94 research outputs found

    Douala (1884-1914). Urban history of a sub-Saharian city under the German Protectorate

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    This study will attempt to reconstruct the features and characters of the economic capital of Cameroon, in the period between the 1884 treaty, which turned the country into a German protectorate, and 1914, the year the allied contingent of English, French and Belgian troops occupied Douala, seizing the capital and the main port of the colony from the Reich. Douala, as a colonial phenomenon, is not a univocal and objective reality, even if as an urban reality – defined by irreconcilable contrasts and juxtapositions, lacking integration, organic ties and intermediate gradations – it tends to present itself as such. The most rigorous historical studies have highlighted the exemplary dimension of Douala, which has in fact been treated as a case-study to be used as an interpretative model for many other urban phenomena in black Africa, for sites similar not only in size, but above all for having been active centres of the colonisation processes carried out by Europeans on the continent. These processes, which can be viewed through a clear timeframe, have left clear traces in the landscape, probably more marked than the changes that occurred in the system of interhuman relations. Only a study conducted in a historical perspective can convey the richness of elements that contributed to the formation of the image of the city, eliciting the structural invariants, typical of the colonisation processes, and clarifying the general context that favoured its preservation over time

    Suono e Spettacolo. Athanasius Kircher, un percorso nelle Immagini sonore.

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    The Society of Jesus made great propaganda efforts throughout the seventeenth century and chose the images and the play as a privileged means to communicate and persuade. Athanasius Kircher, a key figure of the seventeenth century, he decided to dominate the wild nature of sound through Phonurgia Nova, which includes a gallery of powerful symbolic images for Baroque aesthetics. The essay, through the grant of the images from the Library of the Department of Mathematics "Guido Castelnuovo" Sapienza University of Rome, aims to understand, through the pictures offered by Kircher, the sound phenomenon and the spectacle that this produces. In Phonurgia Nova a process of dramatization sound effects takes place, often through machines and "visions" applied to the theatrical reality, as experimental and astonishing environment beloved in baroque. Kircher illustrates the sound through explanatory figures, so to dominate the sound through the eyes. Sound is seen, admired and represented: its spectacle not only takes place through the implementation of sound machines or the "wonders" applied to the theater, but even through images, creating create a sense of wonder in in the erudite person of the seventeenth century

    S. Vittore delle Chiuse

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    Due stabilimenti industriali aeronautici in Campania/Two aeronautical factories in Campania

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    LA PRODUZIONE SCIENTIFICA DELL’ICAR/18 NEL QUADRO EUROPEO E INTERNAZIONALE

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    The review of the products available on IRIS and published in foreign media during the reference period for this study, along with consequent reflections, have not only drawn an overall picture of the European and international periodicals identified in the review, but they have also resulted in more detailed interpretation. The national and European production of scientific works in the field of the history of architecture and of the city, of the territory and of the landscape, has brought to the fore, in recent years, two basic tendencies: on the one hand, a prevalent interest in the phenomena, protagonists and cultural movements of the last two centuries; on the other, almost as if to compensate for the limitation over time of historical reconstructions and criticism, a very wide variety of interests and themes. This perspective reiterates the age-old question that asks what, in Italy and especially in today’s Europe, is the purpose of historical architectural research and, above all, who are the main recipients of the contents and results of its activity. The answer to these questions should be able to provide those fundamental elements of judgment in order to understand, not only how scientific research is being structured in the historical field - and, more specifically, in the history of architecture -, but also which path European scientific policy has taken in this area

    Nitidi particolari: Gian Luigi Ban fotografo razionalista

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    L’occhio del fotografo cade ovunque, sulla cortina di case della moderna periferia, su singoli brani di architettura, su particolari di fontane monumentali, elementi decorativi, interni domestici e oggetti di arredo. È l’importante raccolta antologica di fotografie di Gian Luigi Banfi, riferibili al periodo compreso tra il 1938 e il 1942, presentata nella mostra a cura del figlio Giuliano, che le ha offerte al Sistema Bibliotecario e Documentale Archivio Progetti dell’Università IUAV di Venezia, e di Serena Maffioletti, coordinatrice del Comitato scientifico dell’Archivio. Le foto esposte, appartenenti al Fondo Julia e Gian Luigi Banfi, sono solo parte di un ricco patrimonio di immagini costituito da 2.200 negativi e numerosi provini, alcuni dei quali attentamente montati a mo’ di progetti di scena dallo stesso architetto. Con queste fotografie Banfi si ritaglia il tempo della verifica e dell’affinamento dei temi portanti della ricerca condotta dai BBPR, le cui basi teoriche e programmatiche sono tutte già poste in anni precedenti. L’osservazione intorno al linguaggio dell’architettura e del design occupa quindi un posto centrale nel corpo d’immagini da cui, tuttavia, non sono estranei confronti e rinvii sui lasciti della storia

    Alle origini della cultura del patrimonio

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    Patrimonio, una parola che evoca immagini e significati diversi ri- assumibili nell’idea di accumulo di testimonianze parte integre e fruibili parte in forma di resti emersi dal sottosuolo o di tradizioni tramandate di generazione in generazione con varie modalità. Si tratta in ogni caso di «cose portatrici del significato di testimo- nianze oggettive delle civiltà [...] con accezione intesa a dilatare quel significato oltre la specificità della qualificazione estetica delle singole cose»1. Sono in taluni casi tracce immateriali o ri- sorse custodite da privati proprietari ed enti pubblici ricorrendo a pratiche più o meno istituzionalizzate e sulla base di criteri di selezione, giudizi di valore e obiettivi molteplici

    Ibridazioni

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    Pur nella specificità degli argomenti, delle testimonianze e delle verifiche effettuate sulla realtà dei casi studio, i confini tradizionali della progettazione architettonica e dell’urbanistica, della storia dell’architettura e dell’interior design, in diversi e recenti lavori di tesi, sono incerti e ampiamente travalicati. Non è un caso che i settori scientifico-disciplinari di riferimento coprano solo in parte le relative aree di interesse tecnico, scientifico e culturale. Come nelle opere d’arte concettuale, questi lavori negano l’indipendenza della percezione visiva dal pensiero, ibridando discorsi sull’arte, l’architettura, il design, l’estetica, la politica, le forme dell’abitare la città e il paesaggio. Il percorso intrapreso tradisce spesso sia una sopravvalutazione delle proprie competenze sia una sottovalutazione delle risorse culturali e scientifiche necessarie a governare il complesso processo di ibridazione. In conclusione: ◇ l’assemblaggio di elementi di natura diversa non contempla sempre una chiara scelta metodologica; ◇ l’ibridazione è assimilabile a uno stile narrativo che predilige costrutti dicotomici (arte e architettura, etica e politica, immagine e manufatto, realtà e astrazione); ◇ non si approfondisce sufficientemente il ruolo della tecnologia nel processo di ibridazione; ◇ il rifiuto della ricerca monodirezionale, l’elusione della postura e del rigore imposti dalle discipline tradizionali, si accompagnano a una predilezione per il metodo indiziario e i percorsi eccentrici della complessità senza riuscire, talvolta, ad evitare il rischio dell’indeterminatezza degli obiettivi della stessa materia di studio; ◇ non è sempre chiaro su quali campi disciplinari queste ricerche producano i maggiori effetti, dove e in che misura spostino i termini del dibattito; ◇ l’impianto narrativo si struttura come sequenza di saggi su specifici temi, tendenzialmente slegati da un criterio logico che ne ordini la successione

    Chiesa parrocchiale Stella Maris a Porto Cervo, Arzachena. 1965-1969

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    L’architettura della fede è un tema che Michele Busiri Vici ha affrontato nella prima metà degli anni trenta, sia da solo, con l’ampliamento della cappella interna alla Casa Generalizia Figlie del Sacro Cuore di Gesù in via dei Villini a Roma (1931) sia come collaboratore del fratello Clemente, nei progetti per le chiese romane di San Roberto Bellarmino a piazza Ungheria (1932-1958) e San Saturnino a largo Topino (1932-1934). Pur nella diversità dei riferimenti remoti (dagli elementi essenziali del romanico alle vaghe assonanze barocche), queste esperienze testimoniano, al pari della basilica piacentiniana del Sacro Cuore di Cristo Re, terminata nel 1934, che dai primissimi anni trenta, gli architetti romani tradizionalmente ancorati agli stili storici e a un’estetica neomonumentale, cominciano ad adottare forme semplificate, piani murari moderatamente razionalizzati, involucri privi o quasi di articolazioni e risalti. L’esordio di Michele Busiri Vici nel progetto dello spazio sacro, avviene quindi all’insegna di una prudente equidistanza tra pittoricismo oleografico e razionalismo architettonico, condividendo, seppure con diverso grado di compromissione, il piacentinismo semplificatorio del fratello maggiore. Negli anni tra la Ricostruzione e il miracolo economico, l’architetto segue un diverso orientamento, sospinto, probabilmente, anche dal fervore di idee sul tema chiesa-quartiere che investe diverse diocesi italiane. Le novità non riguardano tanto la tipologia proposta né i valori liturgici ma la vitalità delle forme e l’energia con cui le sue architetture sacre si inseriscono in una tradizione plurisecolare. Se con la chiesetta dell’Asilo Albertini (1951), prevista dal piano di bonifica della tenuta di Torre in Pietra, evoca, in aderenza tanto al luogo quanto soprattutto al tema, la forma e i caratteri delle chiese rurali ad aula, vivificando una delle immagini essenziali del paesaggio agrario d’ascendenza tardoantica e medievale, con la chiesa Stella Maris di Porto Cervo, introduce ulteriori coordinate stilistiche e formali
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