17 research outputs found
Surgical Treatment for a Relapsing Malleolar Bursitis in a Professional Figure Skating: Case Report
The increase of popularity in sports as Roller Skating, Figure Skating and Ice Hockey has simultaneously increased the number of skating-related injuries. Lesions of chronic dermatological nature and muscle and tendon lesions have high number of case reports. Ankle and foot are peculiarly involved and this condition suggests the correlation with the use of the skating boot, which with its high-cut and hard-fit changes the joint biomechanics and function and, as a result, the intergumentary system is continuously damaged by the compression and rubbing on the foot. The frequent onset of non-septic chronic relapsing bursitis at the level of the malleolar region is common in all sports requiring the use of skating boots. The conservative treatment is usually compromised by the repetition of the traumatic event due to the use of the skating boot. The case report of a 19 year old professional figure skater affected by non-septic relapsing malleolar bursitis at the level of the malleolar region is presented
Anterior cruciate ligament reconstruction with LARS artificial ligament—clinical results after a long-term follow-up
Purpose The aim of this retrospective study was to evaluate the subjective and functional outcome of anterior cruciate ligament (ACL) reconstruction with the synthetic Ligament Advanced Reinforcement System (LARS) ligament. Methods Twenty-six patients were reviewed at an average follow-up of 11.6 years. Objective clinical evaluation was performed with stability tests. Patient-reported outcomes (Visual Analogue Scale, Knee Injury and Osteoarthritis Outcome Score, and Cincinnati Knee Rating Scale) were used to assess subjective and functional outcomes. Results Overall satisfactory results were obtained in 22 cases (84.6%). Four patients (15.4%) showed mechanical failure of the graft. No cases of synovitis or infection were reported. Conclusion LARS ligament can be considered a safe and suitable option for ACL reconstruction in carefully selected cases, especially elderly patients needing a rapid postoperative recovery. Level of Evidence Level IV, retrospective case series
VALUTAZIONE DEL RIASSORBIMENTO OSSEO PERIPROTESICO DOPO PRIMO IMPIANTO DI PROTESI D'ANCA CON STELO CORTO METHA: RISULTATI DOPO 48 MESI DI FOLLOW-UP.
L’artroprotesi totale di anca è una procedura di chirurgia ortopedica maggiore molto comune per il trattamento delle patologie degenerative dell’articolazione coxo-femorale. L’elevato numero di pazienti coinvolti, il grande impatto della procedura sulla qualità della vita e la gravità delle conseguenze del fallimento, rendono ragione degli sforzi ancora oggi intensamente eseguiti per lo sviluppo di protesi sicure e durature nel tempo. Il successo a lungo termine di un impianto protesico è frutto di delicati meccanismi che si creano tra osso e protesi “interazione osso-protesi favorevole”. L’impianto della protesi altera sempre la biomeccanica e la fisiologica trasmissione dei carichi a livello articolare, con conseguente adattamento dell’osso il quale è sottoposto a una perdita intraoperatoria acuta e una perdita cronica che si manifesterà tardivamente dall’atto chirurgico quale adattamento morfostrutturale alla nuova biomeccanica. Quando gli “adattamenti” sono sfavorevoli e abnormi, la sorte della protesi è segnata e si sviluppa il graduale fallimento dell’impianto. Quindi, il riassorbimento osseo periprotesico che si realizza a medio-lungo termine dopo l’impianto della protesi totale di anca, rappresenta l’evento che ne condiziona maggiormente il successo e la “longevità”. Questo rimodellamento è il risultato di una complessa interazione tra fattori meccanici intrinseci (caratteristiche meccaniche e qualità dell’osso prima dell’impianto, forma delle componenti scheletriche che dovranno ospitare la protesi e iper o ipo-reattività individuale), estrinseci (materiali di costruzione specialmente in termini di modulo di elasticità, il design, il tipo di fissazione e la presenza di rivestimenti bioattivi) e fattori fisiologici biologici. La perdita ossea periprotesica può essere quindi considerata come un evento inevitabile che condiziona la durata dell’impianto ed appare riconducibile principalmente a due meccanismi d’azione distinti ma collegati tra loro: la mobilizzazione asettica per attivazione di processi infiammatori indotta da piccole particelle derivanti dell’usura dei materiali e l’alterazione del normale trasferimento dei carichi che porta al fenomeno dello stress-schielding. Pur riconoscendo che tali fattori determinanti sono differenti, i due fenomeni presentano, probabilmente, un denominatore comune, l’osteolisi indotta dalla stimolazione dell’osteoclastogenesi. Il rimodellamento osseo, che si realizza nei primi mesi successivi all’intervento, è fondamentale per la fissazione e la stabilità dell’impianto, e rappresenta le fondamenta della possibilità di sopravvivenza a lungo termine della protesi. Ripetuti esami radiografici vengono normalmente eseguiti per valutare la stabilità di un impianto e per verificare la risposta dell’osso che lo ospita, ma per rilevare i piccoli cambiamenti ossei la Rx non è così tanto sensibile. Lo studio in vivo dei fenomeni di rimodellamento periprotesico vede la Dexa come la metodica migliore per valutare variazioni di densità ossea in tale sede già in fasi precoci. La Dexa (Dual energy X-ray absorptiometry) che normalmente viene utilizzata per determinare la densità di massa ossea nella colonna lombare e nella regione prossimale del collo del femore per diagnosticare i disordini metabolici ossei (Mazess et al. 1989), in questi casi è sfruttata ed eseguita con un software di rimozione del metallo “hip prosthesis metal removal” per quantificare le variazioni di massa ossea nella zone circostanti l’impianto protesico. Negli studi periprotesici, la Dexa si è rivelata quindi l’esame più sensibile e preciso nel quantificare la densità minerale ossea, con un accettabile coefficiente di variabilità, legato alla posizione e alla rotazione dell’anca, inferiore a 3-4%. Questo sta a significare che variazioni di densità ossea superiori, in plus o in minus, del 3-4% sono legate al processo di rimodellamento. Tenendo presente che l’occhio umano riesce a identificare variazioni di densità radiografica quando queste superano il 30-40% della densità iniziale, fatta salva la perfezione tecnica dell’esecuzione della radiografia, ben si comprende come la Densitometria ossea sia la metodica di scelta per valutare il rimodellamento periprotesico. Sulla base di queste conoscenze infatti, abbiamo eseguito, in collaborazione con l’Istituto di Fisiologia Clinica (CNR-consiglio nazionale della ricerca) “G.Monasterio” e dopo approvazione del comitato etico, uno studio prospettico per valutare e quantificare gli effetti a lungo termine che lo stelo protesico (stelo corto a presa metafisaria – modello Metha® BBraun) ha provocato nell’osso circostante. Metodo: in accordo con i criteri di inclusione e di esclusione prestabiliti, 20 pazienti (10 uomini e 10 donne) con età media di 59 anni (range 43-74), sono stati arruolati nello studio. Tutti sono stati valutati clinicamente (Harris Hip Score e Womac Score), radiograficamente (Rx in AP e in LL) e tramite Dexa (7 zone di Gruen) secondo un protocollo definito: a T0 (entro sei mesi dall’impianto), a T12 (dopo 12 mesi dall’impianto) a T24 (dopo 24 mesi dall’impianto) a T36 (dopo 36 mesi dall’impianto) a T48 (dopo 48 mesi dall’impianto). Risultati: Harris hip score (HHS) e il Womac score sono migliorati significativamente. Radiograficamente non si sono verificate aree di radiolucenza in tutti i controlli. Abbiamo avuto 2 casi di calcificazioni visibili radiograficamente ma clinicamente non rilevanti. Nessuno stelo è stato revisionato. Non si sono verificati episodi di lussazione. Non sono state documentate infezioni. Tutti i pazienti sono stati operati dal solito chirurgo e con la medesima via d’accesso (Accesso postero-laterale secondo Gibson-Moore). Il BMD periprotesico da T0 a T48 ha mostrato il seguente andamento: (R1 aumentato da 0.73 g/cm2 a 0.73 g/cm2; R2 aumentato da 1.3 g/cm2 a 1.49 g/cm2; R3 aumentato da 1.57 g/cm2 a 1.64 g/cm2; R4 aumentato da 1.57 g/cm2 a 1.59 g/cm2; R5 aumentato da 1.52 g/cm2 a 1.68 g/cm2; R6 aumentato da 1.29 g/cm2 a 1.52 g/cm2; R7 è lievemente calato da 1.07 g/cm2 a 1.02 g/cm2). Conclusioni: dopo un follow-up a lungo termine di 48 mesi è possibile affermare che il trend del BMD periprotesico è stato positivo in tutte le aree di Gruen ad eccezione della zona del Calcar (R7), evitando il riassorbimento delle aree prossimali metafisarie che potrebbe a lungo andare, mettere in crisi la stabilità e la longevità dell’impianto stesso. Si evidenzia inoltre che i più significatici cambiamenti della densità ossea periprotesica, si sono verificati principalmente dal 24 mese in poi. Lo stelo Metha® quindi, grazie alla sua presa metafisaria con conservazione del collo, riesce a ridurre il riassorbimento periprotesico prossimale tipico degli steli lunghi tipo Zwiemuller, prospettando una maggior longevità dell’impianto stesso. Inoltre è stata verificata una discreta variazione dei risultati densitometrici in base all’orientamento dello stelo (in varo e in valgo) mettendo in evidenza una variabilità dei risultati operatore dipendente
VALUTA ZIONE DEL RIASSORBIMENTO OSSEO PERIPROTESICO DOPO IMPIANTO DI PTA . CONFRONTO DEL TREND DENSITOMETRICO TRA DUE DIVERSI DESIGN DI STELO: ACCOLADE(STRYKER) VS METHA(BBRAUN)
Introduzione: Il maggior rischio per la sicurezza di una protesi,
che determina necessariamente al momento dell’impianto
un’alterazione della distribuzione dei carichi a livello articolare
con conseguente adattamento dell’osso, è il riassorbimento osseo
periprotesico che si realizza a medio-lungo termine dopo
impianto di PTA, risultato di una complessa interazione tra fattori
intrinseci, estrinseci (materiali, design, rivestimenti e fissazione)
e fisiologici e principalmente concentrato nella metafisi femorale
prossimale. Lo studio delle cause del fallimento dell’impianto,
così come l’interesse verso la Tissue Sparing Surgery (tecniche
mini-invasive ed impianti con design conservativo), ha sviluppato
un crescente interesse negli ultimi anni, soprattutto in ragione
della necessità di intervenire su soggetti sempre più giovani, con
maggiori richieste funzionali post-operatoire e aspettativa di vita
più lunga. Per lo studio in vivo dei fenomeni di rimodellamento
periprotesico la DEXA viene descritta come la metodica più sensibile
nel rilevare minime variazioni di densità ossea già in fase
precoce, al contrario della RX.
Scopo di questo studio è confrontare gli effetti esercitati dal diverso
design di due steli protesici sul riassorbimento osseo periprotesico,
al fine di valutare se lo stelo corto Metha® rappresenti
una scelta qualitativamente superiore rispetto ad altri steli, più
lunghi ma pur sempre a presa meta-metadiafisaria come lo stelo
Accolade® TMZF, in relazione al fenomeno di riassorbimento
osseo periprotesico e indirettamente alla longevità dell’impianto.
Materiali e Metodi: Il confronto dei 2 steli nasce dai trend densitometrici
osservati in 2 diversi studi eseguiti presso la nostra
clinica in collaborazione col Centro di Fisiologia Clinica (CNR
G.Monasterio) di Pisa. In accordo coi criteri di inclusione/esclusione
prestabiliti, sono stati reclutati 40 pazienti, sottoposti ad
artroprotesi totale d’anca: 20 con impianto di stelo Accolade®
TMZF (età media 66), appartenenti al gruppo 1; 20 con stelo
Metha® (età media 59), appartenenti al gruppo 2. Tutti sono stati
valutati clinicamente (Harris Hip e Womac score) e radiograficamente
in fase pre-operatoria, nonchè clinicamente, radiograficamente
e con esame dexa entro 6 mesi e a 12, 24 e 36 mesi
dall’impianto. È opportuno sottolineare che i due studi hanno
mostrato risultati statisticamente significativi solo se presi sin golarmente, in quanto non analiticamente paragonabili (Aree di
Gruen non omogenee); la nostra analisi conclusiva quindi si è
basata esclusivamente sul confronto dei due Trend osservati.
Risultati: I risultati a 36 mesi indicano un aumento statisticamente
significativo (p< 0.001) dei punteggi dell’HHS all’interno
di entrambi i gruppi di studio. Nessun paziente ha subito reimpianto
chirurgico. In nessun controllo Rx abbiamo evidenziato
aree di radiolucenza. All’analisi DEXA le variazioni del BMD nelle
7 aree di Gruen a 36 mesi di follow-up hanno evidenziato: per il
gruppo 1 un decremento esclusivamente nella zona del Calcar
(R7) con valore del 2,9%, un modesto aumento in R1, R2 e R3
ed un incremento del BMD statisticamente significativo (p<0,05)
a 24 e 36 mesi dall’impianto in R4(6,2%), R5(7,2%) e R6(8,15%);
anche per il gruppo 2 abbiamo riscontrato un trend di valore del
BMD periprotesico positivo in tutte le aree, con valori statisticamente
significativi in R5(10,5%) e R6(17,8%) ad eccezione di
R1 che è rimasta costante nel tempo e R7 che ha mostrato un
decremento del 4,7%.
Discussione: Entrambi gli steli analizzati garantiscono, dopo un
f-u di 36 mesi, una sicurezza in termini di riassorbimento osseo,
mostrando un trend del BMD positivo in tutte le aree di Gruen ad
eccezione della R7 dove osserviamo un lieve decrremento (da
1,03 ad 1,00 per il gruppo 1; da 1,07 a 1,02 per il gruppo 2). L’analisi
Dexa mostra quindi, per entrambi i design, un trasferimento
dei carichi prevalentemente sul comparto meta-diafisario mediale
(R5, R6), paramentro essenziale nel garantire la sopravvivenza
dell’impianto a lungo termine.
Conclusioni: Nonostante entrambi si siano dimostrati stabili,
dal confronto dei risultati con la letteratura è emerso che il diverso
posizionamento (varo/valgo) può influenzare significativamente
i valori del BMD per lo stelo Metha® specialmente nelle
aree prossimali (R1, R7). Nasce quindi il dubbio se effettivamente
lo stelo corto Metha®, che presenta una maggior variabilità di
orientamento e quindi necessita di maggior esperienza da parte
dell’operatore, offra vantaggi rispetto ad uno stelo leggermente
più lungo e meno operatore dipendente
ACL Replacement with Synthetic vs. Biological Tendon Grafts: Long-Term Follow-Up Comparison Using Objective Evaluations
Background and aim of the study: Anterior cruciate ligament (ACL) tears are among the most common articular injuries in sports and can be responsible for knee instability and reduced articular performance. Treatment can be either conservative or operative, and ligament reconstruction may be carried out using biological autologous grafts or synthetic materials. Several studies have sought to evaluate and compare functional results in treated patients. However, there is still very limited information available on long-term follow-up and clinical outcomes are generally evaluated only using subjective scores. In this study, we assessed long-term functional and biomechanical results in patients treated with biologic and synthetic ligaments using objective measures. Materials and methods: Patients were divided according to whether ACL reconstruction was biologic or synthetic. The Tegner activity scale was used before and after surgery. Post-operative subjective scores such as the IKDC Questionnaire and the Tegner-Lysholm score were also recorded. The Y Balance Test was used to assess global stability and mobility of the lower limb. Kinematic Rapid Assessment (KiRA) was used to evidence and estimate ligamentous laxity during the Pivot Shift and Lachman tests. Results: Clinical subjective patient and operator-dependent scores as well as objective biomechanical findings were similar and comparable in patients treated with biologic and synthetic reconstructions after more than 10 years of use. Conclusions: Both synthetic and biological tendon grafts may represent good reconstructive approaches to treat torn ACLs, and remain effective even for a long period of time if implanted in suitable target patients
LE CALCIFICA ZIONI ETEROTOPICHE NELLA PROTESICA D’ANCA CON ACCESSO POSTERO-LAT ERALE: INCIDENZA, SIGNIFICATO CLINICO E FATTORI DI RISCHIO
Introduzione: Le calcificazioni eterotopiche nella chirurgia protesica
d’anca rappresentano una complicanza non frequente
che in una piccola percentuale di pazienti può causare dolore e
limitazione funzionale. Le cause sono multifattoriali: predisposizione
individuale, comorbilità, pregresse fratture a livello dell’anca
e, secondo alcuni studi, l’accesso chirurgico con il relativo
trauma sui tessuti molli. Possono essere prevenute con l’utilizzo
di FANS come l’indometacina o il celecoxib (sebbene la loro reale efficacia non sia stata tuttora ben definita) o con la terapia
radiante. Possono essere anche rimosse chirurgicamente ma la
percentuale di recidive è elevata.
Scopo di questo studio prospettico è stato quello di stimare
l’incidenza delle calcificazioni periprotesiche in un gruppo eterogeneo
di pazienti sottoposti a sostituzione protesica di anca, di
valutarne i fattori di rischio e il loro significato clinico.
Materiali e Metodi: In questa analisi sono stati valutati 350 pazienti
sottoposti a protesi totale di anca trattati presso la nostra
U.O. dal Gennaio 2010 al Dicembre 2012. Criteri di inclusione
sono stati: l’accesso chirurgico postero-laterale, nessuna terapia
farmacologia o radiante profilattica preoperatoria né postoperatoria.
Per ciascun paziente sono stati esaminati i radiogrammi
preoperatori, postoperatori e quelli eseguiti dopo circa un anno
ed è stata utilizzata la classificazione di Brooker. Sono stati valutati
età, sesso, i fattori di rischio e gli aspetti clinici dei pazienti
che hanno sviluppato calcificazioni tipo broker III e IV (gruppo 3
e 4).
Risultati: Su un totale di 350 pazienti (134 maschi e 216 femmine)
sono state riscontrate calcificazioni in 122 pazienti (35%), di
cui 46 (13,2%) maschi e 76 (21,8%) femmine. I pazienti del gruppo
3 e 4 erano 25 (7,18%), rispettivamente 21 (6,4%) per il gruppo
3 (3,16% maschi e 2,88% femmine) e 4 (1,14%) per il gruppo
4 (0,28% femmine e 0,86% maschi). Il follow-up medio era 13,4
mesi. L’età media era 68,1 anni (67,1 per i maschi e 68,9 per
le femmine). L’età media era 67,4 anni per i pazienti classificati
come Brooker 0 (gruppo 0: 66,9 maschi e 67,7 femmine), 69,7
nei Brooker I (gruppo 1: 66,4 maschi e 71,2 femmine), 68,7 nei
Brooker II (gruppo 2: 69,7 maschi e 68,2 femmine), 67,3 nei Brooker
III (gruppo 3: 63,9 maschi e 69,9 femmine), 70 nei Brooker
4 (gruppo 4: 67,3 maschi e 78 nell’unica donna).
I pazienti del gruppo 3 erano affetti da: 2 diverticolosi del colon, 5
Ipertrofie prostatiche benigne, 9 dislipidemie, 2 artrite reumatoide,
1 pregressa TBC e 1 gammopatia monoclonale.
I pazienti del gruppo 4 erano affetti da: 1 artrite reumatoide e
frattura basicervicale (PTA su frattura); 1 linfoma non Hodgkin;
1 sclerosi multipla e 1 rettocolite ulcerosa. Tutti questi pazienti
avevano gruppo sanguigno 0 positivo.
L’età ed il sesso non sono risultati fattori discriminanti nello sviluppo
di calcificazioni.
Per quanto riguarda gli aspetti clinici valutati nei gruppi 3 e 4,
5 pazienti del gruppo 3 lamentavano dolore ai massimi gradi di
articolarità mentre in 2 pazienti del gruppo 4 coesisteva oltre al
dolore una importante limitazione del range articolare. Sono stati
operati di exeresi delle calcificazioni solo i 2 pazienti del gruppo
4.
Discussione: In accordo con i dati in Letteratura, dallo studio
è emerso che l’incidenza delle calcificazioni eterotopiche è circa
del 30% e che le fratture e le malattie infiammatorie croniche
sono fattori di rischio indipendentemente dall’età e sesso.
Tutti i Brooker 4 appartenevano al gruppo sanguigno 0 +, ma
non è possibile stabilire una correlazione tra i due dati.
I Brooker 3 risultavano affetti da più malattie, in particolare da
disordini del metabolismo lipidico (nella maggior parte dei casi da
ipercolesterolemia poligenica) e da artrite reumatoide.
Riguardo il dolore e la limitazione articolare, dai risultati è emerso
che nei 5 pazienti del gruppo 3 non influenzavano la normaleasqualità
di vita, mentre nel 50% dei pazienti con Brooker IV (2
pazienti del gruppo 4 affetti rispettivamente da RCU ed AR) al
dolore si sommava una limitazione funzionale tale da rendere necessaria
l’exeresi chirurgica.
Conclusioni: Dalla review della Letteratura e dall’analisi critica
dei risultati ottenuti dal nostro studio è possibile affermare che le
calcificazioni eterotopiche dopo protesi totale di anca con accesso
postero-laterale sono una complicanza che solo in una bassa
percentuale dei casi riveste un importanza clinica. Non è possibile
ancora standardizzare tutti i fattori di rischio ma in caso di pazienti
con pregresse fratture di femore o malattie infiammatorie croniche,
potrebbe essere utile una profilassi farmacologica o radiante
VALUTA ZIONE DEL RIASSORBIMENTO OSSEO PERIPROTESICO DOPO PRIMO IMPIANTO DI PROTESI D’ANCA CON STELO CORTO B-BRAUN METHA: RISULTATI DOPO 48 MESI DI FOLLOW-UP
Introduzione: L’Artroprotesi totale di anca è una procedura di
chirurgia ortopedica maggiore molto comune per il trattamento
delle patologie degenerative dell’articolazione coxo-femorale.
L’elevato numero di pazienti coinvolti, il grande impatto della procedura
sulla qualità della vita e la gravità delle conseguenze del
fallimento, rendono ragione degli sforzi ancora oggi eseguiti per
lo sviluppo di protesi sicure e durature nel tempo. Il successo a
lungo termine di un impianto protesico è frutto di delicati meccanismi
che si creano tra osso e protesi: “interazione osso-protesi
favorevole”. Il riassorbimento osseo periprotesico a medio-lungo termine, che si sviluppa principalmente a livello della porzione
metafisaria prossimale di femore, rappresenta uno dei maggiori
rischi di fallimento dell’impianto. Per lo studio in vivo di tale
fenomeno la Moc DEXA viene descritta in letteratura come la
metodica più sensibile nel rilevare anche le minime variazioni di
densità ossea già in fase precoce (> del 3-4%), al contrario della
RX che rileva variazioni di densità solo se >del 30-40%. Lo scopo
di questo studio è valutare gli effetti esercitati dallo stelo corto
con conservazione di collo a presa metafisaria BBraun Metha
sulla densità ossea priprotesica in tutte le 7 aree di Gruen, così
da definire il trend che questo stelo esercita sul riassorbimento
osseo periprotesico. Tale valutazione può predire la longevità e
la stabilità dell’impianto a lungo termine. A tale proposito, i pazienti
sono stati valutati con un follow-up densitometrico, clinico
e radiografico segnalando le alterazioni evidenziate nel corso di
48 mesi.
Materiali e Metodi: In accordo con i criteri di inclusione e di
esclusione prestabiliti, 20 pazienti (10 uomini e 10 donne) con
età media di 59 anni (range 43-74), sono stati arruolati nello studio.
Tutti i pazienti sono stati operati dallo stesso chirurgo e con
la medesima via d’accesso (Accesso postero-laterale secondo
Gibson-Moore). Tutti sono stati valutati clinicamente (Harris Hip
Score e Womac Score), radiograficamente (Rx in AP e in LL) e
tramite Dexa (7 zone di Gruen) secondo un protocollo definito:
a T0 (entro sei mesi dall’impianto), a T12 (dopo 12 mesi dall’impianto)
a T24 (dopo 24 mesi dall’impianto) a T36 (dopo 36 mesi
dall’impianto) a T48 (dopo 48 mesi dall’impianto).
Risultati: Harris hip score (HHS) e il Womac score sono migliorati
significativamente. Radiograficamente non si sono verificate
aree di radiolucenza in tutti i controlli. Abbiamo avuto 2 casi di
calcificazioni visibili radiograficamente, ma clinicamente non rilevanti.
Nessuno stelo è stato revisionato. Non si sono verificati
episodi di lussazione. Non sono state documentate infezioni. Il
BMD periprotesico da T0 a T48 ha mostrato il seguente andamento:
(R1 aumentato da 0.73 g/cm2 a 0.73 g/cm2; R2 aumentato
da 1.3 g/cm2 a 1.49 g/cm2; R3 aumentato da 1.57 g/cm2
a 1.64 g/cm2; R4 aumentato da 1.57 g/cm2 a 1.59 g/cm2; R5
aumentato da 1.52 g/cm2 a 1.68 g/cm2; R6 aumentato da 1.29
g/cm2 a 1.52 g/cm2; R7 è lievemente calato da 1.07 g/cm2 a
1.02 g/cm2).
Discussione: Dopo un follow-up a lungo termine di 48 mesi è
possibile affermare che il trend del BMD periprotesico è stato
positivo in tutte le aree di Gruen ad eccezione della zona del
Calcar (R7), evitando il riassorbimento delle aree prossimali metafisarie
che potrebbe a lungo, minare la stabilità e la longevità
dell’impianto stesso. Si evidenzia inoltre che i cambiamenti della
densità ossea periprotesica si sono verificati principalmente dal
24 mese in poi. Risultati statisticamente significativi (Wilcoxon
signed-ranks test, P<0.05) si sono documentati nelle regioni R5
e R6 a 24, 36 e 48 mesi.
Conclusioni: Lo stelo Metha® quindi, grazie alla presa metafisaria
con conservazione del collo, riesce a ridurre il riassorbimento
periprotesico prossimale tipico degli steli lunghi tipo Zwiemuller,
prospettando una maggior longevità dell’impianto stesso.
Purtroppo però è stata riscontrata, dal confronto dei nostri
risultai coi risultati di altri studi presenti in letteratura, una discreta
variazione dei valori densitometrici in base all’orientamento dello stelo (in varo e in valgo), evidenziandosi una variabilità dei risultati
operatore dipendente. Secondo il nostro studio, quindi si
può concludere che lo Stelo Metha® BBraun dopo 48 mesi di
follow-up ha influenzato positivamente il riassorbimento osseo
periprotesico specialmente nelle aree più prossimali anche se i
valori Dexa possono essere influenzati dal diverso orientamento
dello stelo operatore dipendente. Quindi, si dimostra una protesi
sicura e presumibilmente longeva, ma difficile e variabile in base
alle capacità del chirurgo
Anterior cruciate ligament reconstruction with LARS™ artificial ligament results at a mean follow-up of eight years
Purpose The aim of this study was to review patients that
underwent ACL reconstruction with the LARS™ ligament
in the First Orthopaedic Division of Pisa University during
the period between January 2003 and December 2005.
Methods Twenty-six patients were reviewed with an average
follow-up of 95.3 months (7.9 years). The review protocol
was articulated in three phases: (1) a subjective evaluation
using three grading scales: VAS, KOOS and the Cincinnati
knee rating scale, (2) a clinical and objective evaluation, and
(3) a biomechanical evaluation of the knee stability.
Results A global positive result was obtained in 92.3 % of the
patients (16 optimal results and eight good results), with a fast
functional recovery and a high knee stability. A global poor
result was reported in two cases. In our series we did not record
cases of infection or knee synovitis.We recorded only one case
ofmechanical graft failure. The results obtained fromour study
are encouraging and similar to those in the literature.
Conclusions We conclude that the LARS™ligament can be
considered a suitable option for ACL reconstruction in
carefully selected cases, especially for older patients needing a fast functional recovery
DENSITOMETRIC EVALUATION OF PERIPROSTHETIC BONE RESORPTION AFTER SURGICAL PLACEMENT OF ACCOLADE I TMZF HIP STEM AT 36 MONTHS
Purpose: This study aims to evaluate the e ects of the Accolade I® TMZF® metaphyseal stem on the periprosthe c bone density at the level of the 7 Gruen zones and to de ne the evolu on of bone resorp on associated to the design of the stem. The periprosthe c bone remodeling data were collected with DXA scan. Therefore, this study also intends to predict, based upon the collected results, the long-term dura on and stability of the stem, as they are directly related to the periprosthe c bone resorp- on process.
Methods: 25 pa ents (11 men and 14 women) were selected in this study in accordance with speci c inclusion and exclusion criteria. Pa ents under- went total hip replacement with Accolade I® TMZF® hip stem (average age of 66). They were all clinically evaluated based on Harris Hip Score and Womac Score, and preopera ve radiology examina ons were performed. Clinical, radiological and bone density evalua ons were performed on each pa ent within six months and at 12, 24 and 36 months a er surgery.
Results: The results at 36 months show a sta s cally signi cant increase (p<0.001) of the HHS scores, from 64 during preopera ve phase to 93 at 36 months. No pa ents underwent secondary replacement surgery and no radiolucency was found during radiological assessments. The bone mineral density changes in the 7 Gruen zones seen with DXA scan showed a decrease of 2.9% only at the level of the calcar region (R7), a moderate increase at the level of R1, R2 and R3 and a sta s cally signi cant increase of BMD (p<0,05) at 24 and 36 months a er surgery at the level of R4 (+6.2%), R5 (+7.2%) and R6 (+8.15%).
Conclusions: Our study revealed that the Accolade I® TMZF® uncemented stem is safe as far as periprosthe c bone resorp on is concerned, a er a middle-long term follow-up evalua on at 36 months, since it shows a de - nitely posi ve BMD evolu on at the level of all Gruen zones and especially at the level of the medial region (R5, R6). The only excep on where BMD results mildly decreased (from 1.03 to 1.00) is at the level of R7, most likely due to weight load increase at a lower level (R6) compared to pa ent’s physi- ological condi on. Therefore, the DXA scan shows evidence of weight load changes mainly on the medial metadiaphyseal aspect, which results to be a fundamental parameter of the long-term stem longevit
RIASSORBIMENTO OSSEO PERIPROTESICO DOPO IMPIANTO DI STELO ACCOLADE I TMZF: VALUTA ZIONE DENSITOMETRICA A 36 MESI DI FOLLOW-UP
Introduzione: L’impianto di una protesi determina un’alterazione
della biomeccanica e della fisiologica distribuzione dei carichi
a livello articolare, con conseguente adattamento dell’osso, che
sarà sottoposto dapprima ad una perdita intraoperatoria acuta e
tardivamente ad una perdita cronica, come adattamento morfostrutturale
alla nuova biomeccanica. Il riassorbimento osseo periprotesico
che si realizza a medio-lungo termine, principalmente
concentrato nella porzione prossimale metafisaria del femore,
dopo impianto di protesi totale d’anca sembra rappresentare
uno dei rischi principali per la sicurezza e la longevità dell’impianto
stesso. Scopo di questo studio è valutare gli effetti esercitati
dallo stelo a presa metafisaria Accolade I® TMZF® sulla densità
ossea periprotesica in tutte e 7 le aree di Gruen, in modo da
definire il trend di riassorbimento osseo correlati al design di questo
impianto, mediante acquisizione dei dati di rimodellamento
osseo periprotesico con metodica DEXA. la Moc DEXA viene
descritta, infatti, in letteratura come la metodica più sensibile nel
rilevare anche le minime variazioni di densità ossea già in fase
precoce (>3-4%), al contrario della RX che rileva variazioni di
densità solo se >del 30-40%. Lo scopo secondario è, quindi,
predire, sulla base dei risultati ottenuti, la longevità e la stabilità
dell’impianto a lungo termine, in quanto direttamente correlate al
fenomeno del riassorbimento osseo periprotesico.
Materiali e Metodi: In accordo con i criteri di inclusione e di
esclusione prestabiliti, sono stati reclutati in questo studio prospettico
25 pazienti (11 uomini e 14 donne), sottoposti ad artroprotesi
totale d’anca con impianto di stelo Accolade I® TMZF®
(età media di 66 anni). Tutti i pazienti sono stati valutati clinicamente
(Harris Hip e Womac score) e radiograficamente in fase
pre-operatoria. Sono stati poi rivalutati clinicamente, radiograficamente
e con esame densitometrico entro sei mesi(T0) e dopo
12 (T12), 24 (T24) e 36 (T36) mesi dall’impianto.
Risultati: I risultati a 36 mesi indicano un aumento un aumento
statisticamente significativo (p< 0.001) dei punteggi dell’HHS,
che è passato da 64 punti nel preoperatorio a 93 punti al T36.
Nessun paziente ha subito reimpianto chirurgico ed in nessun
controllo radiografico abbiamo evidenziato aree di radiolucenza. All’analisi DEXA le variazioni del BMD nelle 7 aree di Gruen hanno
evidenziato un decremento esclusivamente nella zona del Calcar
(R7) con valore del 2,9%(da 1,03 g/cm2 al T0 ad 1,00 al T36),
un modesto aumento in R1, R2 e R3 ed un incremento del BMD
statisticamente significativo (p<0,05) a 24 e 36 mesi dall’impianto
in R4 (+6,2%, passando da un valore di 1,61 al T0 ad 1,71
al T36), R5 (+7,2%, passando da 1,52 al T0 a 1,63 al T 36) e
R6(+8,15%, passando da 1,35 al T0 ad 1,36 al T36).
Discussione: Dal nostro studio è emerso che lo stelo non cementato
Accolade I® TMZF® garantisce, dopo un follow-up a
medio-lungo termine di 36 mesi, una sicurezza in termini di riassorbimento
osseo periprotesico, in quanto mostra un trend del
BMD decisamente positivo in tutte le aree di Gruen ed in particolar
modo nel distretto mediale (R5,R6), ad eccezione della R7
dove mostra un lieve decremento del BMD. Tale decremento è
probabilmente correlato ad una maggior distribuzione dei carichi
ad un livello inferiore (R6) rispetto alla condizione fisiologica.
Conclusioni: L’analisi dexa mostra quindi un trasferimento dei
carichi prevalentemente sul comparto meta-diafisario mediale,
che risulta essere un paramentro essenziale nel garantire la sopravvivenza
degli impianti a lungo termine. Dal confronto con la
letteratura inoltre abbiamo evidenziato che il pattern di riassorbimento
determinato dal design di questo stelo risulta essere
un parametro stabile, rendendolo quindi un dispositivo meno
operatore-dipendente a confronto con altri tipi di stelo che in letteratura
hanno mostrato variabilità del pattern in relazione all’orientamento
(varo-valgo)