41 research outputs found
Low M r Phosphotyrosine Protein Phosphatase Associates and Dephosphorylates p125 Focal Adhesion Kinase, Interfering with Cell Motility and Spreading
Low M(r) phosphotyrosine protein phosphatase interferes in vivo with the activation of several growth factor receptors and is transiently redistributed, following cell stimulation with platelet-derived growth factor, from the cytosol to the cytoskeleton. We demonstrate here that this phosphatase also participates in the regulation of cell spreading and migration, pointing to its involvement in cytoskeleton organization. Low M(r) phosphotyrosine protein phosphatase-overexpressing fibroblasts are, indeed, less spread than controls and display a significantly decreased number of focal adhesions and increased cell motility. Furthermore, p125 focal adhesion kinase is associated to, and dephosphorylated by, low M(r) phosphotyrosine protein phosphatase both in vitro and in vivo. This event is consistent with an altered association of pp60(src) with focal adhesion kinase. The activation of extracellular signal-regulated kinase, another well known event downstream of the focal adhesion kinase, is also affected. On the other hand, cells overexpressing the dominant-negative form of low M(r) phosphotyrosine protein phosphatase exhibit hyperphosphorylated focal adhesion kinase, reduced motility, and an increased number of focal adhesions, which are distributed all over the ventral cell surface. Taken together, the results reported here are in keeping with low M(r) phosphotyrosine protein phosphatase participation in FAK-mediated focal adhesion remodeling
Low Mr phosphotyrosine protein phosphatase activity on fibroblast growth factor receptor is not associated with enzyme translocation
AbstractFibroblast growth factor receptor (class IV) shares a certain degree of similarity with class III members like platelet-derived growth factor and macrophage-colony-stimulating factor receptors, which, once activated, are substrates of low Mr phosphotyrosine protein phosphatase. Up until now no phosphotyrosine phosphatase has been shown to act on this receptor in vivo. Here we demonstrate that low Mr phosphotyrosine protein phosphatase is able to reduce receptor tyrosine phosphorylation and cell proliferation in response to basic fibroblast growth factor. Contrary to what was previously observed for platelet-derived growth factor, during cell stimulation with basic fibroblast growth factor, no enzyme redistribution among cellular compartments is observed
The Colony-Stimulating Factor-1 (CSF-1) Receptor Sustains ERK1/2 Activation and Proliferation in Breast Cancer Cell Lines
Breast cancer is the second leading cause of cancer-related deaths in western countries. Colony-Stimulating Factor-1 (CSF-1) and its receptor (CSF-1R) regulate macrophage and osteoclast production, trophoblast implantation and mammary gland development. The expression of CSF-1R and/or CSF-1 strongly correlates with poor prognosis in several human epithelial tumors, including breast carcinomas. We demonstrate that CSF-1 and CSF-1R are expressed, although at different levels, in 16/17 breast cancer cell lines tested with no differences among molecular subtypes. The role of CSF-1/CSF-1R in the proliferation of breast cancer cells was then studied in MDAMB468 and SKBR3 cells belonging to different subtypes. CSF-1 administration induced ERK1/2 phosphorylation and enhanced cell proliferation in both cell lines. Furthermore, the inhibition of CSF-1/CSF-1R signaling, by CSF-1R siRNA or imatinib treatment, impaired CSF-1 induced ERK1/2 activation and cell proliferation. We also demonstrate that c-Jun, cyclin D1 and c-Myc, known for their involvement in cell proliferation, are downstream CSF-1R in breast cancer cells. The presence of a proliferative CSF-1/CSF-1R autocrine loop involving ERK1/2 was also found. The wide expression of the CSF-1/CSF-1R pair across breast cancer cell subtypes supports CSF-1/CSF-1R targeting in breast cancer therapy
Exploitation and Dissemination Report
This Exploitation and Dissemination report is the final document that summarizes Dissemination, Communication and Exploitation carried out in the Project RESOLVE
La configurazione dei sistemi Value-Based Management: analisi di evidenze empiriche nel Private Equity
La crescente attenzione alla gestione del valore economico del capitale (Rappaport, 1986; Guatri 1991; Donna, 1999; Black et al. 2000; Hill e Zeller, 2008) spinge sempre più le aziende ad implementare approcci manageriali di tipo Value-Based Management (VBM) (Ittner e Larcker, 2001). Sebbene molti studi si siano interessati al tema, trattandone ampiamente concetti, logiche e tecniche, emergono ancora opportunità di ricerca. In primo luogo, la relazione tra l’adozione del VBM ed il miglioramento della performance resta uno degli argomenti più incerti e dibattuti (Lueg e Shaffer, 2010). In secondo luogo, nonostante la grande quantità di contributi di stampo “normativo” abbia contribuito a diffondere e far apprezzare i fondamenti logici e le tecniche disponibili per realizzare un sistema di VBM, (Copeland et al., 2000, Mc Taggart et al., 1994; Rappaport, 1986; Stewart, 1991; Donna, 1999; Olivotto, 2000), le evidenze empiriche mostrano come nella pratica tali modelli siano applicati in maniera differente (Malmi e Ikaeimo, 2003). In terzo luogo, il concetto di VBM è stato intensamente discusso come approccio manageriale per le imprese quotate e di grandi dimensioni, trascurando quasi totalmente lo studio dell’applicazione dei suoi concetti e tecniche nella realtà delle aziende non quotate e medio-piccole (Krol, 2007). Infine, nonostante la crescente rilevanza del tema della sostenibilità ambientale e sociale per le imprese a livello mondiale (Hart e Milstein, 2009), nella letteratura del VBM questi aspetti sono ancora scarsamente trattati ed esaminati. Nel tentativo di contribuire a colmare alcuni di questi “gap” di ricerca, il presente lavoro intende indagare le pratiche di VBM perseguendo un triplice obiettivo: (1) esplorare il grado di sofisticazione dei sistemi di VBM attraverso il concetto di Performance Management System (Ferreira e Otley, 2009) all’interno di aziende non quotate; (2) comprendere l’influenza di alcune variabili contingenti (strategia, organizzazione, settore, incertezza ambientale percepita ) sul grado di sofisticazione dei sistemi VBM; (3) esplorare l’impatto del “movimento della sostenibilità ” sui sistemi VBM. Questi obiettivi di ricerca sono perseguiti attraverso lo sviluppo di casi di studio multipli (Yin, 2003) nell’ambito dei fondi di private equity italiani. La scelta di indagare aziende acquisite di fondi di private equity si fonda sulle seguenti considerazioni: 1) le prestazioni al di sopra della media delle aziende acquisite da private equity (Wilson et al, 2012; Beuselinck et al., 2009); 2) la creazione di valore economico come “raison d’etre” dei fondi di Private Equity (Metrick e Yasuda, 2011); 3) la trasferibilità delle "best practices" adottate a livello di gestione delle aziende acquisite (Beuselinck et al., 2009; Katz 2009); 4) le aziende di private Equity investono esclusivamente in società non quotate (e spesso di medio-piccole dimensioni).
Il lavoro si sviluppa in quattro capitoli. Il primo espone l’impostazione teorica della ricerca; il secondo capitolo presenta un’analisi della principale letteratura nazionale ed internazionale in tema di VBM. In particolare, sono stati descritti i principali concetti e tecniche di VBM esposte dalla letteratura normativa, nonché il ruolo e le caratteristiche di un sistema di VBM inteso come sistema di gestione della performance. Il terzo capitolo tratta il tema delle pratiche di VBM, esponendo i principali studi sull’argomento, il concetto di “sofisticazione” di tali sistemi come strumento atto a descriverne il grado di implementazione ed infine il ruolo delle variabili di contesto che su tale variabile agiscono. L’ultimo capitolo è dedicato ad un’analisi dei casi oggetto di studio su due livelli: il primo relativo all’analisi della configurazione dei sistemi di VBM nelle aziende indagate, mentre il secondo si concretizza in un’analisi delle relazioni tra variabili contingenti e sofisticazione del VBM al fine di verificare la validità delle proposizioni sviluppate
Innovazione e riduzione dei costi: il caso Geico S.p.a.
La riduzione dei costi è un'iniziativa manageriale che fa sentire la sua urgenza soprattutto nei periodi di difficoltà dell'economia. Nel volume si esamina se e come l'attenzione all'entità dei costi può perdere questo carattere contingente per divenire parte dell'orientamento strategico dell'azienda, contribuendo così alla sostenibilità del vantaggio competitivo e, quindi, alla creazione di valore nel lungo periodo. I modi per realizzare tale intento sono numerosi, il lavoro si concentra su alcuni di essi. Nel testo innanzitutto si identificano le principali caratteristiche della riduzione strategica dei costi, successivamente si approfondisce la gestione dei cost driver sia. per individuare le leve per ridurre i costi nell'ambito di un determinato business model, sia per supportare il ridisegno del medesimo in modo da ottenere un migliore rapporto tra i costi ed il valore prodotto per il cliente. Infine, si considerano le informazioni economico-finanziarie che possono essere utilizzate per supportare le iniziative di riduzione dei costi in prospettiva strategica
La contabilitĂ direzionale per il governo strategico degli ecosistemi. Il caso del Motorsport
Questa pubblicazione si focalizza su una prospettiva della contabilità direzionale in ottica strategica, definita internazionalmente come Strategic Management Accounting (SMA). L'obiettivo di questo lavoro è quello di sollevare un dibattito scientifico sul tema dello SMA nell'ambito degli "ecosistemi aziendali". Il primo luogo lo studio intende fornire una disamina aggiornata della letteratura nazionale ed internazionale in tema di SMA al fine di sviluppare un confronto concettuale tra il filone di ricerca definito "tradizionale" (o "SMA mainstream") e lo SMA nell'ambito delle relazioni interorganizzative. Inoltre lo studio si pone l'obiettivo di ricavare dettagli empirici sul funzionamento dell'ecosistema con la finalità di comprendere come gli strumenti della contabilità direzionale a supporto del processo decisionale strategico nel contesto dell'ecosistema aziendale richiedono un adattamento rispetto alla loro tradizionale concezione. Riguardo a questo secondo punto lo studio è condotto nel settore del Motorsport, un interessante e florido campo di analisi nel quale un numeroso ed eterogeneo insieme di attori da vita ad un complesso ecosistema nell'ambito del quale ciascuna componente risulta fondamentale ai fini della creazione di valore
I Sistemi di Costing nelle aziende di servizi: il caso T.D.T. S.r.l
La tesi esamina le peculiarità che caratterizzano i sistemi di costing nelle aziende di servizi rispetto a quelli tradizionalmente utilizzati nelle aziende manifatturiere, nonché il ruolo delle variabili contingenti nell'adozione, progettazione ed utilizzo dei sistemi di costing