65 research outputs found

    Diagnosis of prostate cancer with magnetic resonance imaging in men treated with 5-alpha-reductase inhibitors

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    Purpose The primary aim of this study was to evaluate if exposure to 5-alpha-reductase inhibitors (5-ARIs) modifies the effect of MRI for the diagnosis of clinically significant Prostate Cancer (csPCa) (ISUP Gleason grade >= 2).Methods This study is a multicenter cohort study including patients undergoing prostate biopsy and MRI at 24 institutions between 2013 and 2022. Multivariable analysis predicting csPCa with an interaction term between 5-ARIs and PIRADS score was performed. Sensitivity, specificity, and negative (NPV) and positive (PPV) predictive values of MRI were compared in treated and untreated patients.Results 705 patients (9%) were treated with 5-ARIs [median age 69 years, Interquartile range (IQR): 65, 73; median PSA 6.3 ng/ml, IQR 4.0, 9.0; median prostate volume 53 ml, IQR 40, 72] and 6913 were 5-ARIs naive (age 66 years, IQR 60, 71; PSA 6.5 ng/ml, IQR 4.8, 9.0; prostate volume 50 ml, IQR 37, 65). MRI showed PIRADS 1-2, 3, 4, and 5 lesions in 141 (20%), 158 (22%), 258 (37%), and 148 (21%) patients treated with 5-ARIs, and 878 (13%), 1764 (25%), 2948 (43%), and 1323 (19%) of untreated patients (p < 0.0001). No difference was found in csPCa detection rates, but diagnosis of high-grade PCa (ISUP GG >= 3) was higher in treated patients (23% vs 19%, p = 0.013). We did not find any evidence of interaction between PIRADS score and 5-ARIs exposure in predicting csPCa. Sensitivity, specificity, PPV, and NPV of PIRADS >= 3 were 94%, 29%, 46%, and 88% in treated patients and 96%, 18%, 43%, and 88% in untreated patients, respectively.Conclusions Exposure to 5-ARIs does not affect the association of PIRADS score with csPCa. Higher rates of high-grade PCa were detected in treated patients, but most were clearly visible on MRI as PIRADS 4 and 5 lesions.Trial registration The present study was registered at ClinicalTrials.gov number: NCT05078359

    Obesity and Diabetes

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    Prevalence of diabetes was 8.3 % in 2013 and projections estimate that it will be 10.1 % in 2035. In 2013, 382 million people had diabetes; in 2035, they could be 592 million. The number of people with diabetes is increasing in every country. Almost half of the people with diabetes are undiagnosed. 5.1 million people died due to diabetes in 2013. During 2013, about US$ 548 billion were spent on health care for diabetes. Management of the disease is not optimal and does not reach many, perhaps the majority, of the people who could benefit. There is now extensive evidence on the optimal management of diabetes, offering the opportunity of improving the immediate and long-term quality of life of patients and avoiding complications which are major causes of early death in most countries. Several programs have been launched worldwide and they could help managers and clinicians for the prevention and management of the disease

    Patologia diabetica: il burden of disease, le policies, i programmi di gestione

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    Il “Diabete Mellito” (DM) rappresenta un gruppo di disturbi metabolici caratterizzati da iperglicemia. Il DM è attualmente classificato sulla base del meccanismo patogenetico che sottende alla sua insorgenza e le più importanti categorie comprendono il diabete di tipo 1 e il diabete di tipo 2 (DM1 e DM2). Il DM1, che rappresenta circa il 10% di tutti i casi di questa patologia, è anche conosciuto come DM Insulino-Dipendente ed è il risultato di effetti sinergici di fattori genetici, ambientali e immunologici, che determinano un processo autoimmunitario che porta a distruzione delle cellule ß del pancreas, con conseguente deficit insulinico. La malattia può colpire persone di ogni età ma solitamente si manifesta durante l’infanzia o l’adolescenza in quanto la massa di cellule ß dei soggetti con suscettibilità genetica è normale alla nascita, per poi ridursi in seguito a un processo autoimmune, innescato probabilmente da uno stimolo infettivo o ambientale, che avviene nell’arco di mesi o anni. Le manifestazioni cliniche di questa forma di diabete non si evidenziano fino a che circa l’80% delle cellule ß non venga distrutta e le cellule residue non sono in grado di mantenere la tolleranza glucidica. I soggetti con DM1, pertanto, necessitano di iniezioni di insulina a vita per vicariare la funzione pancreatica. Il DM2 è la forma più comune di diabete e rappresenta circa il 90% dei casi di questa malattia; con DM2 si intende un gruppo eterogeneo di alterazioni caratterizzate da gradi variabili di insulino-resistenza, alterata secrezione insulinica da parte del pancreas e aumentata produzione epatica di glucosio. Responsabile dell’insorgenza del DM2 è ritenuta l’interazione tra diversi fattori di rischio quali la familiarità, lo scarso esercizio fisico, il sovrappeso e l’appartenenza ad alcune etnie. La malattia si manifesta dopo i 30-40 anni e il suo riscontro è spesso casuale; si stima che la diagnosi clinica di DM2 sia mediamente preceduta da una fase asintomatica di circa 7 anni, durante i quali l’iperglicemia esercita effetti deleteri nei tessuti bersaglio, così che alla diagnosi clinica sono spesso già presenti le complicanze della malattia. Altre categorie di diabete includono il diabete gestazionale (una condizione di iperglicemia che si sviluppa durante la gravidanza) e altre cause rare (sindromi genetiche, processi acquisiti come pancreatite, malattie come la fibrosi cistica, esposizione a certe droghe, virus e cause sconosciute)

    Gestione nelle Regioni italiane delle coorti incluse nella vaccinazione; differenze tra l’Italia e i principali Paesi europei e non, in Rivalutazione della vaccinazione anti-HPV a 5 anni dalla sua introduzione. HTA 2.0

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    L\u2019infezione da Papilloma Virus Umano (HPV) \ue8 molto frequente nella popolazione femminile: si stima, infatti, che almeno il 75% delle donne sessualmente attive si infetti nel corso della propria vita con un virus HPV di qualunque tipo e che oltre il 50% si infetti con un tipo ad alto rischio oncogeno; tra questi, i sierotipi 16 e 18 sono responsabili di oltre il 70% dei casi di tumore della cervice uterina. Quest\u2019ultimo rappresenta il secondo tipo di tumore femminile pi\uf9 frequente, con circa 500.000 nuovi casi l\u2019anno e 250.000 decessi nel mondo, e risulta essere il primo tumore riconosciuto dall\u2019Organizzazione Mondiale della Sanit\ue0 (OMS) come totalmente riconducibile a un\u2019infezione, quella appunto da HPV. In Italia si verificano ogni anno circa 3500 nuovi casi di carcinoma della cervice uterina e 1000 decessi. Nell\u2019agosto 2006 l\u2019OMS ha pubblicato una guida per l\u2019introduzione dei vaccini anti-HPV, secondo cui le preadolescenti tra i 9 e i 13 anni di et\ue0 rappresentano il target primario, in quanto la vaccinazione a questa et\ue0 e prima dell\u2019inizio dei rapporti sessuali \ue8 particolarmente vantaggiosa perch\ue9 induce livelli di immunit\ue0 molto elevati prima di un eventuale contatto con HPV. La vaccinazione contro l\u2019HPV \ue8 diversa dalle altre incluse nel calendario vaccinale in quanto previene un\u2019infezione sessualmente trasmessa che pu\uf2 evolvere in cancro e anche il target \ue8 particolare perch\ue9 attualmente \ue8 raccomandata alle ragazze pre-adolescenti. La disponibilit\ue0 di questi vaccini, pertanto, costituisce un\u2019opportunit\ue0 di prevenzione fondamentale che deve tener inconsiderazione una serie di aspetti rilevanti quali: la durata dell\u2019efficacia e l\u2019eventuale necessit\ue0 di richiami nel tempo, l\u2019identificazione del target, in termini di et\ue0 e genere dei soggetti cui offrire la vaccinazione e la fattibilit\ue0 delle strategie vaccinali, tenendo conto delle implicazioni sociali di un vaccino contro una malattia a trasmissione sessuale rivolto alle adolescenti. Va inoltre sottolineato l\u2019impatto della vaccinazione antiHPV sulle politiche di screening: la vaccinazione, infatti, non previene la totalit\ue0 delle infezioni da HPV ad alto rischio ed \ue8 quindi necessario che le campagne di vaccinazione vadano ad affiancare le attivit\ue0 di screening organizzato, poich\ue9 i due interventi di prevenzione, primaria e secondaria, sono complementari

    Lo screening del tumore della cervice uterina in Italia dal 2007 ad oggi, in Rivalutazione della vaccinazione anti-HPV a 5 anni dalla sua introduzione. HTA 2.0

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    Le misure di prevenzione primaria nei confronti delle lesioni pre-cancerose HPV correlate sono rappresentate principalmente dalla vaccinazione, disponibile in Italia dal 2006 ed effettuabile preferibilmente in età adolescenziale, quando la malattia non è ancora insorta. Se la malattia è invece già presente, è comunque disponibile un importante strumento di prevenzione secondaria, rappresentato dallo screening. Lo scopo di quest’ultimo è quello di individuare il tumore in uno stadio molto precoce, in modo che sia possibile trattarlo in maniera efficace e ottenere di conseguenza un maggior numero di guarigioni e una riduzione del tasso di mortalità. Al tempo stesso, il panorama dello screening è in via di cambiamento: nuove tecnologie, come l’HPV-DNA Test, aprono infatti a innovative opportunità e modalità di effettuazione. Inoltre, la riduzione attesa delle lesioni cervicali nelle donne vaccinate potrà portare nel tempo a una modificazione strutturale di questi programmi. Nell’attesa di osservare tali cambiamenti, verranno descritti di seguito la situazione dei programmi di screening in Italia e i relativi dati riferiti al periodo 2007-2012 e, in conclusione, verrà presentata un’analisi critica dal punto di vista decisionale sull’introduzione del HPVDNA test come screening di elezione

    Aspetti organizzativi legati alla vaccinazione anti-HPV, in Rivalutazione della vaccinazione anti-HPV a 5 anni dalla sua introduzione. HTA 2.0

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    In ragione dei bassi tassi di copertura vaccinale finora raggiunti dalla maggior parte delle Regioni italiane, appare evidente la necessità di ripensare o riadattare una strategia globale contro il tumore della cervice, che è il vero obiettivo di salute. È fondamentale strutturare un piano a lungo termine teso ad un obiettivo (il carcinoma della cervice uterina appunto), che prevede una battaglia combattuta su diversi fronti (screening, educazione sanitaria, vaccinazione) e perseguita attraverso differenti tattiche (educazione delle mamme, delle bambine, vaccinazione coorte singola, multicoorte, screening citologico spontaneo od organizzato, ricerca HPV-DNA, ecc.). Pensare di ottenere il controllo della patologia combattendo solo sul fronte vaccinale, infatti, è una prospettiva illusoria

    La vaccinazione anti-HPV in Italia: copertura vaccinale – bilancio dopo 5 anni di vaccinazione, in Rivalutazione della vaccinazione anti-HPV a 5 anni dalla sua introduzione. HTA 2.0

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    Il successo di una campagna vaccinale dipende dalle coperture raggiunte. La copertura media nazionale per tre dosi di vaccino anti-HPV si attesta, per le coorti 1997, 1998 e 1999 intorno al 69%: non è stato quindi raggiunto l’obiettivo minimo (≥ 70%) prefissato dal Piano Nazionale della Prevenzione Vaccinale 2012-2014. C’è, inoltre, una grande disomogeneità nei livelli di copertura vaccinale a livello regionale: si passa dalle “virtuose” Toscana, Sardegna e Molise alle basse coperture della Provincia Autonoma di Bolzano e di Campania e Sicilia

    [How to evaluate the application of Clinical Governance tools in the management of hospitalized hyperglycemic patients: results of a multicentric study]

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    Risk management is a key tool in Clinical Governance. Our project aimed to define, share, apply and measure the impact of tools and methodologies for the continuous improvement of quality of care, especially in relation to the multi-disciplinary and integrated management of the hyperglycemic patient in hospital settings. A training project, coordinated by a scientific board of experts in diabetes and health management and an Expert Meeting with representatives of all the participating centers was launched in 2014. The project involved eight hospitals through the organization of meetings with five managers and 25 speakers, including diabetologists, internists, pharmacists and nurses. The analysis showed a wide variability in the adoption of tools and processes towards a comprehensive and coordinated management of hyperglycemic patients
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