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    Ad Angelo Mai, quand’ebbe trovato i libri di Cicerone della Repubblica

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    Canzone composta a Recanati. «Opera di 10 o 12 giorni, Gen. 1820» (indicazione di An). Secondo un progetto iniziale, la canzone sarebbe dovuta uscire con le due precedenti e con le due ‘funerarie’ del ’19, poi rifiutate (Per una donna inferma di malattia lunga e mortale e Nella morte di una donna fatta trucidare col suo portato dal corruttore per mano ed arte di un chirurgo) in un unico opuscolo a cura di Pietro Brighenti, l’amico editore bolognese: ma per l’opposizione del padre alla ristampa delle due patriottiche e alla stampa della seconda funeraria, L. ripiegò sulla pubblicazione della sola canzone al Mai, che uscì nel luglio a Bologna presso l’editore Marsigli (B20), preceduta da una lettera dedicatoria al conte Leonardo Trissino (cfr. per tutta la vicenda le lettere di L. al Brighenti del 21, 28 aprile e 16 maggio 1820). La canzone fu ristampata in B24, con una nuova redazione della dedicatoria, di séguito alle due patriottiche e prima di Nelle nozze della sorella Paolina; quindi, con quest’ordine, in F e nelle successive edizioni dei Canti. Oltre a un autografo recanatese con correzioni (Ar), da cui fu ricavata la copia per B20, si possiede un esemplare di B20 con correzioni, varianti e note autografe (An), che servì per il testo di B24

    Lettura in classe e commento scolastico. Esempi da Leopardi e Montale

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    Le osservazioni di Stefano Carrai in margine al suo lavoro sulla Vita Nuova mi trovano pienamente consenziente, soprattutto per quel che riguarda la funzionalità e la stringatezza del commento. Io mi ricordo che Contini annoverava l’economicità fra le doti scientifiche di un commento: e lui stesso ne aveva dato un esempio splendido nel commento alle Rime di Dante.Adesso, invece, c’è una gara dei commentatori a scrivere, a scrivere, a spiegare, con le note che aumentano, aumentano, si allargano sempre di più.C’è insomma una specie di furore esegetico: ma, tutto sommato, con poca vera informazione e molto vaniloquio. Il discorso che voglio fare comincia con un ringraziamento personale agli organizzatori del convegno, il cui tema mi trova doppiamente interessato: interessato alla tematica del commento e interessato alla lettura in classe del testo. Del resto, lo stesso titolo del convegno suona come doppio: a una prima proposta, Per leggere il testo in classe, ne segue infatti una seconda, Seminario sul commento divulgativo e scolastico. Mi permetto di considerare il titolo e il sottotitolo come due cose un po’ diverse. Per me una cosa è leggere il testo in classe, un’altra cosa è approntare un commento scolastico. Nel primo caso bisogna tener conto di un dato che viene spesso trascurato nei nostri discorsi, cioè la funzione del docente. Il commento può fornire gli strumenti, ma il docente è quello che veramente esegue la musica. Spetta al docente di far venir fuori la musica dal testo, perché è dalla viva voce che uno studente apprende ad amare un testo, a capire un testo; in questo senso, il docente non deve essere sostituito da un commento

    «Vissero i fiori e l’erbe, | Vissero i boschi un dì». La canzone Alla Primavera o delle favole antiche di Leopardi

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    Le linee direttive che ho seguito nella stesura di questo commento, così come di quelli dedicati a Alla luna e al Bruto minore (apparsi rispettivamente in «Per leggere», II, 2, 2002, pp. 63-70; e in Studi in onore di Pier Vincenzo Mengaldo per i suoi settant’anni, Firenze, Sismel. Edizioni del Galluzzo, 2007, vol. I, pp. 841- 78), sono state già da me enunciate in una nota introduttiva al secondo dei suddetti lavori. Ne riproduco qui i punti fondamentali:1) divisione dei ‘compiti’ fra note a pie’ di pagina, di carattere essenzialmente filologico e documentario (chiarimento dei significati, notificazione dei referenti storici, ideologici o biografici, richiami linguistici alla tradizione, ecc.), e discorso introduttivo, di tenore più propriamente critico (la cosiddetta ‘interpretazione’);2) anteposizione al blocco discorso-note: a) di una notizia sulla cronologia, i testimoni e le vicende editoriali del componimento in esame; b) di una nota metrica un po’ più dettagliata delle solite evasive etichette da manuale scolastico (canzone a schema fisso, endecasillabi sciolti, canzone libera, ecc.);3) valorizzazione, nelle note a pie’ di pagina, dell’intera tradizione esegetica dei Canti, con particolare riguardo ai suoi ‘padri’ (Straccali, Antognoni, Sesler, lo stesso Giuseppe De Robertis), le cui soluzioni e indicazioni risultano spesso insuperate;4) utilizzazione sistematica dell’autocommento per ciò che riguarda le prime «canzoni», ricavabile tanto dalle note in margine agli autografi, quanto dalle Annotazioni pubblicate assieme alle stesse canzoni nell’edizione bolognese del 1824;5) indicazione dei richiami intertestuali secondo criteri di ‘attendibilità leopardiana’, più che di generiche consonanze: tenendo comunque presente che il linguaggio poetico leopardiano mira piuttosto all'araldicità che all’allusività;6) inclusione, come parte integrante dell’apparato esegetico, delle correzioni d’autore, sia manoscritte che a stampa, nonché delle varianti registrate ai margini dei manoscritti o in foglietti separati, che per quanto talvolta copiose sono da ritenersi dei materiali preziosi sia per se stessi, sia per i lumi che possono fornire sui significati delle lezioni a testo;7) uso discreto dello Zibaldone e degli altri documenti del pensiero leopardiano (Operette, epistolario, e altro), secondo criteri di effettiva pertinenza al testo poetico in esame
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