8 research outputs found

    I ministeri nei complessi conventuali di Roma capitale:atteggiamenti dottrinari, normativa e realizzazioni a confronto

    Get PDF
    La ricerca, dopo aver approfondito le motivazioni che hanno spinto il costituendo Regno d’Italia a espropriare numerosi complessi conventuali in tutto il territorio nazionale, ha focalizzato l’attenzione sul caso degli organismi religiosi riservati quali sedi di dicasteri per la nuova capitale. All’indomani del 20 settembre 1870, in vista del trasferimento della capitale da Firenze a Roma, da attuarsi in tempi molto rapidi, il problema degli spazi da destinare all’apparato statale si presenta pressante e complicato. L’amministrazione pontificia, diversa per impostazione e per dimensioni, era concentrata in pochi edifici, del tutto inadeguati e insufficienti per soddisfare le necessità del nuovo Stato, anche perchè la maggior parte di essi non passa al Demanio e non è, quindi, utilizzabile. L’urgenza di trovare spazi idonei in tempi brevi, la difficile situazione finanziaria, che rende sconsigliabile intraprendere nuove realizzazioni, e la preoccupazione per l’enorme potere che le istituzioni ecclesiastiche esercitano sulla popolazione, in una situazione politica nazionale e internazionale tutt’altro che definita, fanno ricadere la scelta della localizzazione dei principali uffici governativi proprio sui complessi conventuali. La vicenda appare di singolare importanza, ponendosi come cardine nella trasformazione di Roma da capoluogo pontificio a capitale del Regno d’Italia: tali complessi architettonici, in precedenza punto di riferimento di una ristretta comunità locale, vengono investiti della responsabilità di rappresentare il volto ufficiale della nuova nazione, assumendo una posizione di rilievo nella città. Gli interventi di trasformazione e adattamento a sedi degli uffici governativi si inseriscono nell’ambito delle diverse realizzazioni con cui lo Stato cerca di trovare una propria tangibile affermazione, esprimere le proprie aspirazioni e celebrare i traguardi raggiunti. Nella peculiare situazione italiana, che ha portato all’unificazione di realtà locali e amministrative molto diverse, appare particolarmente importante definire uno “stile nazionale” in cui tante realtà locali possano riconoscersi. Questo tentativo si esprime attraverso la ripresa di linguaggi del passato, in particolare dell’architettura rinascimentale, ideale estetico apprezzato anche nel resto d’Europa, come testimoniano i numerosi rilievi di palazzi rinascimentali italiani pubblicati nella prima metà del XIX secolo e l'adozione di tale modello per molti edifici pubblici in diverse città europee, in un momento storico in cui vari stati affrontano il delicato tema della definizione architettonica da dare alle costruzioni rappresentative. In particolare, a Roma si opta per il modello sangallesco, riferimento “stilistico” adottato per molte sedi istituzionali. La parte centrale dello studio approfondisce alcuni casi esemplari di complessi conventuali, particolarmente significativi perché oggetto di profonde modificazioni: il complesso di S. Silvestro in Capite, selezionato per ospitare il Ministero dei Lavori Pubblici, e quello di S. Maria sopra Minerva, riservato a sede dei ministeri dell’Istruzione Pubblica e, in via temporanea, delle Finanze. Questi organismi, dopo essere stati oggetto di diversificati interventi di adattamento, pur mantenendo sostanzialmente inalterata la propria compagine strutturale, hanno subito profonde trasformazioni della loro configurazione architettonica. Anche altri complessi vengono “accomodati” per accogliere uffici ministeriali; tra questi, i conventi di S. Agostino e dei SS. Apostoli, che danno alloggio ai dicasteri della Marina e della Guerra, sono interessati da interventi di carattere prettamente funzionale, mentre i due contigui conventi di S. Teresa e dell’Incarnazione, destinati a sede definitiva del Ministero della Guerra, subiscono interventi radicali, che si traducono nella demolizione e ricostruzione di ampie porzioni dei fabbricati. Dal punto di vista strettamente architettonico, i diversi esempi analizzati, pur mostrando peculiarità derivanti dalle situazioni contingenti, risultano tuttavia caratterizzati da approcci e modalità operative comuni. Gli interventi, che si inseriscono nell’ambito delle tendenze eclettiche e dei revivals stilistici della seconda metà dell’Ottocento, interpretano, con diverse varianti, lo stile neocinquecentesco, anche se non mancano particolari soluzioni eclettiche, come il palazzo delle Poste in piazza S. Silvestro. Si manifesta con chiarezza il tentativo di conferire alle preesistenti strutture un’apparente conformazione simmetrica, soprattutto attraverso l’elaborazione di “aggiornati” prospetti richiesti, oltre che dal nuovo ruolo assunto dall’organismo architettonico, anche dalle recenti trasformazioni urbane che hanno alterato le consolidate relazioni instauratesi, nel tempo, con l’intorno. Un altro elemento che accomuna i diversi esempi analizzati è legato alla necessità di elaborare nuove facciate, anche quando l’intervento è improntato a una certa economicità e l’adeguamento interno mostra un carattere espressamente funzionale; in alcuni casi, invece, le sistemazioni interne presentano un maggior respiro grazie alla creazione di inediti rapporti con il contesto urbano, alla radicale ridefinizione delle strutture preesistenti e alla realizzazione di nuovi apparati decorativi. Tali esperienze, prevalentemente affidate ai tecnici dei Genio Civile o Militare, innescano un vivace e articolato dibattito che costituirà un passo significativo nella definizione del sistema di tutela del patrimonio storico-artistico del nuovo Stato e nell’impostazione delle competenze e della formazione professionale dei tecnici chiamati ad operare sulle preesistenze architettoniche e monumentali. In queste circostanze, inoltre, comincia a maturare la convinzione dell’opportunità di indire concorsi pubblici per la progettazione di opere statali così importanti, competizioni considerate essenziale momento di incontro e confronto tra le diverse tendenze artistiche e architettoniche presenti nel Paese

    I ministeri nei complessi conventuali di Roma capitale:atteggiamenti dottrinari, normativa e realizzazioni a confronto

    Get PDF
    La ricerca, dopo aver approfondito le motivazioni che hanno spinto il costituendo Regno d’Italia a espropriare numerosi complessi conventuali in tutto il territorio nazionale, ha focalizzato l’attenzione sul caso degli organismi religiosi riservati quali sedi di dicasteri per la nuova capitale. All’indomani del 20 settembre 1870, in vista del trasferimento della capitale da Firenze a Roma, da attuarsi in tempi molto rapidi, il problema degli spazi da destinare all’apparato statale si presenta pressante e complicato. L’amministrazione pontificia, diversa per impostazione e per dimensioni, era concentrata in pochi edifici, del tutto inadeguati e insufficienti per soddisfare le necessità del nuovo Stato, anche perchè la maggior parte di essi non passa al Demanio e non è, quindi, utilizzabile. L’urgenza di trovare spazi idonei in tempi brevi, la difficile situazione finanziaria, che rende sconsigliabile intraprendere nuove realizzazioni, e la preoccupazione per l’enorme potere che le istituzioni ecclesiastiche esercitano sulla popolazione, in una situazione politica nazionale e internazionale tutt’altro che definita, fanno ricadere la scelta della localizzazione dei principali uffici governativi proprio sui complessi conventuali. La vicenda appare di singolare importanza, ponendosi come cardine nella trasformazione di Roma da capoluogo pontificio a capitale del Regno d’Italia: tali complessi architettonici, in precedenza punto di riferimento di una ristretta comunità locale, vengono investiti della responsabilità di rappresentare il volto ufficiale della nuova nazione, assumendo una posizione di rilievo nella città. Gli interventi di trasformazione e adattamento a sedi degli uffici governativi si inseriscono nell’ambito delle diverse realizzazioni con cui lo Stato cerca di trovare una propria tangibile affermazione, esprimere le proprie aspirazioni e celebrare i traguardi raggiunti. Nella peculiare situazione italiana, che ha portato all’unificazione di realtà locali e amministrative molto diverse, appare particolarmente importante definire uno “stile nazionale” in cui tante realtà locali possano riconoscersi. Questo tentativo si esprime attraverso la ripresa di linguaggi del passato, in particolare dell’architettura rinascimentale, ideale estetico apprezzato anche nel resto d’Europa, come testimoniano i numerosi rilievi di palazzi rinascimentali italiani pubblicati nella prima metà del XIX secolo e l'adozione di tale modello per molti edifici pubblici in diverse città europee, in un momento storico in cui vari stati affrontano il delicato tema della definizione architettonica da dare alle costruzioni rappresentative. In particolare, a Roma si opta per il modello sangallesco, riferimento “stilistico” adottato per molte sedi istituzionali. La parte centrale dello studio approfondisce alcuni casi esemplari di complessi conventuali, particolarmente significativi perché oggetto di profonde modificazioni: il complesso di S. Silvestro in Capite, selezionato per ospitare il Ministero dei Lavori Pubblici, e quello di S. Maria sopra Minerva, riservato a sede dei ministeri dell’Istruzione Pubblica e, in via temporanea, delle Finanze. Questi organismi, dopo essere stati oggetto di diversificati interventi di adattamento, pur mantenendo sostanzialmente inalterata la propria compagine strutturale, hanno subito profonde trasformazioni della loro configurazione architettonica. Anche altri complessi vengono “accomodati” per accogliere uffici ministeriali; tra questi, i conventi di S. Agostino e dei SS. Apostoli, che danno alloggio ai dicasteri della Marina e della Guerra, sono interessati da interventi di carattere prettamente funzionale, mentre i due contigui conventi di S. Teresa e dell’Incarnazione, destinati a sede definitiva del Ministero della Guerra, subiscono interventi radicali, che si traducono nella demolizione e ricostruzione di ampie porzioni dei fabbricati. Dal punto di vista strettamente architettonico, i diversi esempi analizzati, pur mostrando peculiarità derivanti dalle situazioni contingenti, risultano tuttavia caratterizzati da approcci e modalità operative comuni. Gli interventi, che si inseriscono nell’ambito delle tendenze eclettiche e dei revivals stilistici della seconda metà dell’Ottocento, interpretano, con diverse varianti, lo stile neocinquecentesco, anche se non mancano particolari soluzioni eclettiche, come il palazzo delle Poste in piazza S. Silvestro. Si manifesta con chiarezza il tentativo di conferire alle preesistenti strutture un’apparente conformazione simmetrica, soprattutto attraverso l’elaborazione di “aggiornati” prospetti richiesti, oltre che dal nuovo ruolo assunto dall’organismo architettonico, anche dalle recenti trasformazioni urbane che hanno alterato le consolidate relazioni instauratesi, nel tempo, con l’intorno. Un altro elemento che accomuna i diversi esempi analizzati è legato alla necessità di elaborare nuove facciate, anche quando l’intervento è improntato a una certa economicità e l’adeguamento interno mostra un carattere espressamente funzionale; in alcuni casi, invece, le sistemazioni interne presentano un maggior respiro grazie alla creazione di inediti rapporti con il contesto urbano, alla radicale ridefinizione delle strutture preesistenti e alla realizzazione di nuovi apparati decorativi. Tali esperienze, prevalentemente affidate ai tecnici dei Genio Civile o Militare, innescano un vivace e articolato dibattito che costituirà un passo significativo nella definizione del sistema di tutela del patrimonio storico-artistico del nuovo Stato e nell’impostazione delle competenze e della formazione professionale dei tecnici chiamati ad operare sulle preesistenze architettoniche e monumentali. In queste circostanze, inoltre, comincia a maturare la convinzione dell’opportunità di indire concorsi pubblici per la progettazione di opere statali così importanti, competizioni considerate essenziale momento di incontro e confronto tra le diverse tendenze artistiche e architettoniche presenti nel Paese

    Atlante ERA 2008. Schede di dimissione ospedaliera per genere e Usl

    No full text
    Il fenomeno della mortalità evitabile rappresenta la punta dell’iceberg della situazione dello stato di salute delle popolazioni e delle strutture sanitarie. Con l’Atlante 2008 ERA si analizzano le informazioni sanitarie tratte dalle Schede di Dimissione ospedaliera (SDO). Nella piena consapevolezza che le SDO contengano dati che non sono stati raccolti con finalità strettamente epidemiologica, ma che si inseriscono piuttosto in processi di natura amministrativo-contabile, si ritiene tuttavia che l’analisi dei ricoveri per diagnosi fornisca un quadro ampio ed articolato dell’ospedalizzazione, fenomeno di grandissimo rilievo per la Sanità Pubblica, sia per l’importanza delle patologie per le quali si ricorre a questo servizio, sia per il consistente impegno finanziario che le varie realtà territoriali della Sanità dedicano alle strutture ospedaliere. La massa dei dati analizzata è imponente: si passa dal mezzo milione circa di decessi all’anno, tra cui rintracciare le morti evitabili, ai quasi 12 milioni di SDO, relative alle ospedalizzazioni “acute”. sono infatti state escluse, per avere un’analisi su dati relativi a fenomeni omogenei, le dimissioni da strutture di lungo-degenza e riabilitazione. Una caratterizzazione forte di ERA, che lo rende uno strumento a disposizione dei livelli decisionali locali, oltre che nazionali, consiste nell’articolarsi delle sue analisi a livello territoriale fine: l’unità di riferimento è la USL. Nell’Atlante 2008 sono state prese in considerazione le USL di residenza delle persone ricoverate piuttosto che quelle in cui ricadono le strutture in cui ci si ricovera; questa scelta consente di analizzare le caratteristiche di ospedalizzazione delle varie popolazioni – la cui consistenza e caratterizzazione demografica è nota – a prescindere dalla localizzazione del luogo di cura, evitando quindi di inserire un elemento di confondimento. Per dare un’idea dell’importanza quantitativa del fenomeno ospedalizzazione, al di là del numero complessivo dei ricoveri, citiamo un solo dato: nel 2005 (anno a cui si riferiscono i dati più recenti disponibili) sono state registrate 53,2 milioni di giornate di degenza ordinaria per acuti nelle diverse strutture ospedaliere del Servizio Sanitario Nazionale. Considerando che la popolazione residente di quell’anno è di 58,3 milioni di persone, ne deriva che, nel 2005, ogni italiano ha in media trascorso quasi un giorno in degenza ordinaria ospedaliera, per l’esattezza 21,9 ore. Un’altra caratterizzazione di ERA, riproposta nell’Atlante 2008, è la selezione, tra i moltissimi calcolati, di un numero limitato di indicatori da presentare e di un unico indicatore per la consueta classifica che mette a confronto le 166 realtà territoriali. Corre l’obbligo di puntualizzare anche per l’Atlante 2008 che la classifica è svolta per USL (e non per ASL) e non implica alcun giudizio di valore sulle strutture che nelle USL operano; peraltro, nel nuovo Atlante, come detto, sono classificate le USL di residenza delle/i pazienti. Scopo della classifica è quello di disporre ordinatamente i dati relativi ai vari territori, per evidenziare situazioni meritevoli di attenzione ed ulteriore approfondimento. Nel caso della mortalità evitabile, per patologie per le quali sono note le azioni di contrasto efficaci (si pensi alle campagne contro il fumo, o a favore di screening) l’indicazione di ERA è piuttosto immediata. Quando si ragiona sulle SDO, invece, si deve tener presente che un maggior “rischio” di ospedalizzazione in un certo territorio è dovuto ad una molteplicità di fattori, che comprendono sia uno stato di salute della popolazione mediamente compromesso che richiede – correttamente – molti ricoveri ospedalieri, che un uso massiccio del ricorso all’ospedalizzazione anche per patologie più lievi, in mancanza di altre strutture sanitarie o anche, indirettamente, per inappropriatezza delle indicazioni di ricovero. In sintesi, la missione che l’Atlante ERA 2008 si prefigge è presentare in modo piano e agevolmente fruibile un confronto tra le varie aree del Paese per contribuisca a comprendere su basi scientificamente fondate dove si osservano le situazioni di accentuata positività o criticità, su cui concentrare l’attenzione sia dal punto di vista dello stato di salute che degli aspetti organizzativi. Per rendere ancora più fruibile l’informazione presentata, nell’Atlante 2008 è stato particolarmente curato l’aspetto grafico, con l’introduzione di un’efficace rappresentazione colorimetrica nelle mappe, che mostra al primo sguardo la caratterizzazione dei vari territori. Piace concludere sottolineando come con questo Atlante prosegua il progetto di proficua collaborazione interdisciplinare ed interistituzionale che va sotto il nome di ERA, che ha come fine contribuire, quale strumento di conoscenza orientato al supporto delle decisioni di politica sanitaria, al miglioramento della salute delle cittadine e dei cittadini italiani, vero “core-business” del Servizio Sanitario

    Basi navali e aeree della Regia Marina nella prima guerra mondiale

    No full text
    Il volume tratta dell'argomento indicato nel titolo, con particolare riguardo allo sviluppo architettonico nel tempo delle infrastrutture affrontate

    Difendere Roma. Architettura militare della capitale d'Italia, 1870-1943

    No full text
    Il volume affronta per la prima volta in maniera organica il complesso delle difese di Roma capitale dalla breccia di Porta Pia nel 1870 all'armistizio dell'8 settembre 1943, in Piena Seconda guerra mondiale. In questo quadro, gli autori trattano ciascuno i vari temi relativi all'edilizia militare, alle caserme, alle fortificazioni vere e proprie realizzati tutti tra fine XIX e inizio XX secolo, col fornire anche un inedito quadro complessivo di quanto realizzato dalla fine della Prima guerra mondiale in poi, durante il fascismo

    Causes of Death during the First COVID-19 Pandemic Wave in Italy: A Comparison with Some European Countries

    No full text
    Studies comparing cause-of-death patterns across countries during the COVID-19 outbreak are still lacking although such studies would contribute to the understanding of the direct and indirect effect of the virus on mortality. In this report, we compare the mortality pattern observed in Italy during the first pandemic wave (March–April 2020) with that of some European countries. We calculated cause-specific, age-standardized mortality ratios (SMR) for Spain, England, and Sweden for the two mentioned months from 2016 to 2020, using already published data. Although Italy presented the highest crude overall mortality rate (267 per 100,000 population), age-adjusted ratios showed that all-cause and COVID-19 mortality in Italy were higher than in Sweden but lower than in the other two countries. Some causes had a similar increase in 2020 compared to previous years in all countries, i.e., endocrine diseases (especially diabetes), dementia and Alzheimer’s (in general mental disorders), and hypertensive heart diseases. Conversely, respiratory diseases, in particular pneumonia and influenza, increased to a greater extent in Italy. This latter result could be, in part, related to the underreporting of COVID-19 on death certificates during the first period of the pandemic, when Italy was the first European country severely hit by the virus

    The Role of COVID-19 in the Death of SARS-CoV-2-Positive Patients: A Study Based on Death Certificates

    No full text
    Background: Death certificates are considered the most reliable source of information to compare cause-specific mortality across countries. The aim of the present study was to examine death certificates of persons who tested positive for severe acute respiratory syndrome coronavirus 2 (SARS-CoV-2) to (a) quantify the number of deaths directly caused by coronavirus 2019 (COVID-19); (b) estimate the most common complications leading to death; and (c) identify the most common comorbidities. Methods: Death certificates of persons who tested positive for SARS-CoV-2 provided to the National Surveillance system were coded according to the 10th edition of the International Classification of Diseases. Deaths due to COVID-19 were defined as those in which COVID-19 was the underlying cause of death. Complications were defined as those conditions reported as originating from COVID-19, and comorbidities were conditions independent of COVID-19. Results: A total of 5311 death certificates of persons dying in March through May 2020 were analysed (16.7% of total deaths). COVID-19 was the underlying cause of death in 88% of cases. Pneumonia and respiratory failure were the most common complications, being identified in 78% and 54% of certificates, respectively. Other complications, including shock, respiratory distress and pulmonary oedema, and heart complications demonstrated a low prevalence, but they were more commonly observed in the 30-59 years age group. Comorbidities were reported in 72% of certificates, with little variation by age and gender. The most common comorbidities were hypertensive heart disease, diabetes, ischaemic heart disease, and neoplasms. Neoplasms and obesity were the main comorbidities among younger people. Discussion: In most persons dying after testing positive for SARS-CoV-2, COVID-19 was the cause directly leading to death. In a large proportion of death certificates, no comorbidities were reported, suggesting that this condition can be fatal in healthy persons. Respiratory complications were common, but non-respiratory complications were also observed
    corecore