121 research outputs found
Understanding the Psychophysiological Mechanisms Underlying Context-Dependent Gains and Losses Among Smokers
https://openworks.mdanderson.org/sumexp21/1181/thumbnail.jp
Neuroaffective Reactivity Profiles Are Associated With Vulnerability to E-cigarette Use
BACKGROUND: We tested whether neuroaffective responses to motivationally salient stimuli are associated with vulnerability to cue-induced e-cigarette use in e-cigarette naïve adults who smoke daily. We hypothesized that individuals with stronger neuroaffective responses to nicotine-related cues than to pleasant stimuli (the C\u3eP reactivity profile) would be more vulnerable to cue-induced nicotine self-administration than individuals with stronger neuroaffective responses to pleasant stimuli than to nicotine-related cues (the P\u3eC reactivity profile).
METHODS: We used event-related potentials (ERPs, a direct measure of cortical activity) to measure neuroaffective reactivity to pleasant, unpleasant, neutral, and nicotine-related cues indicating the opportunity to use an e-cigarette in 36 participants. For each picture category, we computed the amplitude of the late positive potential (LPP), a robust index of motivational salience. To identify each individual\u27s neuroaffective reactivity profile we applied k-means cluster analysis on the LPP responses. We compared the e-cigarette use frequency across profiles using quantile regression for counts.
RESULTS: K-means cluster analysis assigned 18 participants to the C\u3eP profile and 18 participants to the P\u3eC profile. Individuals with the C\u3eP neuroaffective profile used the e-cigarette significantly more often than those with the P\u3eC profile. Significant differences in the number of puffs persisted across different quantiles.
CONCLUSIONS: These results support the hypothesis that individual differences in the tendency to attribute motivational salience to drug-related cues underlie vulnerability to cue-induced drug self-administration. Targeting the neuroaffective profiles that we identified with tailored treatments could improve clinical outcomes
SONNO E ATTENZIONE. EFFETTI DELLA RIDUZIONE DI SONNO SULL'ORIENTAMENTO DELL'ATTENZIONE NELLO SPAZIO
2001/2002Nonostante numerosi lavori abbiano messo in evidenza come l'attenzione debba essere considerata un costrutto multidimensionale (Mirsky et al., 1991; Posner and Petersen, 1990), spesso non meglio specificati deficit attentivi vengono considerati, dagli ipnologi, la causa principale del declino nelle performance dei soggetti in debito di sonno (Dinges, 1992). Allo scopo di chiarire meglio la natura degli effetti esercitati dalla riduzione del tempo di sonno sono stati condotti quattro esperimenti in cui, accanto al livello di attivazione (misurato attraverso il simple reaction time task), è stata valutata anche l'efficienza dei l meccanismi coinvolti nell'orientamento dell'attenzione nello spazio utilizzando i risultati ottenuti al cued reaction time task (paradigma di Posner; Posner, 1980). Questo compito prevede che al soggetto impegnato nell'esecuzione della prova (rispondere il più rapidamente possibile all'apparizione di un semplice stimolo visivo) vengano forniti dei suggerimenti riguardo la posizione di probabile comparsa degli stimoli target. I suggerimenti fomiti possono essere corretti (prove valide), errati (prove invalide) o non informativi (prove neutre). I tempi di reazione variano in funzione della correttezza del suggerimento fornito (i tempi di reazione alle prove valide risultano significativamente più veloci rispetto ai tempi di reazione alle prove neutre, mentre i tempi di reazione alle prove invalide sono significativamente più lenti rispetto alle prove neutre). Al primo esperimento hanno preso parte 14 soggetti che, dopo una notte di adattamento al laboratorio e un periodo dedicato all'apprendimento dei test, sono stati sottoposti a due condizioni sperimentali: Baseline e Riduzione di Sonno. Nella notte di baseline sono state concesse ai soggetti 8 ore di sonno (dalle 00.00 alle 8.00), mentre nella notte di riduzione sono state concesse circa 3 ore di sonno (dalle 00.00 alle 3.00). Le giornate che seguivano le notti erano dedicate all'acquisizione dei dati. Le caratteristiche del sonno dei soggetti sono state valutate per mezzo di una polisonnografia standard (EEG, EOG; EMG). Nelle giornate che seguivano ciascuna notte trascorsa presso il laboratorio, a orari predeterminati (8, 11, 14, 17, 20, 23), sono state effettuate le sessioni di misurazione necessarie per l'acquisizione dei dati sperimentali. Ogni sessione prevedeva l'esecuzione del Simple Reaction Time Task come misura comportamentale di arousal e l'esecuzione del Cued Reaction Time Task allo scopo di valutare l'efficienza dell'orientamento attentivo. I risultati hanno messo in evidenza come la diminuzione significativa del livello di attivazione, dimostrata dall'incremento delle latenze di risposta nel compito di tempi di reazione semplici in seguito alla notte di riduzione di sonno, provocasse nel compito di orientamento spaziale un aumento delle latenze di risposta solo in seguito alla somministrazione di un suggerimento invalido. Adottando il modello di Posner e Petersen ( 1990) questo risultato potrebbe essere attribuito ad un effetto specifico della riduzione di sonno a carico della operazione del disancoraggio. Alla luce del modello proposto da LaBerge (1995), invece, i dati ottenuti potrebbero essere interpretati come una conseguenza della riduzione delle risorse attentive disponibili nelle posizioni disattese in seguito alla diminuzione del tempo di sonno. Allo scopo di discriminare tra queste due ipotesi interpretative è stato messo a punto un compito di orientamento spaziale caratterizzato dalla presenza di due diversi tipi di prova invalida (nelle prove invalide la posizione di comparsa del target distava dalla posizione di comparsa del cue 12° oppure 6° di angolo visivo). I dati ottenuti nel secondo esperimento, a cui hanno preso parte 43 soggetti, hanno dimostrato l'adeguatezza del compito messo a punto nell'evidenziare in modo affidabile gli effetti sui tempi di reazione dell'orientamento dell'attenzione nello spazio confermando, inoltre, l'ipotesi che lo spostamento del fuoco dell'attenzione nello spazio venga effettuato a tempo costante. Il terzo esperimento condotto prevedeva, accanto alle condizioni di baseline e di sonno ridotto, una terza condizione sperimentale caratterizzata dalla deprivazione totale di sonno. Ciascuna condizione era composta da due notti, da trascorrere presso il laboratorio del sonno, e da due giornate dedicate all'acquisizione dei dati. Nella prima notte di tutte le tre condizioni sperimentali i soggetti potevano dormire 8 ore (dalle 00.00 alle 8.00), mentre la seconda notte potevano essere concesse 8 ore di sonno (Condizione di Baseline, dalle 00.00 alle 8.00), oppure 2.5 ore di sonno (condizione di Riduzione, dalle 5.30 alle 8.00) oppure non era concessa la possibilità di dormire (condizione di Deprivazione). Le tre condizioni sperimentali erano separate da un intervallo di una settimana e sono state presentate in ordine controbilanciato tra i soggetti. Nel corso delle notti trascorse in laboratorio è stata effettuata una polisonnografia standard (EEG, EOG; EMG) che ha confermato l'equivalenza delle tre condizioni sperimentali per quanto riguarda le caratteristiche fisiologiche del sonno dei soggetti nel corso della prima · notte sperimentale. Nelle giornate che seguivano ciascuna notte passata presso il laboratorio, a orari predeterminati (8, 11, 14, 17, 20, 23) sono state effettuate le sessioni di misurazione necessarie per l'acquisizione dei dati sperimentali. Ogni sessione prevedeva l'esecuzione del Simple Reaction Time Task (come misura comportamentale di arousal) e l'esecuzione del test di orientamento spaziale messo a punto nell'esperimento precedente (allo scopo di valutare l'efficienza dell'orientamento attentivo). All'esperimento hanno partecipato 16 soggetti. Sia il modello di Posner e Petersen (1990) sia il modello di LaBerge (1995) prevedono che solo i tempi di reazione ottenuti in corrispondenza delle prove invalide subiscano un incremento significativo in seguito alla riduzione parziale di sonno. Per la condizione di deprivazione totale di sonno, invece, adottando il modello di Posner e Petersen (1990) è possibile ipotizzare un ulteriore incremento dei tempi di reazione alle prove invalide, mentre il modello di LaBerge (1995) prevede, accanto all'incremento dei tempi di reazione alle prove invalide, anche un aumento delle latenze di risposta in corrispondenza delle prova valide. I risultati ottenuti nella condizione di riduzione di sonno hanno confermato quanto osservato nel primo esperimento: nonostante il decremento significativo delle prestazioni rilevato nel compito di tempi di reazione semplici, nel compito di orientamento spaziale solo i tempi di reazione alle prove invalide sono risultati significativamente più lenti in seguito alla riduzione del tempo di sonno. I dati raccolti nella condizione di deprivazione totale di sonno, però, non hanno consentito di discriminare tra le due ipotesi avanzate precedentemente: il tasso di errore significativamente più elevato registrato nelle sessioni che seguivano la notte insonne rispetto alle sessioni che la precedevano ha impedito di interpretare i dati raccolti in modo affidabile. Alla luce di questo risultato è stato messo a punto il quarto esperimento in cui l'effetto esercitato dalla riduzione del tempo di sonno sullo spostamento dell'attenzione nello spazio è stato valutato per mezzo del compito di orientamento spaziale utilizzato nel primo esperimento, ma, allo scopo di discriminare tra le due ipotesi avanzate in precedenza (aumento del tempo necessario per effettuare il disancoraggio della attenzione vs. riduzione delle risorse attentive), è stato ridotto l'intervallo tra la presentazione del suggerimento e la presentazione dello stimolo target (SOA) portandolo da 600 a 150 millisecondi. L'esperimento, dopo una notte di adattamento al laboratorio, prevedeva una condizione di baseline (8 ore di sonno) e una condizione di riduzione di sonno (2.5 ore di sonno). Anche in questo caso nel corso delle notti è stata effettuata una polisonnografia standard (EEG, EOG; EMG). Nelle giornate che seguivano ciascuna notte trascorsa presso il laboratorio, a orari predeterminati (8, 11, 14, 17, 20, 23) sono state effettuate le sessioni di misurazione necessarie per l'acquisizione dei dati sperimentali. Ali' esperimento hanno preso parte 8 soggetti. Le ipotesi prevedevano che se la riduzione di sonno avesse determinato un aumento del tempo necessario per effettuare l'operazione del disancoraggio, avremmo dovuto osservare un aumento dei tempi di reazione solo in corrispondenza delle prove invalide anche in seguito alla riduzione dell'SOA. Alternativamente, se la riduzione del tempo di sonno avesse determinato un abbassamento delle risorse attentive disponibili, allora, accanto all'aumento dei tempi di reazione in corrispondenza delle prove invalide, avremmo dovuto osservare anche un aumento dei tempi di reazione successivi alla somministrazione di suggerimenti validi. I risultati ottenuti in questo esperimento sembrano confermare le previsioni avanzate adottando il modello proposto da LaBerge (1995): dopo la riduzione del tempo di sonno accanto all'incremento significativo dei tempi di reazione che seguono la somministrazione di suggerimenti invalidi, è stato possibile osservare un aumento delle latenze di risposta anche alle prove valide. Globalmente i risultati ottenuti in questi esperimenti indicano che, a differenza di quanto solitamente ipotizzato in letteratura, la riduzione di sonno non solo provoca una riduzione aspecifica del livello di allerta, ma è anche in grado di alterare in modo significativo i processi connessi all'orientamento dell'attenzione nello spazio.XIV Ciclo1972Versione digitalizzata della tesi di dottorato cartacea
Individual Differences in Late Positive Potential Amplitude and Theta Power Predict Cue-Induced Eating
Cue-induced reward-seeking behaviors are regulated by both the affective and cognitive control systems of the brain. This study aimed at investigating how individual differences in affective and cognitive responses to cues predicting food rewards contribute to the regulation of cue-induced eating. We recorded electroencephalogram (EEG) from 59 adults while they viewed emotional and food-related images that preceded the delivery of food rewards (candies) or non-food objects (beads). We measured the amplitude of the late positive potential (LPP) in response to a variety of motivationally relevant images and power in the theta (4-8 Hz) frequency band after candies or beads were dispensed to the participants. We found that individuals with larger LPP responses to food images than to pleasant images (C\u3eP group) ate significantly more during the experiment than those with the opposite response pattern (P\u3eC group
Towards Neuromarkers for Tailored Smoking Cessation Treatments
Vulnerability to compulsive drug use stems from dysregulated activity within the neural networks that underlie reward and executive functions. Empirical evidence suggests that a) attributing high motivational salience to drug-related stimuli leads to compulsive drug seeking and b) cognitive control deficits lead to compulsive drug taking. Noninvasive neuroimaging techniques enable brain activity monitoring during affective and cognitive processing and are paving the way to precision medicine for substance use disorders. Identifying robust neuromarkers of affective and cognitive dysregulation would allow clinicians to personalize treatments by targeting individual psychophysiological vulnerabilities. However, methodological choices have biased the field toward experimental paradigms that cannot optimally assess individual differences in the motivational salience of drug-related cues and in the ability to control drug-related decisions, choices which have hindered the identification of clinically relevant neuromarkers. Here, we show that once these shortcomings are amended, replicable neuromarkers of the tendency to attribute motivational salience to drug-related cues and the ability to control drug-related decisions emerge. While we use tobacco use disorder as a model, we also show that the methodological issues highlighted here are relevant to other disorders characterized by maladaptive appetitive behaviors
Electrophysiological Normative Responses to Emotional, Neutral, and Cigarette-Related Images
To create reproducible emotional probes, affective scientists rely on sets of standardized pictures that are normed using subjective ratings of valence and emotional arousal. However, when emotional responses are investigated using neurophysiological measures, it might be more appropriate to select pictures integrating information from normative subjective reports and normative neurophysiological responses. Here, we provide electrophysiological normative responses for 323 emotional pictures (215 from the IAPS) covering a wide range of categories (erotica, romantic, appetizing foods, landscapes, people engaged in mundane activities, household objects, disgusting objects, accidents, sad people, violence, mutilations, and cigarette-related contents). Event-related potentials (ERPs) and subjective ratings of pleasure and emotional arousal were collected from 763 individuals (52% females, 41% white) aged between 18 and 65 (mean = 43). For each image, the mean amplitude of the late positive potential (LPP, an electrophysiological index of motivational relevance) and the mean subjective ratings of valence and arousal were calculated. We validated our procedure by showing that the subjective ratings of valence and arousal from this sample were highly correlated to the IAPS\u27 published norms (Pearson r = .97 for pleasure and r = .82 for emotional arousal). LPP responses and subjective ratings of emotional arousal also were correlated (Pearson r = .61), but some categories reported being significantly more arousing than neutral (i.e., food, landscapes, and unpleasant objects) did not evoke LPPs significantly different from those evoked by neutral pictures. Researchers interested in probing the brain\u27s affective systems can use these electrophysiological normative responses to create emotional probes that evoke reliable neuroaffective responses
Improved Data Quality and Statistical Power of Trial-Level Event-Related Potentials With Bayesian Random-Shift Gaussian Processes
Studies of cognitive processes via electroencephalogram (EEG) recordings often analyze group-level event-related potentials (ERPs) averaged over multiple subjects and trials. This averaging procedure can obscure scientifically relevant variability across subjects and trials, but has been necessary due to the difficulties posed by inference of trial-level ERPs. We introduce the Bayesian Random Phase-Amplitude Gaussian Process (RPAGP) model, for inference of trial-level amplitude, latency, and ERP waveforms. We apply RPAGP to data from a study of ERP responses to emotionally arousing images. The model estimates of trial-specific signals are shown to greatly improve statistical power in detecting significant differences in experimental conditions compared to existing methods. Our results suggest that replacing the observed data with the de-noised RPAGP predictions can potentially improve the sensitivity and accuracy of many of the existing ERP analysis pipelines
Bayesian Function-on-Function Regression for Multilevel Functional Data
Medical and public health research increasingly involves the collection of complex and high dimensional data. In particular, functional data—where the unit of observation is a curve or set of curves that are finely sampled over a grid—is frequently obtained. Moreover, researchers often sample multiple curves per person resulting in repeated functional measures. A common question is how to analyze the relationship between two functional variables. We propose a general function-on-function regression model for repeatedly sampled functional data on a fine grid, presenting a simple model as well as a more extensive mixed model framework, and introducing various functional Bayesian inferential procedures that account for multiple testing. We examine these models via simulation and a data analysis with data from a study that used event-related potentials to examine how the brain processes various types of images
Impact of psychosocial, behavioral and lifestyle factors on subjective cognitive complaints and perceived quality of life in a large cohort of Italian breast cancer patients
The impact of psychosocial and behavioral factors on Cancer Related Cognitive Impairment manifestations is still under debate. Study’s purpose is
to determine the prevalence rate of cancer related cognitive impairment in a cohort of Italian breast cancer patients and to evaluate the implication of specific behavioral factors. For these purposes, a total of 233 women (106 breast cancer patients and 127 age-matched controls without oncological diagnosis) completed a questionnaire investigating cognitive functionality (FACT-Cog v3.0), sociodemographic characteristics, clinical information, psychosocial and behavioral factors (cognitive reserve, sleep quality, dietary habits, physical activity). The results indicated a higher prevalence rate of subjective cognitive complaints in breast cancer patients (37%) compared to a representative sample of women in the same age group without an oncological diagnosis (p < 0.001). Moreover, breast cancer patients showed significantly lower levels of cognitive reserve (p < 0.05) and worse sleep quality (p < 0.01) compared to age-matched controls. Further analysis revealed that breast cancer patients reporting subjective cognitive complaints differed significantly from breast cancer patients without subjective cognitive complaints on measures of perceived cognitive abilities (p < 0.001) and on the impact of cognitive difficulties on perceived quality of life (p < 0.01). Future studies are needed to examine behavioral directed interventions to prevent subjective cognitive deficits in breast cancer patients
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