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    Una dieta a basso contenuto di FODMAPs è sicura ed efficace anche a lungo termine nei pazienti con sindrome dell'intestino irritabile

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    La sindrome dell'intestino irritabile o Irritable Bowel Syndrome (IBS) è una patologia funzionale gastroenterica con una prevalenza del 10 - 12% nella popolazione generale. I sintomi clinici dell'IBS sono dolore addominale cronico e alterazione delle abitudini intestinali e spesso sono presenti anche meteorismo, distensione addominale e altre comorbidità extra intestinali e psicologiche/psichiatriche. Attualmente, la diagnosi di IBS è basata sulla sintomatologia clinica e sull'esclusione di alterazioni strutturali e la terapia include il trattamento farmacologico dei sintomi, la terapia nutrizionale e quella psicologica/comportamentale. Sono molte le ipotesi patogenetiche dell’IBS, ma al momento nessuna di queste, da sola, sembra in grado di spiegare l’insorgenza e lo sviluppo delle manifestazioni cliniche tipiche della sindrome. È però indiscutibile che la dieta giochi un ruolo fondamentale nella fisiopatologia, con un’associazione chiara tra l’ingestione di alimenti e l’insorgenza di sintomi gastrointestinali. Negli ultimi anni, sono emersi importanti dati a supporto della dieta a basso contenuto di FODMAPs o Low – FODMAP Diet (LFD) per la gestione clinica dell'IBS. I FODMAPs (“Fermentable Oligosaccharides, Disaccharides, Monosaccharides And Polyols”) sono carboidrati a catena corta, facilmente fermentabili con effetto osmotico e produzione di gas, contenuti in latte e latticini freschi, miele e dolcificanti, legumi, verdure, alcuni tipi di frutta e cereali. Circa il 70% dei pazienti riporta sollievo dai sintomi dell’IBS in seguito alla LFD, che prevede una fase di “eliminazione” degli alimenti ad alto contenuto di FODMAPs (8 settimane) e una fase di “reinserimento” dei cibi esclusi (40 – 70 giorni). In seguito i pazienti continuano a seguire, a lungo termine, una “adapted Low – FODMAP Diet” (AdLFD), elaborata da un nutrizionista esperto sulla base della tollerabilità mostrata dal singolo paziente nei confronti dei diversi FODMAPs. Fino ad oggi, la maggior parte degli studi si è concentrata sulla fase di restrizione a breve termine della LFD, ipotizzando che una dieta troppo prolungata potesse avere un effetto negativo sullo stato nutrizionale dei pazienti, ma limitati sono i dati sugli effetti a lungo termine della dieta, dopo la reintroduzione dei FODMAPs. Questo studio ha valutato, in un gruppo di pazienti con IBS, l’effetto di una LFD e di una AdLFD sulla composizione corporea e sullo stato nutrizionale, mediante l’utilizzo dell’analisi vettoriale bioimpedenziometrica o Bioelectrical Impedance Vector Analysis (BIVA), sulla sintomatologia gastroenterica, sulla qualità della vita, sulla sintomatologia ansioso – depressiva e sulla qualità del sonno. Lo studio ha preso in esame 21 pazienti (17 F e 4 M, età media 44,4 ± 12,0) con diagnosi di IBS, posta in base ai criteri diagnostici Roma III. I pazienti sono stati valutati prima di iniziare la LFD (T0), dopo 8 settimane di dieta (T1), dopo il reinserimento degli alimenti ricchi di FODMAPs (T2) e dopo l’inizio dell’AdLFD, con un follow – up medio di 15,2 ± 5,8 mesi (T3). A T0 e T1 sono stati eseguiti esami ematochimici per valutare lo stato nutrizionale. Inoltre a T0, T1, T2 e T3 i pazienti sono stati sottoposti all’analisi BIVA per valutare la composizione corporea e lo stato nutrizionale e sono stati somministrati: il questionario IBS – SSS (IBS – Symptom Severity Score) per valutare la gravità della sintomatologia addominale, un questionario di valutazione clinica delle abitudini intestinali, la Bristol Stool Form Chart per valutare forma e consistenza delle feci e classificare i pazienti nei sottotipi di IBS, il questionario SF – 36 per valutare la qualità della vita, il questionario HADS (Hospital Anxiety and Depression Scale) per valutare la componente ansioso – depressiva, il questionario PSQI (Pittsburgh Sleep Quality Index) per valutare la qualità del sonno. A T1, T2 e T3 sono stati, inoltre, valutati: il grado di aderenza alla dieta, mediante il questionario FARS (FODMAP Adherence Report Scale), il grado di miglioramento e il livello di soddisfazione al trattamento, attraverso scale numeriche. I valori degli esami ematochimici non sono risultati al di fuori della normalità per nessuno dei parametri esaminati sia a T0 che a T1, anche se una lieve riduzione statisticamente significativa è stata osservata a T1 per i livelli sierici di trigliceridi, colesterolo totale e albumina. I parametri analizzati con l’analisi BIVA non hanno presentato differenze importanti al termine della LFD (T1), del reinserimento degli alimenti (T2) e nel follow-up (T3) rispetto alla prima visita (T0). È stato evidente un miglioramento significativo del punteggio totale dell’IBS – SSS a T1, T2 e T3 in confronto a T0, con p<0,0001. Il questionario sulle abitudini intestinali ha riportato un miglioramento di tutti i sintomi valutati, che è risultato statisticamente significativo (p<0,05) a T1 per incontinenza a feci e/o gas, dolore addominale, meteorismo, feci liquide, defecazione frammentata e urgenza defecatoria, a T2 per tutti i sintomi suddetti ed evacuazione incompleta e a T3 per consistenza molle delle feci, incontinenza a feci e/o gas, dolore addominale e meteorismo. I pazienti che presentavano feci di forma e consistenza normali (tipo 3 – 5 della scala di Bristol) erano 7/21 a T0, mentre a T1 e T2 erano 19/21. A lungo termine il dato è stato confermato, con 17 pazienti che continuavano a presentare feci di tipo 3 – 5 a T3 (p<0,01). Il questionario SF – 36 ha mostrato un miglioramento di tutti i fattori esaminati, che è risultato statisticamente significativo (p< 0,05) rispetto a T0 per le limitazioni di ruolo dovute alla salute fisica, il dolore fisico, la vitalità, le attività sociali e l’indice di salute fisica (T1), poi sono incrementati i punteggi anche per le limitazioni di ruolo dovute allo stato emotivo, lo stato mentale e l’indice di salute mentale (T2) e il miglioramento di tutti questi parametri è stato visibile anche a lungo termine (T3). La sintomatologia ansiosa e depressiva si è ridotta a T1, T2 e T3 rispetto a T0. Invece la qualità del sonno non è cambiata in maniera statisticamente significativa né a breve né a lungo termine, come mostrato dal punteggio del PSQI. Il grado di miglioramento dei sintomi e il grado di soddisfazione al trattamento, riportati dai pazienti, sono stati elevati a T1, T2 e T3 e tutti i pazienti si sono mostrati aderenti alla LFD. La LFD ha migliorato la sintomatologia dell’IBS senza provocare alterazioni della composizione corporea e dello stato nutrizionale dei pazienti, ha avuto effetto positivo sulla qualità della vita e sulla sintomatologia ansiosa e depressiva. L’AdLFD, personalizzata e adeguata al singolo paziente, ha permesso di mantenere questo miglioramento anche a lungo termine e la soddisfazione e l’aderenza alla dieta, sotto la guida di una nutrizionista esperta, sono state ottimali. I risultati del presente studio dimostrano, quindi, che la LFD è sicura ed efficace e che l’AdLFD è clinicamente efficace anche a lungo termine, infatti il follow-up medio dei nostri pazienti (15,2 ± 5,8 mesi), che è il periodo in cui i pazienti hanno seguito una AdLFD personalizzata, risulta sufficientemente lungo per dimostrare che gli effetti positivi ottenuti sia dal punto di vista nutrizionale che sintomatologico non sono semplicemente legati a un effetto placebo. Riteniamo che i dati del presente studio possano rappresentare un’utile base per avviare un’indagine su un campione più vasto atto a supportare validamente l’utilizzo della LFD e soprattutto dell’AdLFD, nella gestione clinica dell’IBS a lungo termine

    Impact of Vitamin D in Prophylaxis and Treatment in Tuberculosis Patients

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    Vitamin D plays a crucial role in many infectious diseases, such as tuberculosis (TB), that remains one of the world’s top infectious killers with 1.5 million deaths from TB in 2021. Vitamin D suppresses the replication of Mycobacterium tuberculosis in vitro and showed a promising role in TB management as a result of its connection with oxidative balance. Our review encourages the possible in vivo benefit of a joint administration with other vitamins, such as vitamin A, which share a known antimycobacterial action with vitamin D. However, considering the low incidence of side effects even at high dosages and its low cost, it would be advisable to assess vitamin D level both in patients with active TB and high-risk groups and administer it, at least to reach sufficiency levels

    High risk of unsuccessful treatment outcome in migrant population with tuberculosis: Data from three Italian hospitals

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    Introduction: Tuberculosis (TB) remains an unresolved global health problem and vulnerable groups such as migrants remain the most affected with a higher risk of worse outcomes. The aim of this study was to evaluate clinical features, outcomes, and adverse events in migrant and native Italian patients admitted to three Italian hospitals in Southern Italy in order to assess differences and targeted strategies.Methods: We performed a retrospective study on TB patients admitted between January 1, 2013, and December 31, 2021, in three Apulia hospitals. Two logistic regression models were used, with the dependent variables being (I) unsuccessful treatment (died, loss to follow-up, and failed treatment) and (II) adverse events.Results: We enrolled 543 consecutive patients admitted at three Italian hospitals with a diagnosis of TB during the study period, of them 323 (59.5%) were migrants and 220 Italian patients. The treatment success rate in the migrant group was 44.9% (137/305), while in the non-migrant group was 97.1% (203/209). Independent factors of unsuccess treatment (death, failure or loss to follow up) were: migrant status (O.R. = 11.31; 95% CI 9.72-14.23), being male (O.R. = 4.63; 95% CI 2.16-6.10), homelessness (O.R. = 3.23; 95% CI 2.58-4.54), having a MDR (Multidrug-resistant) (O.R = 6.44; 95% CI 4.74-8.23), diagnostic delay (O.R. = 3.55; 95% CI 1.98-5.67), and length of hospitalization (O.R. = 3.43; 95% CI 1.88-5.87). While, age &gt;65 ys (O.R. = 3.11; 95% CI 1.42-4.76), presence of extrapulmonary TB (O.R. = 1.51; 95% CI 1.31-2.18), monoresistance (O.R. = 1.45; 95% CI 1.25-3.14) and MDR pattern (O.R. = 2.44; 95% CI 1.74-5.03) resulted associated with adverse events.Conclusion: Migrant population is at high risk of unsuccessful treatment (death, loss to follow-up, and treatment failure). Policies targeted specifically to this group are needed to really impact and improve their health status and also to contain the TB burden

    Potential Role of Vitamins A, B, C, D and E in TB Treatment and Prevention: A Narrative Review

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    (1) Background: Tuberculosis (TB) is one of the world's top infectious killers, in fact every year 10 million people fall ill with TB and 1.5 million people die from TB. Vitamins have an important role in vital functions, due to their anti-oxidant, pro-oxidant, anti-inflammatory effects and to metabolic functions. The aim of this review is to discuss and summarize the evidence and still open questions regarding vitamin supplementation as a prophylactic measure in those who are at high risk of Mycobacterium tuberculosis (MTB) infection and active TB; (2) Methods: We conducted a search on PubMed, Scopus, Google Scholar, EMBASE, Cochrane Library and WHO websites starting from March 1950 to September 2021, in order to identify articles discussing the role of Vitamins A, B, C, D and E and Tuberculosis; (3) Results: Supplementation with multiple micronutrients (including zinc) rather than vitamin A alone may be more beneficial in TB. The WHO recommend Pyridoxine (vitamin B6) when high-dose isoniazid is administered. High concentrations of vitamin C sterilize drug-susceptible, MDR and extensively drug-resistant MTB cultures and prevent the emergence of drug persisters; Vitamin D suppresses the replication of mycobacterium in vitro while VE showed a promising role in TB management as a result of its connection with oxidative balance; (4) Conclusions: Our review suggests and encourages the use of vitamins in TB patients. In fact, their use may improve outcomes by helping both nutritionally and by interacting directly and/or indirectly with MTB. Several and more comprehensive trials are needed to reinforce these suggestions

    Loa loa in the Vitreous Cavity of the Eye: A Case Report and State of Art

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    Loa loa is a filarial nematode responsible for loiasis, endemic to West-Central Africa south of the Sahara and transmitted by flies. This study reports a case of L. loa in the vitreous cavity of the eye of a young patient, along with an in-depth literature review. A 22-year-old woman from Cameroon who migrated from Cameroon to Italy was referred to the Emergency Ophthalmology Department at Policlinico di Bari in July 2021 with the presence of a moving parasite in the subconjunctiva of the left eye. A recent onset of a papular lesion on the dorsal surface of the right wrist and a nodular lesion in the scapular region were detected. L. loa filariasis was diagnosed based on anamnestic data, clinical and paraclinical signs, and a parasitological test confirming the presence of microfilariae in two blood samples collected in the morning of two different days. Because of the unavailability of diethylcarbamazine (DEC), albendazole (ALB) 200 mg twice daily was administered for 21 days. A mild exacerbation of pruritus occurred during treatment, but resolved with the use of an antihistamine. A single dose of 12 mg ivermectin was prescribed at the end of the treatment with albendazole. Unlike other endemic parasite infections, L. loa is not included in the Global Program to Eliminate Lymphatic Filariasis, because it is not mentioned in the WHO and CDC list of neglected tropical diseases. This can result in an overall risk of lack of attention and studies on loiasis, with lack of data on global burden of the disease
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