86 research outputs found

    The stressful implications of remote e-working: Evidence from Europe

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    Abstract This paper investigates the importance of different modes of spatial flexibility as well as of the distinction between autonomy and discretion to find plausible explanations of the so-called autonomy paradox, which maintains that the more the job autonomy that remote e-workers have the greater the effort they put into their work with adverse effects on work-related stress. Using multiple regressions, we test the hypotheses regarding the direct influence of autonomy, discretion and work intensification as well as their interaction effects on occupational stress in two subsamples of 1.380 home-based e-workers and 2.574 mobile ones drawn from the 2015 European Working Conditions Survey. The main findings are as follows. Home-based e-workers perceive that autonomy (namely over work goals) directly decreases occupational stress and buffers work intensification (i.e. autonomy over work goals and in the organizational choices of their department/company). In the context of remote e-work, discretion is more likely to boost the stressful impact of work intensification when work is mobile. At the same time, we do not find that autonomy increases work intensification, neither among mobile e-workers, nor among home-based e-workers (for whom it buffers the adverse impact of work intensification). In summary, this study does not confirm the existence of an autonomy paradox associated with remote e-work. Contrarily, it suggests that such a paradox is more likely to surface when research relies on conceptual frameworks that ambiguously define autonomy in terms of what should be more properly conceptualized as discretion

    Apprendimento organizzativo e ricerca-intervento. L'organizzazione degli individui

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    L'articolo conduce una critica delle concezioni di mainstream dell'apprendimento orgaizzativo e lo definisce invece come sviluppo della conoscenza organizzativa stricto sensu e cioè lo sviluppo della capacità di un processo di regolare il proprio (continuo) mutamento. Conseguentemente, la lezione per quanto concerne gli interventi a supporto dell'apprendimento organizzativo è in radicale opposizione rispetto alle indicazioni del mainstream: la consulenza esterna non solo è inutile ma può anche risultare dannosa qualora venga usata come mezzo di legittimazione di scelte totalmente eteronome rispetto alle esigenze di regolazione espresse dal processo. La nostra proposta di ricerca-intervento rifiuta l'idea di un ricercatore/consulente esterno che sarebbe dotato di una razionalità superiore a quella dei soggetti che danno vita quotidianamente ai processi. Allo stesso tempo non nega l'importanza dei saperi disciplinari rispetto alle competenze prodotte nei processi. L'incontro tra le diverse forme di sapere può essere favorito attraverso l'acquisizione di un metodo di analisi da parte dei soggetti che danno vita ai processi; metodo che permetta di acquisire una diversa forma di consapevolezza dei bisogni espressi (non ultimo il bisogno di ben-essere), né superiore né inferiore, bensì complementare a quella che esplicitamente o tacitamente appartiene al loro quotidiano act meaning. Nella seconda parte del saggio si propone una sintetica illustrazione di un caso empirico di ricerca-intervento avviato nel 2006 nell'Ateneo di Modena e Reggio Emilia e tuttora in corso. Nelle conclusioni interpretiamo tale esperienza e valutiamo la sua congruenza rispetto alle varie dimensioni della precedente proposta teorica

    Il performance management e lo sviluppo del capitale umano in un contesto di lavoro ibrido

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    Nel lavoro ibrido, le competenze richieste non sono solo quelle ‘tradizionali’, cioè conoscenza e saper fare tecnico-specialistico, nel senso di strettamente legato al tipo di mansione svolta e all’area aziendale specifica nella quale tale lavoro si inserisce e quindi quelle tipiche che definiscono e danno identità a una specifica occupazione. Altrettanto, se non più rilevanti, diventano anche competenze nuove, cioè non tradizionali o tipiche della posizione o occupazione, come le capacità informatiche e digitali e le soft skills. Tali competenze possono essere formate e sviluppate in tanti modi diversi, ma tra di essi certamente l’apprendimento on the job ossia l’esperienza lavorativa quotidiana, per cui il lavoro in sé e il contesto nel quale si svolge diventano esperienza formativa e contesto di apprendimento stimolato anche dalla trasmissione intergenerazionale, occupa un ruolo centrale. È anche per questo che i sistemi di performance management – tradizionalmente intesi come strumento di valutazione di come il lavoratore svolge il proprio lavoro – possono essere (ri)letti e (re)interpretati come strumento a supporto dell’investimento in capitale umano da parte sia delle imprese che si stanno digitalizzando, sia dei lavoratori che stanno sperimentando l’ibridazione delle loro tradizionali attività lavorative con le nuove tecnologie digitali. Nonostante le numerose call che invitano ad approfondire sia dal punto di vista teorico che empirico il tema del performance management, soprattutto in relazione alle sfide che la trasformazione digitale pone all’organizzazione del lavoro, alla leadership e alla gestione delle risorse umane, in diversi settori, la questione di come si configurino e stiano cambiando, nella percezione di imprese e dipendenti, e in un contesto di lavori ibridi, i sistemi di valutazione e gestione della prestazione e se e come questi possano promuovere l’investimento in capitale umano “ibrido” è ancora largamente inesplorata. L’articolo si propone di colmare questa lacuna, utilizzando i dati raccolti dall’Osservatorio sul Performance Management di Modena e Reggio Emilia

    Mutamenti nel diritto al lavoro delle persone con disabilità. Un processo di civilizzazione incompiuto

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    Negli ultimi decenni la concezione socialmente diffusa della disabilità è cambiata notevolmente nella società italiana come si può evincere dai mutamenti intervenuti nella legislazione e nelle politiche volte a garantire l’integrazione e l’inclusione delle persone con disabilità.Di fronte a evidenti progressi intercorsi in vari ambiti della vita sociale, che in alcuni momenti hanno persino preceduto l’affermazione di importanti principi in convenzioni e trattati internazionali o nelle direttive europee, nell’ambito della vita economica emerge con tutta evidenza una refrattarietà del legislatore italiano ad adottare misure normative e regolamentari, dotate di efficacia immediata e auto-esecutive, che rendano esigibile il diritto soggettivo alla non discriminazione nell’accesso al lavoro e sul posto di lavoro delle persone con disabilità.Le recenti modifiche legislative in materia di licenziamento (2015) e ancor di più quelle relative alla recezione del principio di ragionevole accomodamento, intervenute a seguito della condanna della corte di giustizia europea per inadempimento nella trasposizione della direttiva 2000/78 CE, potrebbero segnare una svolta nella giurisprudenza italiana, fin qui caratterizzata da una prevalente preoccupazione per la garanzia della libertà di impresa a fronte del diritto alla non-discriminazione.Senza entrare nel merito della disparità di vedute tra una parte della dottrina e gli orientamenti giurisprudenziali fino ad oggi prevalenti, e senza azzardare alcuna previsione sull’evoluzione impressa agli orientamenti giurisprudenziali futuri dalle nuove norme sui licenziamenti e quelle sul reasonable accomodation, con il nostro paper vogliamo sottolineare come alla base delle resistenze del legislatore italiano ad adottare norme chiaramente anti-discriminatorie in tema di inserimento lavorativo delle persone disabili vi sia un processo di civilizzazione culturale da compiere.Due sono le direttrici fondamentali, tra loro congruenti e complementari:Il passaggio dalla attuale visione dell’organizzazione del lavoro come assetto determinato imperativamente da forze esogene, di mercato e tecnologiche, che richiede agli individui un totale adattamento, a una visione del lavoro organizzato come situazione frutto di scelte sempre correggibili, secondo la quale, oltre che in base alla redditività e all’efficienza, i processi organizzativi devono essere valutati in base a parametri sociali altrettanto importanti, quali l’equità, l’inclusione, la non discriminazione e il benessere organizzativi;Il passaggio da un concezione pessimistica del rapporto tra disabilità e ambiente, che vede effetti perlopiù negativi (disablement) su cui intervenire con politiche assistenzialistico-riparative, a una concezione che riconosce la possibilità di circoli virtuosi in quel rapporto (enablement) grazie a politiche di promozione delle capacità individuali; quest’ultima sposta il focus da una analisi classificatoria delle menomazioni della persona disabile e dalle possibili compensazioni in chiave di utilità per l’impresa a una analisi più completa in termini di funzionamenti e capacità a cui è sottesa una teoria dello sviluppo umano sostenibile i cui pilastri sono: eguaglianza, sostenibilità, partecipazione e produttività.In conclusione, vedremo come queste due direttrici suggeriscono linee guida per politiche di inserimento lavorativo e una riscrittura di alcune norme della Legge 68/1999

    Factors associated with work ability among employees of an Italian university hospital

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    Background: A growing body of evidence clearly documents the benefits of integrated systems approaches to protecting and promoting the safety, health and well-being of workers. The purpose of this study is to provide a holistic view of the work ability of employees of an Italian University Hospital measuring their resources in relation to job demands. In particular, it examines socio-demographics, family and organizational antecedents of health professionals' work ability. Methods: A survey was conducted to assess the work ability of healthcare professionals, including physicians, nurses and administrative staff, working at the University Hospital of Modena (Italy). The data collection allows us to get a sample of 443 workers, who correspond to 11% of the target population. The data were analyzed using preliminary statistics on the main characteristics of the sample in terms of work ability, socio-demographic variables, family and organizational characteristics. In addition, logit models of the likelihood of having high work ability were estimated using SPSS version 25. Results: Work ability decreases with increasing age, comorbidity, high body mass index, having at least one child under 5 and/or a dependent adult, having a poor work-life balance, and doing more than 20 h of housework. Specific job resources can significantly promote work ability, including relationship-oriented leadership, autonomy in decision making and individuals' skill match. The nursing profession is associated with a low work ability. Finally, a significant gender gap has been documented. Women find it more difficult to reconcile life and work, especially when they have children of preschool age and work in professions with greater responsibilities, as in the case of women doctors, who experience lower work capacity. Conclusions: Our results suggest that it is necessary to consider other factors, in addition to age, that are equally relevant in influencing work ability. Consequently, organisational interventions could be implemented to improve the work ability of all workers. In addition, we propose targeted interventions for groups at risk of reduced work capacity, in particular older workers (45 years and over), nurses, women with children of preschool age and in the position of physician

    DigitAgile: l’ufficio nel dispositivo mobile. Opportunità e rischi per lavoratori e aziende

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    Il paper si concentra sul lavoro caratterizzato dall'uso intensivo di tecnologie digitali e da un accentuato disembedding spazio-temporale dall’organizzazione formale per cui è prestato. Il cosiddetto smartworking, che è tradotto in italiano come “Lavoro agile” (perlomeno nell’ambito del rapporto di lavoro subordinato) è oggi presentato come nuova frontiera del lavoro organizzato, sia da chi tale cambiamento lo auspica in maniera entusiastica, sia da chi invece vede perlopiù conseguenze nefaste.Di fronte a una ennesima sfida tra “integrati” e “apocalittici”, una prospettiva critica e analitica deve essere in grado, prima ancora che proporre previsioni, di mettere a tema correttamente alcune questioni cruciali. Principali argomenti di riflessione accurata, benché non esaustivi, ci paiono essere:- l’autonomia organizzativa, la discrezionalità e il controllo nella regolazione del lavoro;- la (ri)costruzione del collettivo di lavoro e l’identità collettiva e professionale;- la configurazione quali-quantitativa dell’occupazione e la produttività individuale e aziendale;- la conciliazione tra vita lavorativa ed extra-lavorativa.Dopo un’analisi della diffusione del fenomeno a livello internazionale e nazionale, il paper passa ad affrontare tali questioni attraverso una meta analisi delle ricerche qualitative e quantitative sullo smartworking. Ne emerge un quadro di potenzialità ma anche di rischi per lo sviluppo di nuove competenze e la loro circolazione, di buone pratiche organizzative e produttività, di reti organizzative innovative e per la conciliazione tra tempo di lavoro e tempo di riposo.Keywords: smart-working, lavoro agile, autonomia organizzativa, coworking, identità professionale, conciliazione lavoro-famigli

    L\u2019incontro tra la domanda e l\u2019offerta di ICT: temi emersi dalla tavola rotonda

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    Il contributo affronta la questione della scarsa diffusione di tecnologie informatiche e della comunicazione (ICT) presso le piccole-medie imprese italiane, passa in rassegna alcune delle principali ragioni di questo ritardo (grado di coerenza tra le tecnologie offerte rispetto alle caratteristiche dei prodotti e processi delle imprese utilizzatrici; capacit\ue0 di queste ultime di comprendere le implicazioni delle tecnologie sull\u2019organizzazione), quali emergono dalle percezioni di alcuni dei principali soggetti coinvolti nel processo di introduzione delle ICT (imprese utilizzatrici e software house), e concentra l\u2019attenzione su alcune leve di intervento utilizzabili per favorire il superamento degli ostacoli. Il contributo, infine, descrive alcune esperienze di utilizzo di ICT particolarmente innovative realizzate da piccole-medie imprese e software house localizzate nella provincia di Pesaro-Urbino
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