresentano infatti la risposta a stati emotivi non riconosciuti e a cui questi pazienti non riescono a dare una cornice di significato. I pazienti DAI, inoltre, tendono ad avvertire la sensazione di pienezza non dopo un pasto regolare, ma piuttosto dopo un episodio di abbuffata 12; ecco perché le abbuffate costituiscono un comportamento alimentare che si correla a valori elevati dell’indice di massa corporea (IMC) 12. Un intervento efficace dovrebbe promuovere nel paziente diabetico comportamenti di autocura, riducendo così il rischio di complicanze sulla salute e migliorando la qualità di vita, spesso compromessa da problematiche connesse alla patologia diabetica, sia di natura psicologica 13 che organica 14 15. Tra gli interventi più diffusi ed efficaci nel trattamento della patologia diabetica troviamo il gruppo di sostegno 16 17, che permette di raggiungere positivi cambiamenti individuali rispetto ad atteggiamenti, emozioni e comportamenti concernenti la malattia 18. Tali cambiamenti influenzano l’adozione di un corretto stile di vita, anche in campo alimentare. Resta tuttavia da sottolineare che, sebbene gli interventi terapeutici siano efficaci nel ridurre i comportamenti di alimentazione incontrollata, essi non sembrano altrettanto efficaci rispetto al decremento ponderale 19 20. Tra i fattori predittivi di efficacia della terapia troviamo la frequenza di comportamenti di alimentazione incontrollata 19 e un alto punteggio alla sottoscala della restrizione dell’Eating Disorder Examination 20. Scopo di questo lavoro è quello di valutare l’efficacia di un intervento psicoeducazionale di gruppo associato al training autogeno in un gruppo di pazienti diabetici obesi affetti da DAI. La prima ipotesi è che l’associazione di un intervento di sostegno di gruppo con il training autogeno possa diminuire sia la frequenza di comportamenti di alimentazione incontrollata che l’aumento di peso dei pazienti. A riguardo, è stato stabilito che la diminuzione del peso, per essere considerata significativa, dovrebbe essere almeno del 5% del peso iniziale. Un’altra ipotesi è che una migliore capacità di mentalizzare sensazioni ed emozioni e un minor livello di ansia e depressione costituiscano fattori predittivi di risposta efficace al trattamento, definita come assenza di comportamento di alimentazione incontrollata. Infine, l’ultima ipotesi è che l’intervento abbia conseguenze positive sulla qualità di vita dei pazienti esaminati

    Haemoglobin glycosilated control and psychological features in patients with type 2 diabetes and cardiovascular problems: a pilot study

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    Background: Psychological features are frequently implicated in haemoglobin glycosilated control. The purpose of the study is to compare haemoglobin glycosilated level and some psychological features in outpatients with type 2 diabetes and cardiovascular problems and low or high anxiety inclination. Materials and methods: The median calculated for the ‘Trait anxiety’ scale of the State-Trait Anxiety Inventory permits to create a group with low anxiety inclination (Group 1) and a group with high anxiety inclination (Group 2). Nine outpaoutpatients with low anxiety inclination (mean age ± SD = 58Æ44 ± 9Æ180; 66Æ7% male, 33Æ3% female) and seven outpatients with high anxiety inclination (mean age ± SD = 57Æ43 ± 11Æ830; 14Æ3% male, 85Æ7% female) articipated. We examined group differences in haemoglobin glycosilated level, depression, attributional styles (LCB) and alexithymia. Data were analyzed using the Student’s t-test. Results: Compared to Group 1, Group 2 showed a more evident haemoglobin glycosilated level (P = 0Æ045), more depression (P = 0Æ049) and showed more difficulties in identifying feelings as a component of alexithymia (P = 0Æ050), whereas there were no statistically significant differences in attributional style (LCB Internal, P = 0Æ611; LCB External, P = 0Æ890), alexithymia (P = 0Æ492) and in the other component of alexithymia (difficulties in describing feelings, P = 0Æ853; external thinking, P = 0Æ836). Conclusions: Psychological features could be implicated in haemoglobin control. Results are important for clinical staff as they indicate where it is relevant to intervene in order to help diabetic patients to have more haemoglobin glycosilated control

    STRATEGIE DI COPING PREDITTIVE DEL BENESSERE PSICOLOGICO IN PAZIENTI DIABETICI

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    Introduzione. Il diabete è una malattia cronica che richiede una diligente gestione da parte del paziente e influisce negativamente sul benessere psicologico. La letteratura indica il controllo glicemico come fattore determinante nel mantenimento del benessere psicologico nei pazienti diabetici (Van der Does, 1996; Papanas, 2010), mentre l’associazione tra stili di coping e benessere è meno studiata, nonostante che l’apprendimento di strategie di coping efficaci sia l’obiettivo di svariati programmi educativi rivolti a questi pazienti (Luyckx et al., 2010). Metodo. 81 pazienti diabetici (47% femmine, età media 58,77+1,78, 22,2% con diabete di tipo I) hanno compilato il COPE (Carver e Sheier, 1989) che misura 15 diverse strategie di coping e il PGWBI (Grossi et al., 2005), che misura il benessere psicologico generale. Risultati. Indipendentemente dalle caratteristiche socio-demografiche (sesso ed età), dalla condizione clinica (tipo di diabete) e dal controllo del glicemico (livello di emoglobina glicolisata), alcune strategie di coping risultano predittive di un alto benessere psicologico, mentre altre sono associate a una condizione psicologica negativa (R2=0,38, p<0,0001). In particolare, l’umorismo e la ricerca del sostegno strumentale degli altri favoriscono il benessere psicologico(Beta= 0,27 e 0,30), mentre la ricerca di sostegno emotivo e la distrazione lo ostacolano (Beta= -0,62 e -0,28). Conclusione. I risultati di questo studio incoraggiano l’introduzione d’interventi psicologici mirati a incrementare specifiche strategie di coping che favoriscono il benessere psicologico nei pazienti diabetici. Interventi centrati sulle strategie di coping potrebbero integrare altri modelli d’intervento che si sono dimostrati efficaci nel migliorare l’outcome nei pazienti diabetici (Piatt et al., 2010)

    PREDITTORI DEL BENESSERE EMOTIVO IN PAZIENTI CHE SI RIVOLGONO A UN CENTRO DI PROCREAZIONE MEDICAMENTE ASSISTITA

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    Metodo. 114 pazienti in carico presso un servizio di PMA (59,6% femmine, età media 37 anni, 58,8% con problemi accertati d’infertilità, 64% in fase iniziale di consultazione) hanno compilato il GPWBI (Grossi et al., 2002) per la valutazione del benessere emotivo, l’ECR (Picardi et al., 2007) per gli stili d’attaccamento, l’LCB (Farma et al., 2000) per il locus of control e la TAS-20 (Bressi et al., 1996) per l’alessitimia. Risultati. Emergono differenze nei modelli di variabili che predicono il benessere emotivo tra femmine e maschi. Indipendentemente dall’età, dalla presenza d’infertilità e dalla fase di avviamento della procedura di PMA, tra le femmine, la difficoltà a identificare le emozioni e uno stile di attaccamento ansioso ostacolano il raggiungimento del benessere emotivo (R2=0,33, p<0,0001, Beta = -0,49 e -0,39). Tra i maschi la difficoltà a identificare le emozioni, uno stile di attaccamento evitante e un locus of control interno ostacolano il raggiungimento del benessere emotivo (R2=0,42, p<0,0001, Beta = -0,34, -0,33 e -0,33, rispettivamente). Conclusione.In base ai risultati, la promozione del benessere emotivo nei pazienti con disturbi della fertilità dovrebbe mirare principalmente al riconoscimento delle emozioni e, nei maschi, anche allo spostamento del locus of control verso l'esterno. Inoltre, l'identificazione dello stile di attaccamento rappresenta per il clinico un’utile informazione per stabilire una buona alleanza terapeutica che consenta la buona riuscita dell’intervento
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