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    Health Technology Assessment of Belimumab: A New Monoclonal Antibody for the Treatment of Systemic Lupus Erythematosus

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    Objective. Systemic lupus erythematosus (SLE) is treated with anti-inflammatory and immunosuppressive drugs and off-label biologics. Belimumab is the first biologic approved after 50 years as an add-on therapy for active disease. This paper summarizes a health technology assessment performed in Italy. Methods. SLE epidemiology and burden were assessed using the best published international and national evidences and efficacy and safety of belimumab were synthesized using clinical data. A cost-effectiveness analysis was performed by a lifetime microsimulation model comparing belimumab to standard of care (SoC). Organizational and ethical implications were discussed. Results. Literature review showed that SLE affects 47 per 100,000 people for a total of 28,500 patients in Italy, 50% of whom are affected by active form of the disease despite SoC. These patients, if autoantibodies and anti-dsDNA positive with low complement, are eligible for belimumab. SLE determines work disability and a 2-5-fold increase in mortality. Belimumab with SoC may prevent 4,742 flares in three years being cost-effective with an incremental costeffectiveness ratio of C32,859 per quality adjusted life year gained. From the organizational perspective, the development of clear and comprehensive clinical pathways is crucial. Conclusions. The assessment supports the use of belimumab into the SLE treatment paradigm in Italy

    Qualit\ue0 di vita e priorit\ue0 di assistenza, in L\u2019impiego di belimumab nel Lupus Eritematoso Sistemico: risultati di una valutazione di HTA

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    Contenuti: analisi della qualit\ue0 di vita (QoL - Quality of Life), del bisogno di salute e delle priorit\ue0 di assistenza per i pazienti affetti da LES, rilevati a seguito di valutazioni rispetto alla situazione attuale in Italia nella presa in carico del paziente e nella cura della patologia. Punti chiave: \u2022 i pazienti affetti da LES, soprattutto in fase di attivit\ue0 di malattia, presentano uno stato funzionale abitualmente compromesso rispetto alla popolazione generale e una diminuzione della QoL non solo nella sfera della funzionalit\ue0 fisica ma anche in quella emotiva; \u2022 la riduzione dell\u2019HR-QoL (Health Related-Quality of Life) dei pazienti affetti da LES \ue8 comparabile a quella di malattie gravi come l\u2019AIDS o altre malattie croniche quali l\u2019artrite reumatoide, l\u2019ipertensione, lo scompenso cardiaco congestizio, il diabete mellito e l\u2019infarto del miocardio; \u2022 gli studi finora disponibili sull\u2019impatto di belimumab sulla QoL evidenziano un miglioramento significativo rispetto al gruppo di controllo a conferma dell\u2019effetto positivo del farmaco sulle diverse dimensioni dell\u2019HR-QoL; \u2022 si riscontra una difficolt\ue0 nella diagnosi del LES, spesso tardiva, in buona parte dovuta all\u2019esordio insidioso della malattia; \u2022 i pazienti affetti da LES hanno frequentemente bisogno della consulenza e della collaborazione attiva di pi\uf9 specialisti (reumatologi, internisti, nefrologi, immunologi e dermatologi) resa difficoltosa dalla bassa prevalenza della malattia, dalla diagnosi tardiva, dalla forte disomogeneit\ue0 inter- e intra-regionale nell\u2019accesso alle nuove terapie, specie se infusionali, e dalla mancanza di Percorsi Diagnostici Terapeutici Assistenziali (PDTA) specifici per i malati di LES; \u2022 da un\u2019indagine condotta nel 2011 in Italia \ue8 risultato che 1 centro ospedaliero su 4 tratta il LES; solo nel 55% dei centri che trattano il LES sono praticate terapie infusionali con farmaci biologici comunemente utilizzati nel trattamento di altre patologie; \u2022 la complessit\ue0 della presa in carico del paziente e l\u2019utilizzo di farmaci in modalit\ue0 off-label fanno emergere un bisogno di salute che mette ancor pi\uf9 in difficolt\ue0 il paziente affetto da LES; \u2022 in questo contesto, belimumab aiuterebbe a colmare il gap terapeutico per questa patologia, apportando un valore aggiunto in termini di offerta di trattamenti appropriati e miglioramento della QoL

    Behavioural addictions in adolescents and young adults: results from a prevalence study.

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    Our study aims to assess the prevalence of behavioural addictions in an adolescent population, evaluating the effects of gender and age, and to assess the correlations among different behavioural addictions. 2853 high school students were assessed in order to evaluate the prevalence of behavioural addictions such as Pathological Gambling (PG), Compulsive Buying (CB), Exercise Addiction (EA), Internet Addiction (IA), and Work Addiction (WA), in a population of Italian adolescents. The South Oaks Gambling Screen- Revised Adolescent (SOGS-RA), the Compulsive Buying Scale (CBS), the Exercise Addiction Inventory (EAI), the Internet Addiction Test (IAT), and the Work Addiction Risk Test (WART), were compiled anonymously by the students. Overall prevalence was 7.0% for PG, 11.3% for CB, 1.2% for IA, 7.6% for WA, 8.5% for EA. PG and EA were more common among boys, while gender had no effect on the other conditions. CB was more common among younger (8 years old) students. The scores of all of these scales were significantly correlated. The strong correlation among different addictive behaviours is in line with the hypothesis of a common psychopathological dimension underlying these phenomena. Further studies are needed to assess personality traits and other clinical disorders associated with these problems behaviours

    Il reprocessing \ue8 una procedura sicura prima del primo riutilizzo dei broncoscopi?: Uno studio cross-sectional in un Ospedale Universitario Romano

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    OBIETTIVI: L\u2019incidenza di infezioni associate all\u2019uso degli endoscopi \ue8 oggi ritenuta estremamente rara (1 su 1.800.000 procedure, pari allo 0,000056%).Tuttavia, quasi tutte le infezioni trasmesse al paziente in seguito ad un esame endoscopico si verificano a causa di un difetto delle procedure di pulizia e disinfezione dello strumento. Sulla base di quanto affermato da diversi autori, il reprocessing degli endoscopi potrebbe non essere necessario per periodi di non utilizzo fino a due settimane in caso di corretta disinfezione e stoccaggio. L\u2019obiettivo del nostro studio \ue8 quello di valutare l\u2019effettiva utilit\ue0 delle procedure di reprocessing dei broncoscopi flessibili dopo un periodo di stoccaggio e prima del loro primo riutilizzo. Materiali e metodi E\u2019 stato effettuato uno studio cross-sectional da Luglio 2007 a Marzo 2011 per valutare la qualit\ue0 degli outcome microbiologici delle procedure di reprocessing manuale ed automatico utilizzate nell\u2019Unit\ue0 Operativa di Broncoscopia di un Policlinico Universitario romano. Con frequenza trimestrale (Gennaio, Aprile, Luglio, Ottobre) sono stati esaminati da 1 a 10 broncoscopi (a seconda del numero di strumenti attivi) raccogliendo campioni di liquido dagli strumenti disinfettati e conservati dopo l\u2019uso. Le metodiche di campionamento e analisi microbiologiche utilizzate sono quelle contenute nelle linee guida ESGE\u2013ESGENA del 2007. Per ciascun broncoscopio sono stati effettuati prelievi prima e dopo il reprocessing. Il test del chi quadro, nella versione esatta di Fisher, \ue8 stato utilizzato per valutare la presenza di differenze statisticamente significative nella frequenza di contaminazione prima e dopo il reprocessing. RISULTATI: Sono stati analizzati 118 campioni. Un solo campione \ue8 risultato contaminato prima del reprocessing e due successivamente. ll test del chi-quadro ha evidenziato l\u2019assenza di differenze statisticamente significative nel numero dei campioni contaminati prima e dopo il reprocessing (p=0.500). CONCLUSIONI: Il nostro studio conferma che il reprocessing dei broncoscopi subito prima del loro primo riutilizzo non rappresenta una metodica utile al fine di prevenire eventuali rischi d\u2019infezione legati ad un esame endoscopico, ma anzi potrebbe determinarne la contaminazione, oltre ad incidere sui costi. Per una gestione corretta degli stessi, indicazioni omnicomprensive possono essere fornite dalle linee guida ESGE

    Il vaccino pneumococcico 13-valente per la prevenzione delle infezioni da S. pneumoniae in et\ue0 adulta: una valutazione di HTA

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    In linea con la crescente importanza data alla prevenzione, nei Paesi sviluppati \ue8 oggi sempre pi\uf9 avvertita la necessit\ue0 di mettere a punto strategie efficaci per un\u2019adeguata profilassi vaccinale della popolazione adulta al pari di quella pediatrica, in considerazione anche delle attuali variazioni dei trend demografici. Tra le vaccinazioni di particolare interesse per la popolazione adulta/anziana, quella antipneumococcica riveste, sicuramente, un ruolo di rilevanza primaria. In relazione al carico di malattia legato alle infezioni da S.Pneumoniae, appare pertanto opportuna una riflessione in merito alla necessit\ue0 di estendere il target della vaccinazione a tutta la popolazione over 50. L\u2019FDA ha approvato recentemente l\u2019uso del PCV13 per l\u2019immunizzazione attiva per la prevenzione della polmonite e delle malattie invasive anche nei soggetti adulti di et\ue0 6550 anni. In Italia la SItI raccomanda la somministrazione della vaccinazione antipneumococcica ai soggetti di qualsiasi et\ue0 a rischio di contrarre la malattia per la presenza di patologie o condizioni predisponenti; consiglia inoltre, l\u2019utilizzo, nei soggetti a rischio di et\ue0 compresa tra 59 mesi e 50 anni, di una dose iniziale di PCV13 seguita a distanza di almeno 2 mesi dalla somministrazione di vaccino polisaccaridico 23-valente, sottolineando l\u2019opportunit\ue0 di una somministrazione sequenziale dei due diversi tipi di vaccino, per ottenere una migliore risposta immunologica. Un ruolo chiave nella promozione della salute, attraverso l\u2019attuazione di piani vaccinali in et\ue0 non pediatrica \ue8 svolto dal MMG che, opportunamente formato, dovrebbe: - identificare le persone candidata ad essere vaccinate e promuovere attivamente la vaccinazione; - promuovere il counselling vaccinale; - somministrare il vaccino antinfluenzale e, nel corso della medesima campagna, valutare le idonee cosomministrazioni di altri vaccini indicati; - sviluppare un sistema di reminder e recall atto ad una facile identificazione e richiamo della popolazione selezionata; - sviluppare un\u2019 anagrafe vaccinale dei propri assistiti. Relativamente ai sistemi di sorveglianza e monitoraggio, in Europa si riscontra attualmente grande eterogeneit\ue0, sia per le modalit\ue0 di accertamento dei casi che per il tipo di informazioni raccolte; sarebbe pertanto auspicabile un sistema europeo di sorveglianza delle IPD, per facilitare il confronto dei tassi di incidenza di malattia tra i diversi Paesi. Un esempio di sistema di sorveglianza ben strutturato \ue8 il CAPNETZ tedesco, che ha creato un sistema organizzato in una rete orizzontale che integra le diverse componenti della ricerca medica e una rete verticale che sostiene la cooperazione tra medici generici, ospedali e universit\ue0. Oltre ai sistemi di sorveglianza delle malattie esiste, inoltre nei diversi Paesi, un flusso informativo relativo ai vaccini che permette il calcolo della copertura vaccinale attraverso la disponibilit\ue0 dei dati sulla popolazione bersaglio e sullo stato vaccinale. Per quanto riguarda invece la sorveglianza agli eventi avversi a vaccinazione, l\u2019obbligo della segnalazione compete a ciascun sanitario alla cui osservazione giungano pazienti con quadri clinico-anamnestici compatibili con una reazione a vaccino. Un altro aspetto da tenere in considerazione nel processo vaccinale \ue8 l\u2019acquisizione, anche solo verbale, del consenso informato, che deve essere raccolto assicurandosi della piena comprensione delle informazioni da parte del candidato alla vaccinazione e dichiarando la massima disponibilit\ue0 ad eventuali approfondimenti. Al fine inoltre di aumentare l\u2019adesione alla vaccinazione, \ue8 necessario intraprendere strategie che prevedano azioni di empowerment, consistenti in programmi di formazione ed educazione del cittadino, che andrebbe adeguatamente informato dei benefici individuali e collettivi garantiti dalla pratica vaccinale per poter sviluppare una cultura della prevenzione. Infatti, un programma di immunizzazione completo dovrebbe essere comprensivo anche di un piano di comunicazione atto a promuovere efficacemente le politiche vaccinali
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