321 research outputs found

    Negotiating urban change. Strategies and tactics of patrimonialization in Hackney Wick, East London

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    The heritage category function of building collective identity, condensing in specific goods, tangible or intangible, a set of locally significant values and practices, has been often pointed out to show its use in managing relations between the authorities and local communities (Simonicca 2015). This happens nowadays with a particularly conscious approach in urban planning, not only in the practices and rhetorics of institutions, but also in the quotidian experience of people who develop their own informal planning. In this discussion, the heritage arguments become an appropriate tool to handle and shape the change, especially when these processes have a deep impact in the everyday lives of communities and territories, like in cases of gentrification

    Il migrante nelle narrazioni quotidiane

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    I fenomeni d’immigrazione tendono ancora oggi a essere trattati come stati d’eccezione, di cui vanno narrati i momenti più eclatanti (il viaggio, la prima accoglienza) e i cui unici protagonisti sono i migranti stessi; le migrazioni vengono infatti quasi sempre narrate attraverso le azioni di chi si mette in movimento. Lungi dal voler negare la fondamentale importanza di una simile attenzione, ritengo però necessario anche mettere in luce le reazioni da parte degli abitanti dei territori dove i migranti, in maniera più o meno informale, si insediano. Sembra infatti rischioso abbandonare la riflessione sul punto di vista di queste persone, sulle immaginazioni e pratiche che mettono all’opera rispetto alla presenza dell’altro da sé nel territorio; si rischia infatti di lasciare tutto in mano ad agende politiche che cercano di cristallizzare il discorso sui temi dell’identità e della difesa della patria e dei suoi valori. Per queste ragioni, ritengo sia invece fondamentale che il lavoro dei ricercatori si occupi anche di questa prospettiva, per riappropriarsi di queste narrazioni, decostruirle e proporne di nuove. Presenterò quindi i risultati di una ricerca etnografica compiuta all’interno del territorio del III municipio di Roma, dove ho lavorato sull’utilizzo dei dispostivi mobili di comunicazione, internet e i social network, cercando di vedere in che modalità si sviluppassero all’interno di questi habitat discorsi riguardanti il territorio, le sue criticità, le sue qualità e la sua gestione. Non sorprenderà sapere che buona parte di questi discorsi convergono in maniera conflittuale sulla figura dello straniero, la cui rappresentazione ha continuamente luogo all’interno dei vari luoghi di discussioni “immateriali” attraverso una pedissequa narrazione degli effetti che l’arrivo degli immigrati provoca nei quartieri. Attorno a questi resoconti si formano discussioni che pongono ogni volta nuovi confini su cosa e come sia “l’altro”, seguendo due principali filoni narrativi: l’altro come simbolo e colpevole del degrado urbano e dell’impossibilità di un’integrazione, o l’altro “buono e lavoratore”, disposto a veri sacrifici per migliorare il “nostro” territorio e, attraverso questo sacrificio integrarsi. Entrambi questi stereotipi che vengono a formarsi contribuiscono a creare un’immagine distorta tanto dei comportamenti degli immigrati, quanto dei giusti comportamenti da tenere nei loro confronti da parte della popolazione “accogliente”, facendo spesso assurgere ogni comportamento semplicemente corretto a forme di “perbenismo”. L’osservazione di una simile dinamica risulta però fondamentale per comprendere profondamente le motivazioni di comportamenti simili, per quanto possano non piacerci. Attraverso questa comprensione infatti, credo sia possibile individuare le modalità più efficaci di instaurare con gli abitanti una decostruzione condivisa di questi stereotipi, e una costruzione di nuovi modelli di convivenza

    Raccontare per ritrovarsi. Pratiche di narrazione online come uso del territorio

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    La tesi vuole verificare che spazio possa avere nella pianificazione e negli studi urbani l’analisi dell’uso delle moderne tecnologie digitali di comunicazione e interazione nei processi di costruzione del “senso del luogo” e quindi nei modi di abitare il territorio di individui e gruppi, attraverso un approccio metodologico e teorico derivato dall’antropologia culturale. Il territorio fisico e l’ambiente costituito dall’assemblaggio socio-materiale costituito tramite le nuove tecnologie emergono dal lavoro di ricerca come media analoghi e tra loro connessi. Tale conclusione viene raggiunta osservando in che modo i media digitali modifichino le modalità di produzione (sociale non) dello spazio, concentrandosi in particolare su come ciò avvenga attraverso le pratiche di narrazione online. Queste sono state osservate all’interno del quartiere Montesacro di Roma, dove i media digitali vengono coinvolti nei processi di “ri-domesticazione” di un territorio diventato negli anni più difficile da vivere e da rappresentare e identificare chiaramente. Metodologicamente, data la mancanza di significative esperienze di ricerca su questi temi, sono state proposte strade innovative. Alla classica etnografia largamente adottata negli studi antropologici si è cercato di unire alcune sperimentazioni che guardassero, pur non rientrandovi a pieno, a modi d’esplorazione quali lo shadowing e la netnografia. Questa metodologia è quindi risultata in una costruzione tripartita del campo di ricerca, osservato in tre diversi contesti, attraversati dalla stessa ipotesi: rilevata la presenza di una forma di spaesamento (De Martino, 2002, 2007), cioè di difficoltà a orientare il proprio agire all’interno del sempre più complesso sistema urbano, si osserva come i media digitali vengano utilizzati per mettere in atto performance di “narrazione incidentale”, ovvero di uso apparentemente casuale e frammentario di immagini, frasi e altre forme di comunicazione multimediale che confluiscono in meta-narrazioni e strutture retoriche che compartecipano alla costruzione sociale del luogo come un contesto dotato di senso per l’azione degli individui. In particolare, questo uso si fonda sulla recente possibilità di utilizzare i media digitali in modalità non “eccezionali” ma fortemente “routinarie” e innestate nella “quotidianità”. I tre contesti sono di ricerca sono: 1. Quello dei giovani-adulti alle prese con la loro prima occasione di abitare all’interno del quartiere separati dalla famiglia. Da loro, queste forme di narrazione incidentale vengono utilizzate per ambientarsi all’interno del territorio e per gestire tutti i contesti significativi con cui vogliono relazionarsi. I percorsi tracciati da queste pratiche di narrazione producono diverse forme di località qui definite “località-network”, che possono trovarsi totalmente sul web oppure spargersi (e quindi confondersi) tra spazi digitali e fisici. Attraverso i media digitali poi, gli individui costruiscono un “internet personale”, cioè la rete interconnessa di tutte le proprie relazioni e interessi; 2. quello dei gruppi Facebook di quartiere, frequentati soprattutto dagli abitanti più adulti dello stesso e all’interno dei quali vengono proposte rappresentazioni del territorio e si svolgono intensi conflitti riguardo la dimensione simbolica (e non solo) dello stesso. Attraverso l’analisi della retorica del degrado, questi gruppi vengono individuati come i luoghi più frequentati con lo scopo di un dibattito rispetto al territorio, ma anche come luoghi dove esso viene patrimonializzato e sacralizzato; 3. quello di studenti di scuola superiore (un liceo classico) alle prese col complesso compito di farsi individui e cittadini all’interno di un’istituzione, quella scolastica, in forte difficoltà a gestire proprio l’introduzione di queste nuove tecnologie al suo interno. In particolare viene criticata la nozione di “nativo digitale”, mettendo in luce invece le criticità connesse al dover imparare, senza un adeguato aiuto didattico, a usare i media digitali nel vivere lo spazio urbano. Dal racconto dell’esperienza di campo emerge chiaramente come gli spazi digitali frequentati e percorsi dagli abitanti del quartiere di Montesacro finiscano per divenire essi stessi spazi strappati ai grandi provider internazionali per venire invece integrati nello spazio-quartiere e divenire quindi luoghi fondamentali dove, in modalità informali, conflittuali e spesso polarizzate, viene a prodursi il senso del luogo. La narrazione incidentale (Bausinger, 2008) del sé, del territorio e del sé nel territorio si presenta quindi come una routine culturale, come un lavorio di bricolage che ricostruisce nuovi significati in base al materiale già esistente e, nel caso analizzato, sembra agire proprio contro le forme di spaesamento, poiché permette di trovare tatticamente (de Certeau, 2001) lo spazio per produrre immaginazioni e rappresentazioni collettive del territorio. Attraverso queste narrazioni i cittadini mettono informalmente (e a volte inconsapevolmente) in moto pratiche di produzione della località (Appadurai, 2012, 2014) e di cittadinanza partecipativa. Soprattutto in questo senso, le narrazioni incidentali multimediali che vediamo proliferare nel nostro “oggi” risultano capaci di costruire e produrre il territorio e si configurano quindi come un uso dello stesso. Questo inevitabilmente porta a osservare anche come, per innestare pratiche fertili di ricerca-azione, non sia possibile rifiutarsi di “sporcarsi le mani” con quanto avviene sui social network, in discussioni spesso violente e polarizzanti, pena rinunciare definitivamente alla possibilità di un lavoro di ricerca capace di avere un effetto sulla quotidianità delle persone e sul tessuto urbano

    Prulifloxacin: a brief review of its potential in the treatment of acute exacerbation of chronic bronchitis

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    Exacerbations of chronic bronchitis (AECB) are a major cause of morbidity and mortality in patients with chronic obstructive pulmonary disease (COPD), and their impact on public health is increasing. The new fluoroquinolones have an excellent spectrum providing cover for the most important respiratory pathogens, including atypical and “typical” pathogens. Not surprisingly, different guidelines have inserted these agents among the drugs of choice in the empirical therapy of AECB. The pharmacokinetic and dynamic properties of the new fluoroquinolones have a significant impact on their clinical and bacteriological efficacy. They cause a concentration-dependent killing with a sustained post-antibiotic effect. This review discusses the most recent data on the new fluoroquinolone prulifloxacin and critically analyses its activity and safety in the management of AECB

    Evaluation of severity score-guided approaches to macrolide use in community-acquired pneumonia

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    International guidelines including those in the UK, Japan, Australia and South Africa recommend the avoidance of macrolides in patients with low-severity community-acquired pneumonia (CAP). We hypothesised that severity scores are poor predictors of atypical pneumonia and response to macrolide therapy, and thus, inadequate tools for guiding antibiotic prescriptions. Secondary analysis of four independent prospective CAP datasets was conducted. The predictive values of the CURB-65 and pneumonia severity index (PSI) for clinically important groups of causative pathogens were evaluated. The effect of macrolide use according to risk class was assessed by multivariable analysis. Patients (3297) were evaluated, and the predictive values of CURB-65 and PSI for atypical pathogens were poor (AUC values of 0.37 and 0.42, respectively). No significant differences were noted among the effects of macrolide use on mortality in patients with mild, moderate and severe CAP, according to either CURB-65 (interaction testing severe versus mild disease OR=0.74 (0.29–1.89)) or PSI (severe versus mild disease OR=3.4 (0.055–2.10)), indicating that severity scores were not significant modifiers of response to macrolide therapy. Severity scores did not accurately predict response to macrolide therapy in CAP, suggesting that current guidance to use these tools for empirical antibiotic choices might not be justified

    Rare earth elements in human and animal health: State of art and research priorities

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    "Background: A number of applications have been developed using rare earth elements (REE), implying several human exposures and raising unsolved questions as to REE-associated health effects. Methods: A MedLine survey was retrieved from early reports (1980s) up to June 2015, focused on human and animal exposures to REE. Literature from animal models was selected focusing on REE-associated health effects. Results: Some REE occupational exposures, in jobs such as glass polishers, photoengravers and movie projectionists showed a few case reports on health effects affecting the respiratory system. No case-control or cohort studies of occupational REE exposures were retrieved. Environmental exposures have been biomonitored in populations residing in REE mining areas, showing REE accumulation. The case for a iatrogenic REE exposure was raised by the use of gadolinium-based contrast agents for nuclear magnetic resonance. Animal toxicity studies have shown REE toxicity, affecting a number of endpoints in liver, lungs and blood. On the other hand, the use of REE as feed additives in livestock is referred as a safe and promising device in zootechnical activities, possibly suggesting a hormetic effect both known for REE and for other xenobiotics. Thus, investigations on long-term exposures and observations are warranted. Conclusion: The state of art provides a limited definition of the health effects in occupationally or environmentally REE-exposed human populations. Research priorities should be addressed to case-control or cohort studies of REE-exposed humans and to life-long animal experiments. (C) 2015 Elsevier Inc. All rights reserved.

    Comparison of different sets of immunological tests to identify treatable immunodeficiencies in adult bronchiectasis patients

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    Immunological tests; BronchiectasisPruebas inmunologicas; BronquiectasiasProves immunològiques; BronquiectasiesBackground The reported prevalence of immunodeficiencies in bronchiectasis patients is variable depending on the frequency and extent of immunological tests performed. European Respiratory Society guidelines recommend a minimum bundle of tests. Broadening the spectrum of immunological tests could increase the number of patients diagnosed with an immunodeficiency and those who could receive specific therapy. The primary objective of the present study was to assess the performance of different sets of immunological tests in diagnosing any, primary, secondary or treatable immunodeficiencies in adults with bronchiectasis. Methods An observational, cross-sectional study was conducted at the Bronchiectasis Program of the Policlinico University Hospital in Milan, Italy, from September 2016 to June 2019. Adult outpatients with a clinical and radiological diagnosis of bronchiectasis underwent the same immunological screening during the first visit when clinically stable consisting of: complete blood count; immunoglobulin (Ig) subclass tests for IgA, IgG, IgM and IgG; total IgE; lymphocyte subsets; and HIV antibodies. The primary endpoint was the prevalence of patients with any immunodeficiencies using five different sets of immunological tests. Results A total of 401 bronchiectasis patients underwent the immunological screening. A significantly different prevalence of bronchiectasis patients diagnosed with any, primary or secondary immunodeficiencies was found across different bundles. 44.6% of bronchiectasis patients had a diagnosis of immunodeficiency when IgG subclasses and lymphocyte subsets were added to the minimum bundle suggested by the guidelines. Conclusion A four-fold increase in the diagnosis of immunodeficiencies can be found in adults with bronchiectasis when IgG subclasses and lymphocyte subsets are added to the bundle of tests recommended by guidelines

    Targeting cyclin-dependent kinases in sarcoma treatment: Current perspectives and future directions

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    Effective treatment of advanced/metastatic bone and soft tissue sarcomas still represents an unmet medical need. Recent advances in targeted therapies have highlighted the potential of cyclin-dependent kinases (CDK) inhibitors in several cancer types, including sarcomas. CDKs are master regulators of the cell cycle; their dysregulation is listed among the “hallmarks of cancer” and sarcomas are no exception to the rule. In this review, we report both the molecular basis, and the potential therapeutic implications for the use of CDK inhibitors in sarcoma treatment. What is more, we describe and discuss the possibility and biological rationale for combination therapies with conventional treatments, target therapy and immunotherapy, highlighting potential avenues for future research to integrate CDK inhibition in sarcoma treatment
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