79 research outputs found

    The Electric Sheep Nightmare. J. G. Ballard and the Perverse Use of Technology

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    The aim of this paper is to investigate the role played by “machines” and technological innovation within James Graham Ballard’s literary production.Since his debut as a novelist, Ballard devoted particular attention towards the human-machine connection, under the charm of both its immediate impact on the human psyche and the forms of representation in literature indirectly influenced by the human psyche itself. For these reasons, and in his attempt to escape from the traditional science fiction rules, in the mid-Sixties he suggested the notion of inner space: a new and innovative life, useful in the process of restoring the relation among the Self, the urban space, and the new forms of domination created by the post-modern world.The analysis will be carried out in a historical perspective, highlighting the subsequent stages of such an extreme redefinition of the new ways of representing subjectivity. The present study will be inspired by the crucial period of transition of the Sixties, after which Ballard definitively abandoned the initial post-apocalyptic settings he had favored at the beginning of his career. He started placing his characters within suburban scenarios – far from those foreign worlds, explored by the numerous followers of Isaac Asimov over glorious Space Age years.The second section of the study will focus on the way in which this shift mirrors Ballard’s intention to turn the science fiction novel into an anthropological reflection projected on the present time. Starting from the examples in Crash (1973) and Super-Cannes (2001), two features will be taken into consideration: on the one hand, the expanding gap between the categories of technique and morals; on the other hand, the dangerous ideological deviations to which such a gradual split may lead to.Linking these two aspects, the study will attempt to show how the never-ending debate on technological innovation led Ballard not only to an adjustment of  science fiction motives and traditional topics, but also, more generally, to a reinterpretation of both the limits and cognitive possibilities of the genre.Il presente contributo si propone di esplorare la rappresentazione delle “macchine” e dell’innovazione tecnologica nella produzione del romanziere di origine britannica James Graham Ballard.Sin dal suo debutto Ballard dimostra una particolare attenzione nei confronti del rapporto uomo-macchina; affascinato non solo dal suo immediato impatto sulla psiche umana, ma anche dalla sua indiretta influenza sulle forme della rappresentazione letteraria. Per queste ragioni, cercando di evadere dai tradizionali canoni della science fiction, a metĂ  degli anni Sessanta propone la nozione di «spazio interiore» (inner space): una nuova, innovativa prospettiva utile a ricostruire le connessioni tra il SĂ©, lo spazio urbano e le nuove forme di dominazione dell’era postmoderna.Nel corso dell’analisi verranno ricostruite, in una prospettiva storica, le successive fasi di questa radicale ridefinizione delle modalitĂ  di raffigurazione della soggettivitĂ . Si prenderĂ  spunto dalla cruciale transizione degli anni Sessanta, in seguito alla quale Ballard abbandona definitivamente le ambientazioni post-apocalittiche degli esordi, proiettando i suoi personaggi in scenari suburbani piuttosto lontani dai remoti futuri e dai mondi alieni, esplorati negli anni gloriosi dell’era spaziale dai numerosi epigoni di Isaac Asimov.In un secondo momento si illustrerĂ  come tale passaggio rifletta l’intenzione di convertire la narrativa fantascientifica ad una riflessione quasi antropologica sul presente. Grazie agli esempi di Crash (1973) e di Super-Cannes (2001) saranno prese in considerazione da un lato il crescente divario tra le possibilitĂ  della tecnica e le categorie della morale, dall’altro le pericolose derive ideologiche a cui tale progressiva separazione puĂČ condurre.Unendo i due aspetti si cercherĂ  infine di dimostrare come la costante riflessione sul cambiamento tecnologico abbia portato Ballard non tanto a un semplice aggiornamento dei motivi e delle tematiche tradizionali della science fiction, quanto piuttosto ad una piĂč generale reinterpretazione dei limiti e delle possibilitĂ  conoscitive del genere stesso

    L’Altra metà. Sdoppiamento, simulacri e finzioni in P. K. Dick

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    The comparison between two worlds separated by a clear ontological or ideological gap has been one of the favourite themes of science fiction since the dawn of modernity, re-proposing itself in various forms and modes. This “differential gap”, as rightly pointed out by D. Suvin, can only be understood in historical and dialectical terms, since it invariably implies a subject, or rather an autoimage with respect to which the Other is perceived as dissimilar or opposite to us. From this point of view, the estrangement technique takes on a critical function of reflecting on the ways of constructing the Self and, more generally, on the episteme within which the individual finds himself acting and with respect to which he defines his own identity.This contribution aims to investigate this evocative theme starting from two particularly significant texts: “Exhibit Piece” (1954), one of the first stories in which P. K. Dick experiments with the concept of alternative reality, a key element in his original reinterpretation of the canons of sci fi of the Golden Age; and his recent television adaptation “Real Life”, the fifth of ten episodes of the series Philip K. Dick’s Electric Dreams(2017-2018).Il confronto tra due mondi separati da un netto scarto ontologico o ideologico Ăš stato sin dagli albori della modernitĂ  uno dei temi prediletti della fantascienza, riproponendosi in forme e modalitĂ  quanto mai variegate. Tale “scarto differenziale”, come giustamente sottolineato da D. Suvin, non puĂČ essere tuttavia compreso se non in termini storici e dialettici, dal momento che implica invariabilmente un soggetto, o meglio un’autoimmagine rispetto a cui l’Altrove viene percepito quale espressione di valori, istanze culturali “altre” rispetto alle proprie. Lo straniamento assume in quest’ottica una funzione critica di riflessione sulle modalitĂ  di costruzione del SĂ© e, piĂč in generale, dell’episteme entro cui l’individuo si trova ad agire e rispetto al quale definisce la propria identitĂ . Il presente contributo si propone di indagare questa suggestiva tematica a partire da due testi particolarmente significativi: Exhibit Piece(1954), uno dei primi racconti in cui P. K. Dick sperimenta il concetto di realtĂ  alternativa, elemento portante nella sua originale reinterpretazione dei canoni della sci fidella Golden Age; e il suo recente adattamento televisivo Real Life, quinto dei dieci episodi della serie Philip K. Dick’s Electric Dreams (2017-2018).La comparazione tra le due opere intende evidenziare come l’operazione di riscrittura abbia riformulato le esplicite connotazioni politico-ideologiche dell’ipotesto – emblematica rappresentazione dell’America maccartista e xenofoba – in una riflessione metanarrativa sulla stereotipata rappresentazione dei ruoli “di genere” (uomo-donna) nella tradizione della science fiction. Uno slittamento alquanto curioso che, se da un lato evidenzia le note problematiche poste da ogni processo di traduzione intersemiotica, dall’altro invita a riflettere sulle ragioni di una simile trasformazione, o meglio su come persino la medesima “storia” si trovi di volta in volta a (ri)definire lo scarto differenziale alla luce di una cornice storica radicalmente mutata

    Ridere con Lolita, ridere di Lolita: le funzioni dell’ironia nelle trasposizioni filmiche dell’opera di Vladimir Nabokov

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    Nel percorso di canonizzazione grazie a cui un’opera si trasforma in un classico, la parodia costituisce spesso una tappa obbligata. Si direbbe quindi che la sottrazione dell’aura o, meglio, la manipolazione in chiave dissacrante sia tra i prerequisiti necessari a garantire l’inclusione negli esclusivi ranghi della tradizione. Guardando alla storia letteraria del Novecento si potrebbero d’altronde trovare varie conferme di questa ipotesi, ma anche qualche clamorosa smentita. Si considerino, ad esempio, le trasposizioni filmiche tratte da Lolita, romanzo vittima di innumerevoli fraintendimenti e trasformazioni. Sebbene lo stesso Nabokov si lamentasse della tendenza del grande pubblico a farsi abbagliare dagli aspetti pruriginosi della vicenda, trascurandone il sottile humor, i due registi che si sono cimentati nel portare Lolita sul grande schermo – Stanley Kubrick e Adrian Lyne – sembrano aver frainteso lo spirito di questa indicazione. Nei rispettivi adattamenti ne hanno, infatti, stravolto completamente il senso: l’uno adottando una mise-en-scĂšne di taglio classicheggiante volta a attenuare lo shock prodotto dall’ipotesto; l’altro enfatizzandone il lato scabroso e solleticando gli appetiti voyeuristici dello spettatore. Nel corso della mia analisi intendo dunque ricostruire le motivazioni di un simile, duplice “tradimento”, cercando di illustrare come esso abbia ridefinito l’aura del romanzo nabokoviano, nonchĂ© l’intenzione autoriale di partenza.Parody seems to be one of the essential steps along the process through which an artwork becomes part of the Western canon. Therefore, the elimination, or the distortion of the so-called “aura” is often a prerequisite to be included within our cultural heritage. Looking at the literary history of the Twentieth century, one can see several examples supporting a comparable hypothesis, but some exceptions remain as well. Consider, for instance, the adaptations of Lolita, a novel that, since its publication, has been misrepresented in many ways. Nabokov himself – in a well-known “Afterword” (1956) – blames his readers for been distracted by the sexual implications of the plot on the one hand, ignoring the ironic techniques embodied in its refined texture on the other hand. These remarks are worthy of consideration, though directors such as S. Kubrick and A. Lyne have overlooked, or rather ignored their meaning: the first opted for a classical mise-en-scĂšne in order to neutralize the disturbing potential of the hypotext; the latter emphasized the voyeuristic gaze, trying to seduce the spectator. The aim of my paper is to highlight both the structural and the stylistic issues behind this double “betrayal”, along with its effects on the novel’s aura

    Le maschere senza volto. Gli eroi ‘tragici’ del nouveau roman”

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    Tra i vari movimenti sperimentali affermatisi nel corso del secondo Novecento il nouveau roman offre un’occasione quanto mai preziosa a chi volesse riconsiderare il mutevole valore e le innumerevoli funzioni attribuite al “tragico” alle soglie dell’era postmoderna. Posta al centro del dibattito critico da Alain Robbe-Grillet, la riflessione sull’ambiguo statuto di questo peculiare genere ha d’altronde rappresentato un momento cruciale nella definizione dell’identitĂ  dell’école du regard e del suo peculiare rapporto con la tradizione del canone occidentale. Robbe-Grillet, dal canto suo, pur ispirandosi alla vicenda di Edipo nella sua opera d’esordio, non esiterĂ  in seguito a condannare la tragedia come ingannevole forma di compromesso tra l’uomo e le choses e a rifiutare, insieme a essa, la “metafisica della presenza” di cui sarebbe espressione. Altri nouveaux romanciers – tra cui Michel Butor e Claude Simon – preferiranno invece sfruttarne le potenzialitĂ  in maniera inedita, ritenendola uno sfondo mitopoietico ideale su cui far emergere i tratti essenziali di una condizione esistenziale all’insegna del crollo delle grandi narrazioni. Al di lĂ  delle diverse intenzioni, la rivisitazione della “forma” in sĂ© (in chiave parodica o attualizzante) ha di conseguenza svolto un ruolo cruciale sia nella decostruzione del “personaggio-uomo”, sia nella contestazione delle cosiddette “nozioni scadute” tanto indigeste a questa eterogenea collection d’écrivains. Da Les gommes (1953) a L’emploi du temps (1956), per arrivare sino a La reprise (2001), si potrebbero menzionare numerosi esempi a tal riguardo, segno di una fascinazione costante, ma non per questo meno conflittuale, destinata a esercitare una profonda influenza su alcuni dei maggiori dei successi editoriali dello sperimentalismo francese. Un’influenza di cui oggi, ormai esauritisi gli accesi toni dello scandalo e della provocazione che accompagnarono l’affermazione del “nuovo romanzo” sulla scena internazionale, occorre valutare meglio la reale portata

    Un successo senza gloria: splendori e miserie della ricezione di Alain Robbe-Grillet in Italia

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    La critica italiana inizia a interessarsi a Robbe-Grillet sul finire degli anni Cinquanta, anche se piÃÂč alle sue teorie che alla sua opera. Gli infuocati anatemi contro la metafora e contro il romanzo «ben fatto» si impongono al centro della scena culturale, suscitando accese polemiche e altrettanto vivaci prese di posizione a suo favore. Attraverso un ampio ventaglio di articoli, saggi, convegni e interviste le varie Ăą\u80\u9cfazioniĂą\u80\u9d coinvolte nello scontro creano e diffondono immagini molto diverse del medesimo autore: quella proposta dallĂą\u80\u99establishment non coincide con quella sostenuta dalla critica impegnata di sinistra; che, a sua volta, Ú in netto contrasto con le interpretazioni fenomenologiche di alcuni rappresentanti della neoavanguardia. Ognuno tenta, insomma, di ricondurlo entro una differente «sceneggiatura autoriale», giudicandolo in base alla propria concezione della letteratura. Robbe-Grillet, dal canto suo, si dimostra controparte attiva in questo dibattito, ribadendo in numerosi interventi lĂą\u80\u99inadeguatezza dellĂą\u80\u99etichetta di école du regard. Rifiutando le rigide griglie interpretative proposte dalla critica e adottando quella che R. M. Allemand definirà «la tecnica dellĂą\u80\u99anguilla» egli cercherà cosÏ di resistere, con alterne fortune, agli innumerevoli tentativi di canonizzazione.La critique italienne commence à sĂą\u80\u99intéresser à Robbe-Grillet vers la fin des années 50, mais dĂą\u80\u99abord à ses théories plutÎt quĂą\u80\u99à ses romans. Ses anathÚmes incendiaires contre la métaphore et le roman «bien fait» engendrent de vives polémiques. Ã\u80 travers articles, actes de colloques, postfaces, interviews, les différents Ăą\u80\u9cpartisĂą\u80\u9d impliqués dans lĂą\u80\u99affrontement créent et diffusent des images trÚs différentes du mÃÂȘme auteur: lĂą\u80\u99image proposée par lĂą\u80\u99establishment ne coïncide pas nécessairement avec celle présentée par la critique engagée de gauche; laquelle, à son tour, contraste nettement avec les interprétations phénoménologiques de quelques représentant de la «neoavanguardia». Chacun cherche à le faire adhérer à un «scénario auctorial» différent, établi sur la base dĂą\u80\u99une idée trÚs personnelle de la littérature. Robbe-Grillet, de son cÎté, ne se prive pas dĂą\u80\u99entrer activement dans le débat, le plus souvent de façon indirecte, rejetant notamment lĂą\u80\u99étiquette école du regard. Il cherche finalement à esquiver les grilles interprétatives rigides que la critique ne cesse de lui proposer, adoptant ce que R. M. Allemand définira «la technique de lĂą\u80\u99anguille». Au fond, il regimbe devant toute tentative de cristalliser en un dogme les principes de sa poétique

    TransmedialitĂ  e crossmedialitĂ : nuove prospettive

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    La riflessione dedicata ai rapporti tra le arti e ai corrispondenti codici espressivi ha rivestito un ruolo preponderante nella storia del canone occidentale. TransmedialitĂ  e crossmedialitĂ , realizzato con la collaborazione del Dottorato in Visual and Media Studies dell’UniversitĂ  IULM di Milano, ripercorre un dibattito interdisciplinare sulla trasmigrazione e sulla conseguente morfogenesi ibrida dei significati nel passato recente e nel contemporaneo. A partire dalle analogie e dalle differenze tra la multimedialitĂ  e le sue piĂč recenti evoluzioni nell’era moderna e postmoderna, attraversando teorie e pratiche dell’intertestualitĂ  e della riscrittura, fino a giungere alle ibridazioni tra linguaggi artistici, dispositivi e nuove interfacce, il volume indaga un vasto panorama di tematiche a partire dalla complessitĂ  dei processi multi-, trans- e cross-mediali

    "L’érotisme des Autres". La phĂ©nomĂ©nologie de la pornographie dans les Ɠuvres de A. Robbe-Grillet

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    Une ligne subtile sĂ©pare l’érotisme de la pornographie dans la production artistique d’Alain Robbe-Grillet. La rĂ©ception de son oeuvre nous indique que la relation entre ces deux notions est le rĂ©sultat d’une nĂ©gociation sociale impliquant diffĂ©rents codes (code esthĂ©tique, code lĂ©gal, etc.). Nous appuyant sur certains Ă©pisodes de la carriĂšre de Robbe-Grillet (l’accusation d’obscĂ©nitĂ© portĂ©e contre son film, Glissements progressif du plaisir, autour des annĂ©es 1970; la controverse engendrĂ©e par la publication de son dernier roman, Un roman sentimental, 2007), nous voulons montrer pourquoi et comment cette nĂ©gociation peut amener Ă  des sĂ©rieuses incomprĂ©hensions et, Ă  la limite, Ă©chouer

    Faut-il brĂ»ler Robbe-Grillet? Il Nouveau Roman e l’estetica del limite

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    Un'analisi del rapporto tra erotismo e pornografia nell'opera di A. Robbe-Grillet

    La sfida del molteplice

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    Antologia Subway Letteratura 201

    "Il matrimonio e altri racconti". Antologia Premio Speciale UniversitĂ  IULM Under19 2013

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    Antologia del Premio Speciale Subway-Letteratura Under 19, realizzata dall'UniversitĂ  IULM in collaborazione con Subway Edizioni
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