57 research outputs found

    Anticoagulant treatment in patients with pulmonary arterial hypertension associated with systemic sclerosis: More shadows than lights

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    Pulmonary arterial hypertension is a chronic and progressive disease characterized by elevated pulmonary artery pressure and pulmonary vascular resistance leading to heart failure and premature death. Pulmonary arterial hypertension is characterized by proliferative and obstructive lesions in the distal pulmonary arteries and some descriptions include also thrombotic lesions. Despite this, in an era when multiple effective pulmonary arterial hypertension therapies are available, the role of anticoagulation in the treatment of pulmonary arterial hypertension remains uncertain. In particular, anticoagulant treatment in pulmonary arterial hypertension associated with connective tissue disease seems to be associated with unfavorable risk to benefit ratio due to an increased rate of bleeding from the gastrointestinal tract. However, anticoagulation may be required in conditions with increased thrombophilia like in the presence of lupus anticoagulant phenomenon or in the presence of anticardiolipin antibodies

    A translational and rotational invariant descriptor for automatic footwear retrieval of real cases shoe marks

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    Proc. 18th European Signal Processing Conference (EUSIPCO-2010

    A texture recognition system of real shoe marks taken from crime scenes

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    A set of features for measuring blurriness in video frames

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    Progressi nel trattamento delle malattie della circolazione polmonare

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    Multiple progresses have been achieved in pulmonary vascular diseases in the last decades, including the areas of pulmonary hypertension and pulmonary thromboembolic disease. The increase in knowledge has been accomplished in pathophysiological, clinical and treatment domains and has included as examples the discovery of gene mutations related to the hereditary forms of pulmonary arterial hypertension and the proposals of personalized treatment algorithms in patients with acute pulmonary embolism, chronic thromboembolic pulmonary hypertension and pulmonary arterial hypertension, validated in this specific area by more than 45 randomized controlled trials. The diagnostic processes have been refined, increasing the awareness that appropriate and precise diagnosis is essential for the optimal treatment strategy. The drugs approved for pulmonary arterial hypertension are recommended in this group and in specific patients with chronic thromboembolic pulmonary hypertension but are contraindicated in patients with pulmonary hypertension due to left heart and lung diseases. In pulmonary vascular diseases, the therapy cannot be considered as a simple prescription of medications and interventions but is a complex strategy which includes baseline patients' risk stratification, initial therapy, long-term follow-up and treatment adjustments when required. Today, computed tomography pulmonary artery angiography is the gold standard for diagnosis in both acute pulmonary embolism and chronic thromboembolic pulmonary hypertension. In this last condition, the combination with data derived from the right heart catheterization and the traditional pulmonary artery angiography, allows to a team of experts to decide if the patient is a candidate to surgical pulmonary endarterectomy or to percutaneous pulmonary artery balloon angioplasty which may improve symptoms, quality of life and prognosis

    Genere femminile e ipertensione arteriosa polmonare: una relazione complessa Female gender and pulmonary arterial hypertension: a complex relationship

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    L\u2019ipertensione arteriosa polmonare (IAP) \ue8 una severa condizione clinica caratterizzata dal punto di vista emodinamico da valori di pressione arteriosa polmonare media 6525 mmHg e da normali valori di pressione di incuneamento polmonare ( 6415 mmHg). Nella IAP l\u2019aumento della pressione polmonare \ue8 dovuto a un processo patologico intrinseco della circolazione polmonare caratterizzato da un marcato rimodellamento proliferativo/ostruttivo della parete vascolare dei vasi polmonari di resistenza. L\u2019aumento delle resistenze vascolari polmonari e il conseguente incremento del carico di lavoro sistolico del ventricolo destro conducono in tempi variabili allo scompenso cardiaco destro; tuttora, nonostante i riconosciuti progressi in ambito terapeutico, la prognosi della malattia \ue8 estremamente severa e non esiste una cura. Dal punto di vista clinico, la IAP comprende un gruppo di condizioni patologiche eterogenee: la forma idiopatica, la forma ereditaria e la IAP indotta dall\u2019assunzione di farmaci o tossine rappresentano le tre condizioni nelle quali il disordine proliferativo della circolazione polmonare si manifesta in modo isolato, ovvero in assenza di altre patologie predisponenti; vi sono poi le forme di IAP associate ad altre condizioni cliniche come le malattie del tessuto connettivo, l\u2019infezione da HIV, l\u2019ipertensione portale, le cardiopatie congenite con shunt sistemico-polmonare, la schistosomiasi e le anemie emolitiche croniche. La IAP pu\uf2 presentarsi in tutte le decadi con un\u2019et\ue0 media al momento della diagnosi di circa 50 anni. I dati epidemiologici dimostrano una chiara influenza del genere femminile sullo sviluppo e sull\u2019espressione fenotipica della IAP. La prevalenza del genere femminile \ue8 particolarmente evidente nelle forme di IAP \u201cisolata\u201d mentre nelle forme associate ad altre condizioni cliniche il rapporto femmine/maschi risulta fortemente influenzato dalle caratteristiche epidemiologiche della specifica patologia di base. Gli esatti meccanismi patogenetici responsabili dell\u2019aumento dell\u2019incidenza di IAP nel genere femminile non sono noti: le principali ipotesi attribuiscono un ruolo agli ormoni sessuali (estrogeni), ai meccanismi autoimmunitari e alla presenza di determinanti genetici legati al cromosoma X che possono favorire l\u2019espressione fenotipica della malattia. La presentazione clinica della IAP ha caratteristiche simili nei due sessi, anche se l\u2019et\ue0 di esordio tende a essere pi\uf9 precoce nelle femmine. Per quanto riguarda gli aspetti prognostici, \ue8 stata documentata una correlazione tra genere maschile e rischio pi\uf9 elevato di mortalit\ue0: anche questo aspetto potrebbe essere legato all\u2019influenza degli ormoni sessuali femminili che, nonostante possano favorire la patogenesi della IAP, sembrerebbero anche influenzarne favorevolmente il decorso e, in particolare, la risposta ai trattamenti (fenomeno noto come \u201cestrogen paradox\u201d). Il ruolo degli ormoni sessuali sullo sviluppo e sull\u2019espressione fenotipica della IAP \ue8 sottolineato dai numerosi report in letteratura che riportano l\u2019esordio della malattia durante la gravidanza e dalla descrizione di soggetti portatori della mutazione del gene BMPR2, responsabile della IAP familiare, che hanno sviluppato la malattia dopo un breve periodo di terapia ormonale sostitutiva. In realt\ue0, mancano prove conclusive che dimostrino la correlazione certa tra ormoni femminili e IAP. Anche il legame tra gravidanza e sviluppo di IAP \ue8 tuttora poco chiaro; nonostante ci\uf2, le alterazioni emodinamiche che accompagnano la gravidanza, e principalmente il travaglio e il parto, risultano scarsamente tollerate dalle donne affette da IAP e ci\uf2 giustifica la significativa incidenza di deterioramento clinico e l\u2019elevata mortalit\ue0 materna e fetale che caratterizzano soprattutto le fasi pi\uf9 avanzate della gravidanza quando si realizza il massimo aumento della volemia e della portata cardiaca. Per tale ragione, le attuali linee guida internazionali raccomandano che le pazienti affette da IAP evitino la gravidanza e, qualora si verificasse tale evenienza, suggeriscono di considerarne l\u2019interruzione il pi\uf9 tempestivamente possibile. Se la IAP viene diagnosticata nelle fasi avanzate della gravidanza, \ue8 indispensabile uno stretto monitoraggio della paziente ed \ue8 preferibile programmare un parto elettivo con lo scopo di favorire la collaborazione tra diversi specialisti (ginecologi e ostetrici, anestesisti e specialisti dedicati alla IAP). Il ruolo dei farmaci contraccettivi orali per la prevenzione delle gravidanze, cos\uec come il ruolo della terapia sostitutiva ormonale post\uadmenopausale, \ue8 tuttora controverso in quanto, anche se sussiste il sospetto di un legame patogenetico con la IAP, un\u2019associazione formale, basata su studi caso-controllo, non \ue8 mai stata documentata

    Is Pulmonary Artery Pulsatility Index (PAPi) a Predictor of Outcome after Pulmonary Endarterectomy?

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    Background: Pulmonary endarterectomy (PEA) is the gold standard therapy for chronic thromboembolic pulmonary hypertension (CTEPH). Traditionally, pulmonary vascular resistance (PVR) represents the main prognostic factor after surgery. The pulmonary artery pulsatility index (PAPi) has been proposed for the assessment of RV in advanced heart failure, but it has never been applied in CTEPH patients. The aim of the present study is to describe PAPi in patients who underwent PEA, before and after surgery, and to define its predictive impact on postoperative outcomes. Methods: We retrospectively reviewed 188 consecutive adult patients who underwent PEA, between December 2003 and December 2021. PAPi was calculated for 186 patients and reported. Patients were partitioned in two groups using median preoperative PAPi as cutoff value: Group 1 with PAPi ≤ 8.6 (n = 94) and Group 2 with PAPi > 8.6 (n = 92). The propensity-score-matched analysis identified 67 pairs: Early outcomes were compared between two groups. Results: Mean preoperative PAPi was 10.3 ± 7.2. Considering matched populations, no differences emerged in terms of postoperative hemodynamics; Group 1 demonstrated higher 90-day mortality significance (10.4% vs. 3.0%, p = 0.082); the need for mechanical circulatory support (MCS) was similar, but successful weaning was unlikely (25% vs. 85.7%, p = 0.032). Conclusions: Mean PAPi in the CTEPH population is higher than in other diseases. Low PAPi (≤8.6) seems to be associated with lower postoperative survival and successful weaning from MCS
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