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    To Be and Not To Be? A Metaphysical Inquiry into Existence and Non-Existence

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    La mia ricerca dottorale pu\uf2 essere efficacemente descritta come il tentativo di rispondere a tre interrogativi: (I) vi sono oggetti (o, pi\uf9 in generale, entit\ue0) che non esistono? (II) Cos\u2019\ue8 l\u2019esistenza? (III) Se vi sono oggetti inesistenti (o, pi\uf9 in generale, entit\ue0 inesistenti), cosa caratterizza il loro statuto ontologico \u2013 o, almeno, cosa caratterizza lo statuto ontologico di alcuni oggetti inesistenti (ad esempio, gli oggetti fittizi)? La prima parte della tesi (I. To Be and Not To Be? A Survey) contiene un\u2019indagine storica, critica e sistematica dei problemi connessi a tali interrogativi, nonch\ue9 delle teorie analitiche che intendono rispondere ad essi. In primo luogo, ho esaminato il problema della definizione, della validit\ue0 e della fondatezza di alcune versioni dell\u2019argomento ontologico per l\u2019esistenza di Dio (I.1. Prologue in Heaven: the Ontological Argument). In effetti, il dibattito sull\u2019esistenza in quanto propriet\ue0 di oggetti e in quanto propriet\ue0 di alcuni (ma non tutti gli) oggetti \ue8 sorto proprio, nel panorama della metafisica analitica novecentesca, da un\u2019attenta rilettura critica di questo argomento. Molti filosofi analitici hanno riproposto obiezioni classiche alle assunzioni dell\u2019argomento e, in alcuni casi, hanno tentato di costruire versioni alternative dell\u2019argomento. In questo capitolo, ho ricostruito quattro versioni dell\u2019argomento ontologico (due di Anselmo, quella di Cartesio e quella di G\uf6del), ho valutato la verit\ue0 delle assunzioni, in modo particolare rispetto ad una definizione dell\u2019esistenza e dello statuto ontologico degli oggetti inesistenti, e ho considerato alcune obiezioni classiche e contemporanee. In secondo luogo, ho esaminato il rapporto tra esistenza e riferimento dei termini singolari (I.2. What are we talking of? Existence and Reference). In questa fase, ho cercato di riassumere il punto di vista della maggior parte dei metafisici analitici nell\u2019accettazione della tesi (attualismo) non vi sono oggetti (o, pi\uf9 in generale, entit\ue0) che non esistono, e, dopo aver vagliato numerose teorie sul rapporto tra esistenza e riferimento, mi \ue8 sembrato utile evidenziare che tali teorie presentano numerosi problemi interni, che esse non riescono a rendere ragione di alcuni dati e che la tesi (attualismo) o deve essere accettata come una verit\ue0 primitiva (e, in questo caso, essa crea diverse difficolt\ue0 ai suoi sostenitori) o, se non \ue8 accettata come una verit\ue0 primitiva, deve essere giustificata (e, in tal caso, mancano argomenti cogenti in suo favore). D\u2019altro canto, le teorie che rigettano (attualismo) paiono a loro volta afflitte da alcune gravi difficolt\ue0. In particolare, ho esaminato le teorie di Brentano, Frege, Russell, Moore, Meinong, alcune teorie attualiste e, tra le teorie non-attualiste (o solo parzialmente attualiste), tre tipi di neo-meinonghianismo, la teoria di McGinn e la teoria del doppio senso dell\u2019esistenza di Geach, parzialmente ripresa da Miller. Nel terzo capitolo della prima parte (I.3. The Importance of Being (Non-)Existent) ho introdotto alcuni dati di cui una buona teoria ontologica della finzione deve rendere ragione e ho esposto criticamente le principali teorie della finzione (meinonghianismo, pretense-theories, artifattualismo e sincretismo). Da ultimo, nel quarto capitolo della prima parte (I.4. The Times and Worlds They Are A-Changin\u2019) ho considerato diversi problemi relativi all\u2019accettazione di oggetti contingentemente esistenti, oggetti che contingentemente non esistono e oggetti che iniziano ad esistere e cessano di esistere. In sintesi, ho tentato di dimostrare che, quando la tesi (attualismo) \ue8 sostenuta congiuntamente alle principali teorie ontologiche della modalit\ue0 e del tempo, il fatto che vi siano tali oggetti non \ue8 adeguatamente fondato. Nella seconda parte della tesi (II. To Be and Not To Be. A Theory) ho cercato di costruire una teoria unitaria dell\u2019esistenza e della non-esistenza. In prima istanza, ho delineato il quadro di una ontologia bicategoriale (comprendente oggetti e propriet\ue0), dopo aver difeso una concezione \u201cabundant\u201d delle propriet\ue0 e dopo aver accettato le propriet\ue0 negative (II.1. One and Many: Objects and Properties). Successivamente, ho dimostrato che l\u2019esistenza, cos\uec come essa sembra essere implicata nelle condizioni di verit\ue0 di enunciati quali (1) Obama esiste, (2) Sherlock Holmes non esiste, \ue8 soltanto una propriet\ue0 informativa di primo livello (cio\ue8 soltanto una propriet\ue0 di oggetti, che alcuni oggetti istanziano e altri oggetti non istanziano). Vi sono, dunque, oggetti inesistenti (dato che \ue8 legittimo quantificare su ogni entit\ue0 provvista di condizioni di identit\ue0), e alcuni oggetti inesistenti (come gli oggetti fittizi e le proposizioni) sono oggetti mentali (cio\ue8 oggetti che dipendono per le loro condizioni di identit\ue0 dall\u2019attivit\ue0 di qualche soggetto), bench\ue9 non tutti gli oggetti inesistenti siano mentali. Esistere, infine, significa essere dotato di poteri causali o, meglio, di disposizioni ad agire \u2013 di disposizioni a produrre, causare qualcosa -, anche se questo resoconto dell\u2019esistenza deve essere raffinato per fronteggiare alcuni problemi, come il paradosso della finzione e l\u2019attribuzione degli stessi poteri causali a tipi diversi di entit\ue0 (II.2. Existence: about a Genuine Property). In seguito, ho esposto una teoria ascrittivista degli oggetti fittizi intesi come oggetti mentali, fondata appunto sull\u2019introduzione di una famiglia di relazioni di ascrizione e capace di definire le condizioni di identit\ue0 degli oggetti fittizi, di rendere ragione dei dati introdotti nel capitolo I.3 e di costruire una teoria ontologica della finzione (II.3. Non-Existence: an Ascriptivistic Perspective). Ho poi delineato una teoria ascrittivista-mentalista dei mondi possibili (per la quale i mondi possibili sono peculiari contesti fittizi definiti nelle loro condizioni di identit\ue0 da una mente onnisciente) e una teoria presentista semi-meinonghiana (II.4. I Might Have Not Existed, I Shall Not Exist (maybe)). Infine, ho difeso due argomenti in favore dell\u2019esistenza di Dio \u2013 una rilettura dell\u2019argomento ontologico di Anselmo in Proslogion, II nel contesto della mia teoria e un argomento in favore dell\u2019esistenza di una mente onnisciente come fondamento delle verit\ue0 modali (II.5. Epilogue in Heaven: the Existence of God). Nelle conclusioni, ho cercato di rispondere ad alcune obiezioni che potrebbero essere rivolte ad alcune parti del mio lavoro e ho delineato le soluzioni ad alcuni problemi di metaontologia, nonch\ue9 i possibili sviluppi futuri della mia ricerca. In certe parti dell\u2019opera ho utilizzato gli strumenti della logica formale per chiarire le mie tesi e per fornire interpretazioni non ambigue delle condizioni di verit\ue0 di alcuni enunciati

    Relationships between algebra, differential equations and logic in England 1800-1860.

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    This thesis surveys the links between mathematics and algebraic logic in England in the first half of the 19th century. In particular, we show the impact that De Morgan's work on the calculus of functions in 1836 had on the shaping of his logic of relations in 1860. Similarly we study Boole’s background in D-operational methods and its impact on his calculus of logic in 1847. The starting point of the thesis is Lagrange’s algebraic calculus and Laplace’s analytical methods prominent in late 18th century French mathematics. Revival in mathematical research in early 19th century England was mainly effected through the diffusion of Lagrange’s calculus of operations as further developed by Arbogast, Servois and others in the 1800’s and of Laplace’s theory of attractions. .Lagrange’s algebraic calculus and Laplace’s methods in analysis – particularly on functional equations – were considerably developed by Herschel and Babbage during the period 1812-1820. Further research on the foundations of the calculus of operations and functions was provided by Murphy, De Morgan and Gregory in the late 1830’s. .Symbolic methods in analysis were further extended by Boole in 1844. Boole was followed by several analysts distinguished in their obsession in further vindicating these methods through applications on two differential equations which originally appeared in Laplace’s planetary physics. We record the main issues of De Morgan’s logic and their mathematical background. Special reference is given to his logic of relations and its connection with his foundational study of the calculus of functions. On similar lines we study Boole’s algebraic cast of logic drawing consequently a comparison between his two major works on logic. Moreover we emphasise his epistemological views and his evaluation of symbolical methods within logic and analysis
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