8 research outputs found

    Vacuum-Assisted Closure Theraphy nella terapia delle “ferite difficili”: correlazione tra le evidenze cliniche ed i risultati istologici del trattamento.

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    Per ferite difficili s’intende convenzionalmente perdite di sostanza coinvolgenti gli strati tissutali profondi, con tendenza a cronicizzare e recidivare e perciò di difficile, lungo e costoso trattamento. In aumento nei paesi industrializzati a causa dell’aumento della durata della vita e dell’incremento di patologie croniche come il diabete e l’obesità, le ferite difficili interessano in Italia più della metà della popolazione anziana e l'1-2% di quella complessiva. 1 Il loro trattamento è un problema sociale importante per i sistemi sanitari di tutto il mondo. Esse, infatti, rappresentano un importante fattore di rischio per ospedalizzazione, amputazione, sepsi e, nei casi più gravi, morte. L’evoluzione della scienza medica dal punto di vista terapeutico e diagnostico-strumentale, l’esperienza diretta sul campo e la migliore comprensione dei meccanismi di guarigione delle ferite, hanno portato allo sviluppo di modalità avanzate per il trattamento delle lesioni cutanee. Queste ci permettono di curare i pazienti in tempi più rapidi con metodiche più idonee e sempre meno invasive, avendo particolare attenzione per quelle che sono le loro esigenze e la loro sintomatologia, nel rispetto del dolore con cui queste persone convivono già quotidianamente. In tale contesto si inserisce una tecnologia altamente sofisticata e poco invasiva per la gestione delle ferite: la Vacuum Assisted Closure (V.A.C.® Therapy™), definita anche Negative Pressure Wound Therapy (NPWT) oppure oppure Topical Negative Pressure (TNP) o ancora Terapia a Pressione Negativa, introdotta da Argenta e Morykwas 2,3 negli anni ’90, la cui azione e i cui vantaggi i termini di gestione delle ferite e tempi di guarigione trovano ampi consensi tra gli operatori e sono ben documentati in letteratura. Il razionale su cui si basa è dovuto a diversi fattori che nel tempo sono stati ipotizzati e a volte dimostrati: aumento dell'irrorazione sanguigna locale e della perfusione; rimozione dei fluidi e dell’edema; micro deformazione; macrodeformazione; mantenimento dell’emostasi della ferita. La povertà, al contrario, di dati e di evidenze istologiche e di reperti isto-morfologici in vivo che supportino l’obiettività clinica, mi ha spinto ad affrontare il presente studio sperimentale per cercare con studi immuno-istochimici che fossero standardizzabili e riproducibili, in particolare la valutazione della neoangiogenesi, di colmare questa lacuna e di chiarire in parte i meccanismi di azione. Nel primo capitolo viene introdotta la tecnologia oggetto di studio descrivendone la storia, i componenti, l’utilizzo nell’ambito delle ferite difficili. Il secondo capitolo analizza i meccanismi d’azione e l’interazione con i tessuti e focalizza l’analisi sulla neo-angiogenesi come meccanismo d’azione cardine della terapia a pressione negativa e sulle evidenze sperimentali morfo-funzionali a supporto di questa teoria. Il terzo capitolo infine presenta lo studio effettuato in sette pazienti in collaborazione tra U.O. di Chirurgia Plastica e Dipartimento di Istologia dell’Ospedale C.T.O. di Roma e il Dipartimento di Chirurgia Plastica e Ricostruttiva del Policlinico Umberto I, ‘La Sapienza’ di Roma

    Vacuum-Assisted Closure Theraphy nella terapia delle “ferite difficili”: correlazione tra le evidenze cliniche ed i risultati istologici del trattamento.

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    Per ferite difficili s’intende convenzionalmente perdite di sostanza coinvolgenti gli strati tissutali profondi, con tendenza a cronicizzare e recidivare e perciò di difficile, lungo e costoso trattamento. In aumento nei paesi industrializzati a causa dell’aumento della durata della vita e dell’incremento di patologie croniche come il diabete e l’obesità, le ferite difficili interessano in Italia più della metà della popolazione anziana e l'1-2% di quella complessiva. 1 Il loro trattamento è un problema sociale importante per i sistemi sanitari di tutto il mondo. Esse, infatti, rappresentano un importante fattore di rischio per ospedalizzazione, amputazione, sepsi e, nei casi più gravi, morte. L’evoluzione della scienza medica dal punto di vista terapeutico e diagnostico-strumentale, l’esperienza diretta sul campo e la migliore comprensione dei meccanismi di guarigione delle ferite, hanno portato allo sviluppo di modalità avanzate per il trattamento delle lesioni cutanee. Queste ci permettono di curare i pazienti in tempi più rapidi con metodiche più idonee e sempre meno invasive, avendo particolare attenzione per quelle che sono le loro esigenze e la loro sintomatologia, nel rispetto del dolore con cui queste persone convivono già quotidianamente. In tale contesto si inserisce una tecnologia altamente sofisticata e poco invasiva per la gestione delle ferite: la Vacuum Assisted Closure (V.A.C.® Therapy™), definita anche Negative Pressure Wound Therapy (NPWT) oppure oppure Topical Negative Pressure (TNP) o ancora Terapia a Pressione Negativa, introdotta da Argenta e Morykwas 2,3 negli anni ’90, la cui azione e i cui vantaggi i termini di gestione delle ferite e tempi di guarigione trovano ampi consensi tra gli operatori e sono ben documentati in letteratura. Il razionale su cui si basa è dovuto a diversi fattori che nel tempo sono stati ipotizzati e a volte dimostrati: aumento dell'irrorazione sanguigna locale e della perfusione; rimozione dei fluidi e dell’edema; micro deformazione; macrodeformazione; mantenimento dell’emostasi della ferita. La povertà, al contrario, di dati e di evidenze istologiche e di reperti isto-morfologici in vivo che supportino l’obiettività clinica, mi ha spinto ad affrontare il presente studio sperimentale per cercare con studi immuno-istochimici che fossero standardizzabili e riproducibili, in particolare la valutazione della neoangiogenesi, di colmare questa lacuna e di chiarire in parte i meccanismi di azione. Nel primo capitolo viene introdotta la tecnologia oggetto di studio descrivendone la storia, i componenti, l’utilizzo nell’ambito delle ferite difficili. Il secondo capitolo analizza i meccanismi d’azione e l’interazione con i tessuti e focalizza l’analisi sulla neo-angiogenesi come meccanismo d’azione cardine della terapia a pressione negativa e sulle evidenze sperimentali morfo-funzionali a supporto di questa teoria. Il terzo capitolo infine presenta lo studio effettuato in sette pazienti in collaborazione tra U.O. di Chirurgia Plastica e Dipartimento di Istologia dell’Ospedale C.T.O. di Roma e il Dipartimento di Chirurgia Plastica e Ricostruttiva del Policlinico Umberto I, ‘La Sapienza’ di Roma

    Clinical Application of Autologous Three-cellular Cultured Skin Substitutes Based on Esterified Hyaluronic Acid Scaffold: Our Experience

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    Background: The aim of this work was to present our experience in the use of autologous three-cellular cultured skin substitutes (CSS). This method represents a surgical alternative in the treatment of a variety of pathologies, including burns, ulcers, giant nevi and tumors. Patients and Methods: CSS were obtained from full-thickness skin biopsies collected after enrolment of II patients in a clinical trial protocol approved by the local Institutional Review Boards of the 'La Sapienza' University of Rome and registered in clinicaltrials.gov (ID: NCT00718978). CSS consisted of a structure made by a pluristratified epithelial cell surface with melanocytes (ratio 1120) and a basement of fibroblasts kept together by an esterified hyaluronic acid scaffold that can be surgically manipulated and is gradually reabsorbed after implantation and substituted by the host connectival stroma. Results: At the time of withdrawal of medication, the graft take was comparable to that of autografts, whereas in the follow-lip visits, loss of the epithelial layer varied markedly (from 5 to 70%) while fibroblast cellular component growth prevailed. In one patient, there was complete dermal-epidermal construct survival. Conclusion: Given the anatomical complexity, of the skin, we still have a long way to go before we are able to recreate all the cellular and structural characteristics of this organ. Results are, however, gradually improving, as is demonstrated by a successful graft, which was histologically shown to have a three-dimensional structure that maintained its conformation in vivo (epithelium, basement membrane, dermis, subcutis) in one patient. The take of melanocytes improved the final esthetic outcome

    A new method of skin erythrosis evaluation in digital images.

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    In the clinical field, reproducible and comparable assessments of skin color are needed for objective evaluation of lesions and efficacy of treatments. In order to provide objective, quantitative color information in skin lesions, devices such as reflectance spectrophotometer and reflectance colorimeter have been successfully used during the past decade, though they are too expensive and technically complex to be handled in routine clinical situations. Reflectance skin color measurements require direct contact of the probe with the skin, and the compression significantly influences readings. Color measurements obtained from digitized images have been proposed as a simple and cost-effective way to evaluate skin color and promote efficacy of treatments. The disadvantage is its direct and close relation to the ambient light: even if an accurate control of subject illumination is provided, readings vary between different laboratories. We propose a standard system for computerized color image analysis of skin erythrosis modification after Intense Pulsed Light (IPL) treatments, making it possible to compare readings taken by different observers in different environmental light conditions. The goal of our study is the introduction of fixed color internal controls in digital imaging in order to calculate a normalization factor of measurements, resulting not in a method of absolute quantification of erythema or erythrosis but in a method that provides the possibility of translation and comparison of the red values between systems in different environmental conditions. Between December 2004 and May 2005 we evaluated 30 patients at the Department of Plastic and Reconstructive Surgery at the University "La Sapienza" of Rome. Three points of standard colored paper (Red Green Blue) were applied with a plastic pattern (standard intersection lines) and white point in non involved area for skin control. For every patient we took a series of pictures pre-treatment and after a standard cycle of 5/6 IPL. We evaluate the grade of reproducibility of our procedure with a careful analysis of pre-treatment digital images obtained in different environmental conditions. The statistic analysis of the standard deviation between the values of R obtained (using different light conditions), and the respective normalized valor (normalized to the referent image), did not show any significant statistical difference and allows us to achieve our goal: the reproducibility of the results

    Association between abdominal separation and inguinal or crural hernia. Our experience and surgical indications

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    Abdominal wall weaknesses present several causative factors, both local and systemic and, as a consequence, abdominal hernias may develop in more than one site. Also, simultaneous hernia repair has been rarely reported in published reports. In the present study, the association of multiple weaknesses of the abdominal wall in patients undergoing conventional abdominoplasty or hernia repair were evaluated, and the advantages of simultaneous repair in a single operation are discussed. In a 3-year time period, all patients undergoing abdominoplasty or abdominal hernia repair were clinically and instrumentally evaluated for the association between median abdominal wall weakness and inguinal and/or crural hernias. The body mass index (BMI) was also considered and photographic documentation was taken before the operation and during the follow-up. When this association was confirmed, patients underwent contemporary correction of both conditions using an abdominoplasty approach. The presence of inguinal and/or crural hernias was observed in 10% of all patients undergoing conventional abdominoplasty and in 14.5% of patients with laparocele in the institution. The BMI was higher in patients with the association than in those without. Good aesthetic and functional results were achieved and the complication rate was low. The role of obesity as a triggering factor of abdominal wall weaknesses is confirmed by the higher BMI in patients with associated diseases. These observations remark the fact that the association between median abdominal wall weakness and inguinal or crural hernias should always be investigated. If this association is confirmed, it is preferable to treat both conditions simultaneously

    Bilateral Intra-Areolar Polythelia: Report of a Rare Case

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    A very rare case of bilateral intra-areolar polythelia with two nipples in each breast is presented. There were no other associated malformations and the patient's family history was normal. Surgical correction was performed for cosmetic reasons at the patient's request using transposition flaps in a Z-plasty design. The aesthetic and functional results were satisfactory
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