Tempo e lavoro. Storia, psicologia e nuove problematiche

Abstract

Storia, psicologia e nuove problematiche alla riscoperta del tempo, quello maiuscolo, del quale non ne riconosciamo talvolta le coordinate, se non quelle legate a delle lancette che segnano i movimenti e la fisiologia dell’uomo moderno, perseguendo (suo malgrado) una “soggettività rimossa”. L’anima, il tempo, il lavoro. L’uomo immerso in un universo di obblighi e leggi che talvolta prescindono dal suo tempo individuale, quello soggettivo, dove “le affezioni costituiscono l’unica misura effettivamente sperimentabile che possa dare un senso alla nostra permanenza nel mondo…”. Ma è nel ripensare il tempo che ci consente di rifondare il concetto di lavoro, partendo dalla “soggettività e dalle relazioni tra gli uomini, per la creazione di un senso soggettivo e sociale”. Il libro affonda la sua analisi fino al mondo greco e romano, ai concetti di libertà e di schiavitù. Ad Atene, i cittadini tenevano in grande disdegno tutte le attività che comportassero fatica fisica, secondo la concezione platonica che vedeva la bellezza dell’anima andare di pari passo con quella del corpo, e quindi ogni attività che deformasse il corpo, abbruttiva anche l’anima. Fino all’età moderna (spiega l’autore) non esisteva una vera e propria classe operaia, ovvero una classe priva di proprietà che deve la sua sussistenza alla sola opera delle sua mani. Il cosiddetto lavoro libero altro non era che l’opera di liberi negozianti, commercianti e artigiani. L’animal laborans, nel corso della storia, ha avuto varie incarnazioni nelle eterne forme di schiavitù dal lavoro e per le necessità vitali. L’avvento della tecnica come condizione universale ha assunto un ruolo totalizzante fino a dissolvere tutte le altre attività umane, con la perdita di creatività ed abilità individuali. La tecnica, quindi, che domina la natura e domina l’uomo. Secondo il filosofo Umberto Galimberti l’unica categoria che si pone all’altezza dello scenario dischiuso della tecnica è quella di assoluto, inteso come “sciolto da ogni legame”, quindi da ogni orizzonte di fini e di condizionamenti. Mentre nell’età pretecnologica era possibile riconoscere l’identità di un individuo dalle sue azioni, perché queste – scrive ancora Galimberti – erano lette come manifestazioni della sua anima, oggi le azioni dell’individuo non sono più leggibili come espressioni della sua individualità, ma come possibilità calcolata dell’apparato tecnico. Nella breve storia culturale del lavoro, Andreoni analizza tutte le istanze che emergono nei percorsi dell’uomo fra lavoro, capitalismo e marxismo, fino all’attuale società postindustriale. Non più produzione di beni, bensì programmazione dell’innovazione, con il sapere quale nuova attività produttiva. Parla infine di come ripensare il lavoro, non trascurando le aspettative. Rispetto alle epoche passate, l’uomo contemporaneo occidentale non è mai stato così protetto: non è invulnerabile – sostiene l’autore – ma è fortemente garantito. Sebbene tali garanzie vanno man mano riducendosi. Nuove figure nel mondo del lavoro avanzano: il precario, il flessibile e a tempo determinato, lavoratori a rischio. Oggi siamo tutti flessibili…in un tempo che vorremmo sempre più liberato dal lavoro

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Last time updated on 12/11/2016

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