571 research outputs found

    Lust for the Throne

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    The essay deals with analyzing the score of Macbeth, a masterpiece of Verdi's 'jail years', under the specific view of the relationship between the characters and power, a key to reading that draws powerful stimuli also from the Shakespearean play which is the source of the 'Oper

    Weißwurst vs Salami: Puccini and Strauss, Chronicle of a fruitful rivalry

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    Il contributo definisce, tramite lettere edite e inedite e l'analisi di alcune opere significative di Strauss e Puccini, il rapporto fra i due maggiori operisti europei a cavaliere fra Otto e Novecento

    Albert Carré’s Staging Manual for «Madama Butterfly» (1906)

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    Si tratta di una breve introduzione al livret de mise en scène di Madama Butterfly, pubblicato in traduzione ingles

    Mefistofele Triumphant – From the Ideal to the Real

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    Il saggio si concentra sulle due versioni (1868-1875) del Mefistofele di Boito, indagando sul rapporto con l'ipotesto (il Faust di Goethe). Arrigo Boito cercò di sfuggire alle convenzioni limitanti del melodramma contemporaneo per rivoluzionare l'opera italiana. Tuttavia, l'espressione più radicale di questo sforzo - Mefistofele, che debuttò alla Scala nel 1868 - non ha raggiunto il risultato desiderato. Nel rielaborare la partitura, il compositore tenne conto delle preoccupazioni pratiche, rendendo l'opera più piacevole per il pubblico tradizionale che richiedeva linee vocali melodiose e un ritmo drammatico più stretto ed efficace. La versione rivista venne rappresentata a Bologna nel 1875 e le successive revisioni segnarono una svolta importante: quella che era stata un'opera d'avanguardia entrò nel repertorio di tutti i maggiori teatri. Ripercorriamo il viaggio di Boito dal fiasco della prima al successo che ha cercato con grande determinazione, mettendo in evidenza il processo creativo che ha forgiato una nuova relazione tra poesia e musica, in seguito sfruttata da Verdi in collaborazione con il poeta, in particolare per Falstaff.Arrigo Boito sought to escape the limiting conventions of contemporary melodrama in order to revolutionize Italian opera. However, the most radical expression of that effort – Mefistofele, which premiered at La Scala, 1868 – did not attain the desired result. In reworking the score the composer took practical concerns into account, making the opera more pleasing to the mainstream audiences who demanded melodious vocal lines and a tighter and more effective dramatic pace. The revised version staged in Bologna in 1875 and the subsequent revivals marked an important turning point: what had been an avant-garde work now entered into the repertoire of all the major theaters. I retrace Boito’s journey from the setback of the premiere to the success on which he sought with great diligence, highlighting the creative process that forged a new relationship between poetry and music, which Verdi later exploited in his collaboration with the poet, especially in Falstaff

    Non-paraxial design and fabrication of a compact OAM sorter in the telecom infrared

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    A novel optical device is designed and fabricated in order to overcome the limits of the traditional sorter based on log-pol optical transformation for the demultiplexing of optical beams carrying orbital angular momentum (OAM). The proposed configuration simplifies the alignment procedure and significantly improves the compactness and miniaturization level of the optical architecture. Since the device requires to operate beyond the paraxial approximation, a rigorous formulation of transformation optics in the non-paraxial regime has been developed and applied. The sample has been fabricated as 256-level phase-only diffractive optics with high-resolution electron-beam lithography, and tested for the demultiplexing of OAM beams at the telecom wavelength of 1310 nm. The designed sorter can find promising applications in next-generation optical platforms for mode-division multiplexing based on OAM modes both for free-space and multi-mode fiber transmission.Comment: 12 pages, 8 figure

    A new interpretation of the period-luminosity sequences of long-period variables

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    Period-luminosity (PL) sequences of long period variables (LPVs) are commonly interpreted as different pulsation modes, but there is disagreement on the modal assignment. Here, we re-examine the observed PL sequences in the Large Magellanic Cloud, including the sequence of long secondary periods (LSPs), and their associated pulsation modes. Firstly, we theoretically model the sequences using linear, radial, non-adiabatic pulsation models and a population synthesis model of the LMC red giants. Then, we use a semi-empirical approach to assign modes to the pulsation sequences by exploiting observed multi-mode pulsators. As a result of the combined approaches, we consistently find that sequences B and C′^{\prime} both correspond to first overtone pulsation, although there are some fundamental mode pulsators at low luminosities on both sequences. The masses of these fundamental mode pulsators are larger at a given luminosity than the mass of the first overtone pulsators. These two sequences B and C′^{\prime} are separated by a small period interval in which large amplitude pulsation in a long secondary period (sequence D variability) occurs, meaning that the first overtone pulsation is not seen as the primary mode of pulsation. Observationally, this leads to the splitting of the first overtone pulsation sequence into the two observed sequences B and C′^{\prime}. Our two independent examinations also show that sequences A′^{\prime}, A and C correspond to third overtone, second overtone and fundamental mode pulsation, respectively.Comment: 10 pages, 7 figures, accepted for publication in Ap

    Mahler, Puccini, Janácek e «Otello»

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    Si presentano in questo breve scritto alcuni passi avanti di una ricerca scientifica dedicata all'intertestualità nel teatro d'opera dell'Ottocento, con il commento di alcune citazioni d'autore rivolte a Otello

    «La cambiale di matrimonio», libretto e guida all’opera

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    Si pubblica il libretto della prima assoluta della farsa di Rossini La cambiale di matrimonio, raffrontato a diverse fonti della partitura (manca l'autografo)

    Igor Stravinskij, «The Rake’s Progress»

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    Tom Rakewell, arricchitosi inopinatamente, si diverte in un bordello grazie ai buoni uffici della sua ‘ombra’ Nick Shadow (siamo nel secondo quadro dell’atto iniziale), quando una pendola a cucù batte i dodici colpi della mezzanotte, perfettamente sincronizzata su un arpeggio discendente di dodici note ripartito fra trombe e fagotti, mentre oboi, flauti e clarinetti, e infine i corni, si raggrumano in un accordo di cinque suoni. Dodici note: è l’ora del diavolo che suona, perché poco prima l’orologio stava per battere l’una, interrompendo le orge del ‘libertino’. È bastato un gesto imperioso di Shadow per riportare indietro le lancette: «The hours obey your pleasure». Il dado è tratto: Nick porterà per mano il nostro povero eroe sprofondandolo in un percorso di disintegrazione fino alla scena seconda e penultima dell’atto conclusivo, ambientata in un cimitero ch’è riferimento intertestuale scoperto di grande pregnanza rivolto alla fine dell’eroe in Don Giovanni. Ma il nostro, in qualche maniera, si riscatta e dunque si salva: una campana da fuori scena inizia a battere la mezzanotte, e anche stavolta è l’ora del diavolo. Shadow-Belzebù reclama l’anima dell’uomo che ha servito a puntino sin qui per un anno e un giorno, ma una volta giunto al nono rintocco ferma con un gesto secco la campana e concede una chance a Tom, che vince di slancio una partita a carte dov’è in palio la sua vita evocando l’amata Anne. Il tempo rallenta, con effetto straordinario, mettendo a fuoco gli ultimi tre rintocchi per ognuna delle carte che vengono estratte dal mazzo: dodici Fa, nove più tre, scolpiscono un’invenzione drammatica potente che traccia l’arco della vicenda, dall’inizio della peripezia fino alla catastrofe. Il cammino del nostro debole eroe è ricco di allusioni intertestuali, che si dipanano in tutte le direzioni, e la scadenza della mezzanotte sancita dalle campane ne richiama tante altre, da quelle del Faust di Busoni e Marlowe (ma senza bronzi), ai dodici rintocchi della strega evocata da Ferrando nel Trovatore, a quelli dell’ultimo quadro di Falstaff (anch’essi sul Fa, ma con armonie magicamente cangianti). Peraltro il passo sopra citato contiene un riferimento che merita attenzione. Sul tempo forte della terza battuta, infatti, risuona un accordo di cinque suoni dove la nona, Do, si trova sotto alla fondamentale Si bemolle: la situazione armonica ‘irregolare’ è famosa perché Schönberg l’aveva descritta nel suo Harmonielehre a proposito del sestetto Verklärte Nacht, dove aveva usato un accordo di nona in quarto rivolto che gli era costato l’esclusione del meraviglioso sestetto da un programma di concerto del Tonkünstlerverein di Vienna. Naturalmente Stravinskij non ha citato Schönberg di proposito, ma la coincidenza fra i due passaggi è in ogni caso significativa, anche se fosse dovuta solo a un ricordo inconscio (Stravinskij, tuttavia, era fra le orecchie più lucide di ogni tempo, vigili sino al minimo dettaglio). Due anni prima del Rake’s Schönberg era stato contrapposto a Stravinskij da Theodor Wiesengrund Adorno, nella Philosophie der neuen Musik (1949), che assegnava all’austriaco il ruolo del progressista e al russo quello del reazionario. Un’opposizione infelice, a sua volta recepita infelicemente dalla critica successiva, e nodo gordiano dal quale ci siamo oggi districati, per fortuna. Nel saggio iniziale di questo volume, Luca Fontana illustra brillantemente il lavoro dei tre autori dell’opera, e mette nel giusto rilievo il ruolo di Auden e Kallman, in un incrocio di ‘maniere’ con Stravinskij ch’è chiave ermeneutica più proficua dei cozzi estetici adorniani. Adriana Guarnieri sceglie sei recensioni fra quelle apparse all’indomani della première veneziana – fra le quali emerge l’articolo di Emilia Zanetti, a mio avviso –, e le commenta con acume. Chiude la sezione iniziale una breve ma significativa intervista al regista della produzione che va ora in scena alla Fenice sessantatré anni dopo quella – in prima assoluta – diretta dall’autore, nella quale Damiano Michieletto coglie un importante tratto drammaturgico nella costellazione dei personaggi del Rake’s Progress, che chiarisce la differenza sostanziale tra i due ‘libertini’ Tom e Don Giovanni: «Don Giovanni oltre a essere libertino, ha in sé una parte diabolica che porta tutto all’estremo e all’esasperazione e gioca con gli altri personaggi, così come fa Nick Shadow» (del resto, come sottolinea Luca Fontana, più che con «libertino» rake andrebbe tradotto con «puttaniere», «incauto» e «spendaccione»). Dopo Elegy for Young Lovers pubblichiamo in questo volume un altro capolavoro sommo della librettistica novecentesca, con l’esaustiva guida all’opera di Emanuele Bonomi (autore di una bibliografia particolarmente imponente), in un’impaginazione allineata con le norme della poesia inglese, costata anche stavolta molto tempo alla nostra redazione. Credo che ne sia valsa la pena, e che sia doveroso rendere onore al talento drammatico e formale di Kallman e Auden. Del quale do volentieri un’ultima prova citando un bigliettino che Auden, novello Boito con Verdi, inviò in francese a Stravinskij mentre lavorava al libretto: Promemoria. Atto I, sc. I. Credo che sarebbe meglio se a morire fosse uno zio sconosciuto all’eroe invece del padre, perché così la ricchezza giungerebbe del tutto imprevista, e l’aura pastorale non verrebbe interrotta dal dolore, ma solamente dalla presenza sinistra del vilain [Shadow] [...]. P.S. Non so dirle che piacere è per me collaborare con lei. Temevo tanto che lei fosse una prima donna
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