19 research outputs found

    Sexual Competence in Higher Education: Global Perspective in a Multi-centric Project in the Nursing Degree

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    Sexuality is an important issue in the university careers of nursing students to ensure that they provide comprehensive care. It is necessary according to the recommendation of the World Health Organization. However, research reveals deficiencies and the need for further development. The aim of the study is to describe the perspective of teachers and students on the content of sexuality in nursing education. The project aims to analyze the attitudes and beliefs of the students about the sexuality of their patients. Furthermore, the experience and sexual lives of the future nurses, as well the teaching of sexuality content in the curriculum, will be analyzed. As for the educators, their level of knowledge about sexuality and vision of sexuality education in undergraduate nursing education will be analyzed. This study is an exploratory and descriptive study with a quantitativequalitative approach in a multi-center context. The sample is composed of students and professors of nursing courses from five universities (Portugal, Spain, Italy and United States). Questionnaires and semistructured interviews will be used for data collection. The results of the study will allow the inclusion of sexual competence in the curriculum from the beginning in higher education. This article describes the research protocol

    Gli infermieri e la Legge Sicurezza. Indagine sul livello di conoscenza della normativa

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    Il Decreto Sicurezza del febbraio 2009, divenuto Legge 94, Disposizioni in materia di sicurezza pubblica, è stato ampiamente dibattuto; l’elemento principale, che ha toccato da vicino le professioni della salute, è stato la proposta di abrogazione del divieto di segnalazione della persona immigrata in condizione di irregolarità, contenuto nel Decreto Legislativo 286 del 1998 (TU). Dopo lunghi dibattiti e mobilitazioni da parte degli addetti ai lavori, ampiamente documentati da tutti i mezzi dell’informazione, l'approvazione definitiva della legge ha introdotto il reato di clandestinità con dovere di denuncia all'autorità giudiziaria, ma ha mantenuto l’esenzione, a tale obbligo, degli operatori sanitari e dei presidi della scuola dell'obbligo. Il quadro normativo lascia un margine di ambiguità: l’obbligo di denuncia non esclude medici e infermieri, in quanto pubblico ufficiali/incaricati di pubblico servizio, ma la persistenza in vigore dell’articolo del TU vieta la denuncia, per queste figure professionali. Tali elementi lasciano dubbi in merito all’effettiva conoscenza di quanto sopra, da parte degli operatori della salute. L’obiettivo della ricerca è di analizzare la conoscenza degli infermieri riguardo la normativa vigente che regola l’accesso alle prestazioni per gli stranieri irregolari. E' stato somministrato un questionario strutturato ex novo e testato su un gruppo di infermieri ospedalieri, estraneo al campione. L'indagine si è svolta su un campione di duecento infermieri ospedalieri selezionati con modalità random. Risultati I risultati mostrano che dai cinquantatre questionari rientrati, la maggior parte degli infermieri riferisce contatti con la popolazione immigrata con frequenza giornaliera (62%). Il 25% degli infermieri è a conoscenza della nuova legge; il 47% riferisce di conoscere la legge parzialmente, il 28% di non esserne a conoscenza. Quasi il 70% degli infermieri ha ricevuto informazioni dai media. Alla domanda che indaga a quali figure professionali la legge fa riferimento, il 51% ha risposto “medico, in quanto pubblico ufficiale, e infermiere in quanto incaricato di pubblico servizio”. Il 24% risponde che la nuova legge riguarda solo il medico. Il 26% riporta che il paziente irregolare, in accesso ai servizi, è tenuto a esibire i propri documenti, il 40% risponde che non esiste tale obbligo; per il 15% non c’è chiarezza sull’argomento. Il 17% dichiara l’obbligo, da parte degli operatori, di segnalare lo straniero irregolare, il 19% risponde che è prevista segnalazione solo in caso di obbligatorietà di referto, il 64% riferisce mancanza di chiarezza. L’81% degli infermieri, dunque, non è a conoscenza delle predisposizioni della legge e a conferma di ciò, solo tre infermieri su cinquantatre si ritengono adeguatamente informati (6% versus 92%). Conclusione Nonostante i riferiti contatti quotidiani con la popolazione immigrata, solo un quarto del campione riferisce di conoscere la regolamentazione agli accessi prevista dalla legge in oggetto. Solo il 19% degli infermieri risulta a conoscenza di quanto previsto dalla legge effettiva concernente l’accesso alle prestazioni. La poca responsività del campione (rientro del 26.5% dei questionari) reca un’ulteriore riflessione relativa a un’ulteriore sottostima del dato: è, infatti, possibile che gli operatori che hanno collaborato siano in un qualche modo maggiormente interessati (dunque informati) sull’argomento

    Accidental falls prevention in the elderly: a post intervention survey in Italian Hospital

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    All European countries are facing a growing population of older persons. Demographic studies indicate that by 2050, Europe will have 173 million people of age 65 and above; this amounts to 27.6% of the total population. Most older persons are in good health and have a high level of well-being. Health problems frequently occur in people of age 75 and above. The incidence of chronic diseases increases with the years and the prevalence of functional deficits increases sub-stantially. Our current health care system is not prepared for the growing population of older persons. Older persons are often marginalized and kept on the sidelines. Even today, many nurses, with the exception of those that work in nursing homes, do not believe that the ageing of the population will affect them. This is not the case, however, as in the future, nurses in all fields of care will encounter a growing number of older patients. The specific demands of older persons create a challenge for nurses. In the fourth European Nursing Congress, the central theme is older persons as the future of care. In this congress, nurses from all fields of health care, including homecare workers, general hospital staff, mental health professionals and carers for the mentally disabled, are invited to share their methods and their research findings with regard to care for older persons. The motivation and training of students to train in caring for older persons is another key component. To ensure quality of care for older persons both now and in the future, issues regarding the labour market and labour saving must be brought into focus. How can we create greater efficiency of care by means of, for example, technological support? Innovation, new ideas and creativity in organizing care will be highlighted during the Congress

    Il disagio delle "badanti" nel lavoro di cura: implicazioni assisitenziali

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    OBIETTIVI Il contesto italiano ha da tempo identificato nella “badante” la persona che si sostituisce ai famigliari nell’assistenza a pazienti anziani, non autosufficienti e con patologie cronico-degenerative. L’occuparsi della cura di questi pazienti espone, come ogni care-giver, anche le “badanti” a situazioni di stress psico-fisico, disagio emotivo e affettivo. Obiettivi di questo lavoro sono:•raccogliere informazioni qualitative sullo stress sul disagio nelle “badanti” che si rivolgono ad un servizio dell’AUSL di Reggio Emilia;•identificare interventi da attuare per alleviare e/o monitorare il disagio.METODISono state intervistate 24 donne, provenienti dall’Est Europa che svolgono il lavoro di “badante”. Queste donne sono state incontrate prima o dopo la visita medica per la quale avevano preso appuntamento, presso gli ambulatori del Centro per la Salute della Famiglia Straniera dell’AUSL di Reggio Emilia.Lo strumento scelto è stata un’intervista semi-strutturata, composta da 31 items che vanno ad investigare 3 macro-aree: a)dati socio-demografici;b)progetto migratorio, condizione lavorativa e vissuto;c)vita in Italia, difficoltà, idee/interpretazione (sul sistema sanitario e sugli operatori), aspettative e progetti per il futuro. RISULTATIIl gruppo delle intervistate è composto da donne di età maggiore ai 40 anni (66%). Tutte le intervistate hanno lasciato in patria parte della famiglia (marito e figli per il 91%), il 62,5% ha una scolarizzazione medio-alta (dagli 11 ai 15 anni di studi). La presenza in Italia è recente (tra 1 e 3 anni per 41,6%). Il 95,8% delle intervistate svolgeva prima di emigrare lavori diversi da quello assistenziale (maestra il 29,16%, commessa il 16,66%). Nelle opinioni sul lavoro di cura prevalgono le definizioni negative (stancante, faticoso, difficile, stressante) rispetto a quelle positive (facile, piacevole). Il rapporto stabilito con l’anziano e/o con la famiglia è però considerato positivo (mi sento a casa, mi sento parte della nuova famiglia) dalla prevalenza delle intervistate (79,1% con l’anziano e 91,6% con la famiglia); non lo considera positivo (hanno messo sulle mie spalle tutta la casa, sono segregata in casa, i famigliari non ci sono mai) una minoranza (20,8% con l’anziano e 8,3% con la famiglia). L’83% delle intervistate lavora in co-residenza con l’anziano, con un impegno orario di 24 ore giornaliere.Il 27% degli assistiti non è autosufficiente, il 33% di chi è parzialmente autosufficiente presenta problemi cognitivi. Sullo stress correlato al lavoro di cura le intervistate hanno quantificato gli episodi di disagio emotivo e di stress, in base alla frequenza con cui questi si manifestavano, in: mai (29%), qualche volta alla settimana (46%), qualche volta al giorno (13%), molte volte al giorno (4%), quasi sempre (8%). Lo stress ed il disagio emotivo si manifestano con: agitazione, insonnia, inappetenza, tristezza, sintomi di somatizzazione dell’ansia

    Narrazione, cura e identitĂ : un approccio didattico alla multidisciplinarietĂ 

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    L’evoluzione delle complessità, nella comprensione del mondo e dell’uomo che lo abita, sottolinea la necessità di un dialogo multidisciplinare, a partire dai contesti di formazione (Morin, 2012). L’unica certezza è di in-certezza: tale elemento destabilizza tutti gli ambiti della conoscenza, richiedendo un approccio multidisciplinare (Galli & Londei, 2003) per l’apertura di finestre di dialogo tra i saperi e la creazione di reti di competenza, quando tali saperi si applicano ai contesti di salute. Gli iper-specialismi possono creare nuove forme di analfabetismo (Harrison, 2003) se non si lasciano contaminare dalla ricchezza del confronto e dello scambio di competenze. Quando si parla di team multidisciplinare si fa riferimento a un gruppo di professionisti, afferenti a diverse specialità, che lavorano insieme, per la persona, su obiettivi comuni (Bassetti, 1992). Il raggiungimento di tali obiettivi diventa responsabilità collettiva e, ai membri del gruppo, oltre alle competenze specifiche del profilo di riferimento, è richiesta la capacità di contribuire attivamente, arrivando a percepire il gruppo come identità collettiva (Ibidem). Quest’ultimo elemento diventa possibile quando ogni componente del gruppo ha un’identità personale e professionale ben definita (Centurrino et al., 2009), partendo dal presupposto che è poco probabile riuscire a scindere l’individuo dalla professione che svolge: l’identità professionale è descritta come un senso profondo di adeguatezza al proprio ruolo professionale, dunque coincide con l’identità dell’individuo nella sua complessità (Ibidem). Nonostante la difficoltà legata alla misurazione dei risultati che caratterizza la ricerca in ambito educativo, dalla letteratura emergono esperienze di formazione multidisciplinare, nei corsi delle lauree sanitarie (Barr et al., 2007). Tra le metodologie didattiche utilizzate, troviamo il Problem Based Learning (Gradellini & Mecugni, 2014) e la simulazione di un team multidisciplinare in contesto clinico (Bradner et al., 2014; Bridges et al., 2011). Un progetto didattico multidisciplinare, del CdL in Infermieristica di Reggio Emilia, in collaborazione con la Scuola Universitaria Professionale della Svizzera Italiana, ha affrontato i concetti di identità, cura e relazione utilizzando le fiabe dei fratelli Grimm. In contesto d'aula, la proprietà polisemica della fiaba è diventata motore di riflessione identitaria oltre che rivelatrice di significati (Dammaco & Pattono, 2002). Le fiabe utilizzate sono state Pollicino, I quattro fratelli ingegnosi e Biancaneve; nella condivisione di quanto emerso ed evidenziato dalla fiaba stessa, sono stati utilizzati altri linguaggi narrativi, con suggerimenti relativi all'osservazione dell'iconografia dei santi, alla musica e alla letteratura. Il progetto si è sviluppato su tre moduli di quattro ore, aperto a due coorti di quindici studenti ciascuna, afferenti ai corsi di laurea di Infermieristica, Fisioterapia, Terapia Occupazionale e Logopedia. Per valutare la ricaduta formativa del progetto, a tutti gli studenti è stato chiesto di compilare un piccolo questionario pre-post sui concetti di identità professionale e di multidisciplinarietà in contesto di salute. A conclusione del percorso gli studenti hanno partecipato a un focus group per riflettere sull'utilizzo della fiaba come strumento didattico, sui concetti di identità e multidisciplinarietà così come elaborati dal gruppo fiaba e sul possibile impatto dell'esperienza didattica sul futuro professionale. Il progetto ha avuto impatto molto positivo sugli studenti: la polisemia della fiaba ha permesso l’apertura di nuovi significati sugli argomenti proposti. Se le risposte dei questionari pre-seminario permettono una netta categorizzazione in elementi di tipo nozionistico, le riflessioni post sono molto ricche, soggettive e introducono suggerimenti di apertura, centralità dell’altro (paziente e collega), dialogo, incontro, anche nella definizione di una propria identità professionale: esisto quando sono riconosciuto. Tali elementi di cambiamento sono confermati da quanto emerso dai focus. La scelta di uno strumento didattico diverso e fuori dagli schemi ha permesso di decontestualizzare le barriere dei propri profili professionali e di preparasi all’incontro

    L'utilizzo della tassonomia Nanda nella pratica clinica: Reggio-Emilia e Tarragona a confronto.

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    La pianificazione assistenziale permette di affrontare in modo coerente e sistematico i problemi della persona e accompagna il professionista nell’assunzione di decisioni per il raggiungimento di specifici obiettivi, in un’ottica di presa in carico personalizzata. Non è quindi solo vantaggiosa per l’operatore, permettendogli di lavorare in sicurezza e rispettare gli standard, ma anche per la persona assistita, che in tal modo è garantita circa il coinvolgimento, la qualità e la continuità nelle cure. L’utilizzo di una tassonomia permette di definire la specifica competenza professionale, fare riferimento a un determinato problema, eliminare ambiguità, condurre ricerche: ad oggi quella più utilizzata nel mondo è la North american nursing diagnosis association (Nanda). Nonostante tali indiscutibili vantaggi, l’adozione di una tassonomia nella pratica clinica resta un argomento molto discusso, anche in letteratura: tra gli aspetti criticati emerge la percezione di una maggiore convenienza nell’utilizzo delle diagnosi mediche, come linguaggio condiviso, sebbene poi i medesimi riconoscano che le diagnosi infermieristiche (Di) permettono di descrivere il problema dell’assistito in maniera più completa (Carpenito, 2006). Molti infermieri concordano sul fatto che le Di portino benefici all’assistenza, primo fra tutti il miglioramento della sua qualità, sebbene sussista, come limite riconosciuto, la scarsa praticità del sistema informatico utilizzato e la scarsa preparazione del personale (Furuya et al, 2011). Da qualche anno, in Italia e in altri Paesi, alcune realtà operative hanno avviato percorsi di sperimentazione della tassonomia nella pratica quotidiana. L’Azienda Santa Maria Nuova di Reggio-Emilia, grazie al progetto Iside (Analisi del processo assistenziale delle diagnosi infermieristiche) ha introdotto la tassonomia Nanda-Nic-Noc in alcune unità operative dell’ospedale: tra queste la Medicina III ha partecipato col coinvolgimento di infermieri, coordinatore e tutor clinico universitario, che ha gestito la formazione e l’addestramento del personale infermieristico, come previsto dal progetto aziendale. Dopo una formazione sul campo, si è deciso di iniziare l’implementazione di una diagnosi, Dolore cronico, attualmente in uso sperimentale. Nell’ospedale Sant Joan XXIII di Tarragona, le diagnosi infermieristiche sono state introdotte nel 2006 con l’implementazione di pianificazioni assistenziali informatizzate. Prima di inserirle nel contesto lavorativo, gli infermieri hanno seguito un corso di formazione di circa un anno, che ha permesso loro di utilizzare il programma informatico mirato Gazela. Nel servizio di Pediatria si utilizzano le seguenti diagnosi: Allattamento al seno efficace, Allattamento al seno inefficace, Compromissione dell’adattamento, Conflitto in rapporto al ruolo genitoriale, Intolleranza all’attività, Ipertermia, Ipotermia, Rischio di aspirazione, Rischio di infezion

    Cultural Competence and Cultural Sensitivity Education in University Nursing Courses. A Scoping Review

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    When assessing the fragility that characterizes the health of an immigrant person, a culturally competent transformation of the nurse–patient teaching-learning process is necessary. Therefore, it is considered essential to incorporate cultural competence and intercultural communication in higher nursing education. Objective: To determine the content and knowledge of cultural competence and intercultural communication offered in higher education in nursing courses. Design: The Campinha-Bacote model of cultural competence was used as the primary reference. Method: A scoping review was conducted about studies published in the period 2003 and 2020. The research was conducted between May and October 2020. More than a hundred documents (books, chapters, articles, conference proceedings) have been consulted. Results: Undergraduate nursing courses and postgraduate education move toward promoting cultural competence and sensitivity through teaching strategies. Conclusions: Teaching projects that combine multiple competencies are more effective, including teacher training. A predominant element is a need for continuous and transversal projects. University nursing education must adapt culturally competent curricula

    Attitudes and Beliefs of Portuguese and American Nursing Students about Patients’ Sexuality

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    Nursing school graduates must be prepared to interact comfortably and effectively with patients about their sexual health. This study analyses the attitudes and beliefs about patient sexuality held by Portuguese and American nursing students. Objective: In Portuguese and American nursing students, (1) we analyzed students’ attitudes and beliefs towards sexuality using the Sexuality Attitudes and Beliefs Survey (SABS); (2) we identified nationality, socio-demographic information, and affective-sexual beliefs and attitudes. Method: Quantitative, cross-sectional study; convenience sample of 296 students (63.2% Portuguese; 36.8% American); mean age: 21.9 years (SD = 3.12); two-way ANOVA and multiple correspondence analyses were performed. Results: Attitudes and beliefs toward sexuality: Portuguese women are more liberal than men, contrary to American students. Among both nationalities, participants with multiple sexual partners held more conservative attitudes. Sexual orientation: bisexual American students and homosexual Portuguese students are conservative. Multiple correspondence analysis revealed two profiles: (1) Portuguese students: liberal-tolerant in attitudes towards patient sexuality, live with family/roommate, 18 to 21 years old, no or one sexual partner; (2) US students: traditionalist attitudes towards patient sexuality, share house, 22 and 23 years old, multiple partners. Conclusion: Human sexuality must be addressed in nursing education curricula
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