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    Influenza di polimorfismi del gene MDR1 sulla prognosi di pazienti affetti da Mieloma Multiplo

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    Il mieloma multiplo è una neoplasia ematologica che corrisponde all’1% di tutte le neoplasie maligne ed in particolare il 10% di tutte le neoplasie. In Italia, l’incidenza annua è di 2-4 nuovi casi ogni 100000 individui. La prognosi è solitamente sfavorevole, con una sopravvivenza media che oscilla tra 20 e 60 mesi. Il trattamento del mieloma multiplo è solitamente scelto sulla base della valutazione di parametri clinici e sullo stadio della malattia. Uno dei regimi principali utilizzati è il protocollo DAV, o VAD-like, (Vincristina, Adriamicina, Desametasone), che assicura un buon tasso di risposte senza danneggiare le cellule sane del midollo che sono necessarie per il susseguente trapianto autologo di cellule staminali (ASCT). Questo regime terapeutico è solitamente seguito dal trattamento con ciclofosfamide, allo scopo di mobilizzare le cellule staminali nel sangue periferico, accoppiato alla somministrazione di melphalan ad alte dosi, il quale ha l’obiettivo di eradicare le cellule neoplastiche in preparazione di almeno un ( a volte due) trapianto di cellule staminali, per ripopolare il midollo osseo. Nonostante ciò, molti pazienti ricadono in un tempo variabile dopo il trattamento. La profonda variabilità nella risposta clinica a questo trattamento che è stata osservata potrebbe essere interpretata come il risultato di variazioni genetiche, quali i polimorfismi a singolo nucleotide (SNPs), che possono modificare l’espressione e/o la funzionalità di proteine chiave coinvolte nel meccanismo di azione o nel metabolismo dei farmaci somministrati. E’ comunemente accettato che la localizzazione dei farmaci e la loro disponibilità cellulare può influenzare l’esito di terapie anticancro, quindi nel presente studio abbiamo investigato il possibile effetto di due polimorfismi del gene MDR1 sulla risposta al trattamento e sulla sopravvivenza a ungo termine in pazienti affetti da mieloma multiplo. I due SNPs sono la sostituzione silente C3435T, situata nell’esone 26, e il polimorfismo triallelico G2677T/A, situato nell’esone 21 del gene MDR1, che codifica per la P-Glicoproteina 1, la quale è stata riconosciuta come un importante fattore in grado di influenzare diversi parametri farmacocinetici grazie al suo ruolo nella regolazione dell’assorbimento e della disponibilità di numerosi farmaci non correlati tra loro, molti dei quali sono correntemente utilizzati nella terapia anticancro. Abbiamo analizzato un totale di 110 pazienti aggetti da mieloma multiplo, trattati con DAV seguito fa ASCT. Il DNA è stato estratto da sangue intero e i genotipi degli SNPs C3435T e G2677T/A sono stato ottenuti rispettivamente utilizzando la Real Time PCR con il metodo Taqman e l’analisi dei polimorfismi di lunghezza dei frammenti di restrizione RFLP. I risultati mostrano che non c’è associazione tra nessuno dei due SNPs e la risposta alla terapia. Tuttavia, gli individui omozigoti per l’allele T alla posizione 3435 mostrano un incremento della sopravvivenza a lungo termine statisticamente significativo (log rank test p=0,02). Risultati simili sono stati ottenuti per l’altro polimorfismo, dove è stata osservata un’associazione ai limiti della significatività tra i genotipi T/T e T/A ed una migliore sopravvivenza (log rank test p=0,05) In conclusione, il genotipo al locus MDR1 sembra essere un buon marcatore predittivo per la sopravvivenza a lungo termine in pazienti affetti da mieloma multiplo. Questo è il primo studio che dimostra un ruolo prognostico di MDR1 per il mieloma multiplo, il quale potrebbe avere un ruolo importante nel selezionare l’approccio terapeutico più appropriato in accordo con la struttura genetica di ciascun individuo.

    Testi koselleckiani

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    Clonal evolution in relapsed pediatric acute myeloid leukemia without recurrent cytogenetic alterations revealed by whole-exome massively parallel sequencing

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    Nonostante la prognosi dei bambini con leucemia acuta mieloide (LAM) sia migliorata in modo significativo nel corso degli ultimi 30 anni, circa il 30% dei bambini recidiva, facendo di quest’ultima la principale causa di fallimento terapeutico e di morte. Per indagare i meccanismi molecolari alla base recidiva, è stato eseguito il sequenziamento massivo dell’esoma dei campioni di esordio, remissione e recidiva di 4 LAM pediatriche a citogenetica normale mediate tecnologia Illumina, seguito da sequenziamento mirato high coverage (7000X) delle mutazioni somatiche con possibile ruolo patogenetico nello sviluppo della recidiva. La mutazione biCEBPα è stabile e altamente penetrante durante il decorso della malattia (>80% nel clone di esordio e recidiva). Al contrario, le mutazioni di WT1 risultano estremamente instabili. Si configurano specifici pattern molecolari sottostanti alla recidiva, tra i quali l’aberrante attivazione dei segnali proliferativi cellulari (conferito dalle mutazioni di PTPN11 e FLT3-TKD) e l’aumentata resistenza all’apoptosi (iperattivazione di TYK2). Si osserva inoltre un’instabilità genomica conferita dall’inattivazione di SETD2, una metiltransferasi implicata nel mismatch repair, alla base di una maggior plasticità della malattia che contribuisce alla sua evoluzione. Il conseguente accumulo di nuove mutazioni promuove l'adattabilità della leucemia, contribuendo alla selezione clonale. E’ stata inoltre identificata una nuova mutazione di ASXL3, presente in un clone minoritario alla diagnosi (<1%) con espansione alla recidiva (60%). In conclusione, la LAM pediatrica è caratterizzata da notevole complessità genomica ed evoluzione clonale. Nello sviluppo della recidiva contribuiscono diversi pathway molecolari che causano aumentata proliferazione, resistenza all’apoptosi e ipermutabilità somatica e si configurano come possibili bersagli di terapie mirate.Despite significant improvement in treatment of childhood acute myeloid leukemia (AML), 30% of patients experience disease recurrence, which is still the major cause of treatment failure and death in these patients. To investigate molecular mechanisms underlying relapse, we performed whole-exome sequencing of diagnosis-relapse pairs and matched remission samples from 4 pediatric AML patients without recurrent cytogenetic alterations. Candidate driver mutations were selected for targeted deep sequencing at high coverage, suitable to detect small subclones (0.12%). BiCEBPa mutation was found to be stable and highly penetrant, representing a separate biological and clinical entity, unlike WT1 mutations, which were extremely unstable. Among the mutational patterns underlying relapse, we detected the acquisition of proliferative advantage by signaling activation (PTPN11 and FLT3-TKD mutations) and the increased resistance to apoptosis (hyperactivation of TYK2). We also found a previously undescribed feature of AML, consisting of a hypermutator phenotype caused by SETD2 inactivation. The consequent accumulation of new mutations promotes the adaptability of the leukemia, contributing to clonal selection. We report a novel ASXL3 mutation characterizing a very small subclone (<1%) present at diagnosis and undergoing expansion (60%) at relapse. Taken together, these findings provide molecular clues for designing optimal therapeutic strategies, in terms of target selection, adequate schedule design and reliable response-monitoring techniques

    Tumori dell’intestino tenue: nostra esperienza in urgenza

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    I tumori dell’intestino tenue sono neoplasie relativamente rare. Sintomi di natura aspecifica ed esami diagnostici di basse sensibilità e validità sono complessivamente responsabili di una diagnosi ritardata e, in caso di malignità, di malattia spesso avanzata e per lo più incurabile con l’intervento. Uno studio retrospettivo è stato effettuato in 42 casi con presentazione clinica di acuzie, dal 1972 al 2001; l’età media dei pazienti è stata di 52 anni (range 14-79 anni); c’è stata una lieve prevalenza del sesso femminile (57.1% vs 42.9%). La presentazione acuta più comune è stata l’occlusione (57.1%), seguita da sanguinamento gastrointestinale (23.8%), perforazione (14.3%) e occlusione/perforazione (4.8%). I tumori benigni si sono presentati nel 38.1% (16 casi), l’adenoma rappresenta il tipo più comune; le forme maligne sono state il 61.9% (26 casi), l’adenocarcinoma e i linfomi rappresentano l’istotipo più comune. La chirurgia radicale è stata possibile solo nel 57% delle forme maligne (24 pazienti): la morbidità è stata del 4.8% (2 casi: 1 deiscenza anastomotica e 1 ascesso subfrenico); la mortalità è stata del 14.3%. Dal nostro studio retrospettivo possiamo affermare che la sopravvivenza per le lesioni maligne è strettamente dipendente dalla precocità della diagnosi TNM e dalla possibilità di una procedura chirurgica radicale, prima che la lesione diventi non resecabile, come è accaduto nel 42% dei nostri casi. Un indice di sospetto estremamente elevato nella valutazione di sintomi, spesso aspecifici, integrato con studi diagnostici specifici, potrebbe rappresentare l’approccio più appropriato. La prognosi per le forme benigne è invece eccellente in tutti i casi

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    The role of surgery in the treatment of older women with breast cancer

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    A significant proportion of women diagnosed with breast cancer are over the age of 70 years and there is evidence that these patients frequently do not receive standard treatments, including surgical procedures and adjuvant therapies, which would be routine practice in younger age groups. The factors underlying this may include the physiological effects of ageing, differences in the biology and stage of the tumour at presentation, patient co-morbidities and patient and clinician preferences. The interaction of all these factors needs to be considered when individualising treatment plans for patients. For some patients this will need to be undertaken in the context of an extended multidisciplinary team setting with additional input from geriatricians, in addition to surgeons and oncologists, in defining a treatment plan. Little is known about the preferences of older patients in their choice of surgical treatment for breast cancer and further research is required to increase the evidence base for the rational management of older women with breast cancer
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