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Job Instability and Fertility: How do `precarious' workers deal with childbearing? Italy and EU countries case studies
Capitolo I
I modelli di fertilità sono cambiati in modo significativo dal 1960 nella maggior parte dei paesi occidentali avanzati, con trend che evidenziano effetti di posticipazione nelle scelte di fertilità, con famiglie di più piccole dimensioni e con aumento di quelle senza figli. Ad oggi, il calo della fertilità è descritto come `uno dei più notevoli cambiamenti nel comportamento sociale nel ventesimo secolo' (Leete 1998) e si presenta come un aspetto di una serie di cambiamenti demografici, risultato di profonde trasformazioni socio-economiche. Questo processo, che vede una diversa tempistica tra i vari paesi, è conosciuta in letteratura come la Seconda Transizione Demografica (van de Kaa 1987; Lesthaeghe 1995). Dalla metà degli anni 1980, la correlazione a livello macro tra la partecipazione femminile alla forza lavoro (FLFP) e il Tasso di Fecondità Totale (TFR) ha cambiato segno, diventando positivo (Ahn e Mira 2002; Engelhardt e Prskawetz 2004; Billari e Kolher 2004). Questa review inizia con una panoramica delle teorie sull'economia della fertilità e le implicazioni empiriche quando prendono posto nel comportamento di fertilità nei paesi sviluppati, cercando di spiegare il declino della fertilità, più in generale e, infine, concentrandosi sul rapporto che esiste tra l'instabilità nel mercato del lavoro e le scelte di fertilità.
Capitolo II
Questo lavoro si propone di indagare il rapporto tra il basso tasso di partecipazione femminile al mercato del lavoro e l’ancora più ridotto tasso di fecondità in Italia durante gli anni della recente crisi econimca (iniziata a partire dal 2008), concentrandosi sugli effetti che i nuovi tipi di contratti a forme flessibili intervenuti con l’attuazione della legge ‘Biagi' (L. 30/2003) hanno avuto sui giovani coppie relativamente alle loro scelte di fecondità. Dai dati individuali italiani longitudinali presi dal dataset EU-SILC (2004-2013) estraggo un campione di tutte le donne tra i 15 ei 45 anni conviventi con il partner e che sono attive nel mercato del lavoro. Costruisco la misura di instabilità del lavoro, per entrambi i partner, con le loro transizioni occupazionali nel mercato del lavoro registrate nei due anni precedenti e stimo un modello di probabilità lineare in differenze prime (controllando per l'eterogeneità non osservata e la potenziale presenza di endogeneità) al fine di studiare l'effetto di breve periodo che l’instabilità del lavoro genera nella scelta delle coppie di avere un (altro) figlio.
I principali risultati mostrano che, per le donne, mantenere un contratto a tempo determinato influisce negativamente ed è statisticamente significativo sulla scelta di procreazione, e produce un effetto maggiore anche rispetto a quello generato dal restare in disoccupazione. Per gli uomini, invece, è il trovare un lavoro la determinante che aumenta la probabilità della scelta di avere un (ulteriore) figlio, mentre la caduta e il restare in disoccupazione sono effetti che deprimono la fertilità.
Capitolo III
Il declino del TFR è variato ampiamente nella misura e negli anni tra paesi europei. Nei paesi del Nord Europa, il declino è iniziato presto, ma ha oscillato intorno al 1,85 figli a partire dalla metà degli anni 1970. Al contrario, tra i paesi dell'Europa orientale e meridionale il calo è stato più lento, è partito dalla metà degli anni 1970, ha raggiunto un livello estremamente basso pari al 1,3 nel 1994, per poi iniziare lentamente a riprendersi. Questi paesi sono conosciuti come i paesi con più bassa fertilità perché hanno tassi di fecondità che oscillano intorno a 1,3 figli per donna (Kohler et al. 2002).
Utilizzando i dati individuali dell’ indagine europea del reddito e sulle condizioni di vita (EU-SILC) 2005-2013, il presente studio indaga l’effetto cross-country e di breve periodo che l’instabilità del lavoro ha sulla scelta della coppia di avere un figlio in più.
Costruisco la misura dell’instabilità per entrambi i partner dal ritardo dello proprio status di attività registrato nel mercato del lavoro (che comprende il contratto temporaneo, permanente, e di essere disoccupati), concentrandomi in particolare sulle scelte di fecondità delle coppie attive nel mercato del lavoro. Al fine di tenere conto della eterogeneità non osservata e il potenziale presenza di endogeneità, stimo un modello Two Stage Least Square in differenze prime assumendo una condizione di esogeneità sequenziale. Poi raggruppo i paesi europei applicando una classificazione dei regimi di welfare e stimo gli effetti eterogenei dell’instabilità nel mercato del lavoro sulle scelte di fertilità che si manifestano tra i diversi contesti istituzionali.
Il risultato principale di questo lavoro è che l’effetto medio cross-country che l’instabilità nel mercato del lavoro genera sulle decisioni di fertilità della coppia non è statisticamente significativa, a causa degli enormi effetti fissi specifici per paese.
Questi impatti, quando distinguo tra i sei diversi regimi di welfare, rilevano invece una variazione di comportamento profonda tra le coppie nelle scelte di fertilità che è molto legata alla struttura istituzionale e alle politiche attive sociali promosse dai propri regimi di welfare
La convivenza generazionale nelle piccole e medie aziende familiari: fattore di sviluppo o di crisi?
Lean implementation and its relationship with operational responsiveness, failure factors and resilience
Il lean management (LM) è un approccio socio-tecnico che, sebbene potrebbe sembrare estremamente attrattivo, presenta numerose barriere che ne ostacolano l’adozione. Inizialmente, è stato proposto un modello concettuale per indagare la relazione tra le pratiche lean, la reattività operativa e le performance di crescita aziendali nel contesto economico italiano. Un modello di equazione strutturale e un analisi confermativa di secondo ordine sono stati utilizzati per testare le relazioni ipotizzate nel modello strutturale. A seguire, considerando aziende manifatturiere appartenenti a 23 differenti paesi, si sono analizzate le principali difficoltà che ostacolano il successo del LM, difficoltà umane, strategiche, di integrazione della supply chain, economiche e culturali durante la fase di start-up e di mantenimento di un progetto lean. Infine, considerando un azienda come un network, questa tesi fornisce una definizione di resilienza e un modello in grado di calcolare la resilienza di un'organizzazione snella, tenendo conto sia della topologia organizzativa così come l'atteggiamento e le curve di apprendimento degli operatori. Tale modello è stato applicato ad un caso di studio con l’obiettivo di validare il modello matematico proposto. I risultati di questa tesi evidenziano che la risposta operativa è solo parzialmente collegata alle strategie Lean e che non vi è nessun rapporto diretto tra l’ implementazione delle pratiche lean e le prestazioni dell'azienda. Inoltre, i risultati hanno rivelato che un atteggiamento orientato alle perfomance e l’ugualianza fra i generi, sono caratteristiche culturali che aiutano a mantenere una cultura lean nell’ azienda. Infine, i risultati di questo studio hanno un’ implicazione pratica nell’assistere responsabili delle risorse umane e responsabili di produzione nel prevedere e valutare gli effetti globali e locali della riallocazione del personale e la possibile riduzione delle prestazioni delle diverse postazioni di lavoro
Soil CO2 emissions and C stock as Ecosystem Services: a comparison between transhumant and conventional farming systems
Senseable spaces: from a theoretical perspective to the application in augmented environments
Grazie all’ enorme diffusione di dispositivi senzienti nella vita di tutti i giorni, nell’ ultimo decennio abbiamo assistito ad un cambio definitivo nel modo in cui gli utenti interagiscono con lo spazio circostante.
Viene coniato il termine Spazio Sensibile, per descrivere quegli spazi in grado di fornire servizi contestuali agli utenti, misurando e analizzando le dinamiche che in esso avvengono, e di reagire conseguentemente a questo continuo flusso di dati bidirezionale.
La ricerca è stata condotta abbracciando diversi domini di applicazione, le cui singole esigenze hanno reso necessario testare il concetto di Spazi Sensibili in diverse declinazioni, mantenendo al centro della ricerca l’utente, con la duplice accezione di end-user e manager.
Molteplici sono i contributi rispetto allo stato dell’ arte. Il concetto di Spazio Sensibile è stato calato nel settore dei Beni Culturali, degli Spazi Pubblici, delle Geosciences e del Retail. I casi studio nei musei e nella archeologia dimostrano come l’ utilizzo della Realtà Aumentata possa essere sfruttata di fronte a un dipinto o in outdoor per la visualizzazione di modelli complessi, In ambito urbano, il monitoraggio di dati generati dagli utenti ha consentito di capire le dinamiche di un evento di massa, durante il quale le stesse persone fruivano di servizi contestuali. Una innovativa applicazione di Realtà Aumentata è stata come servizio per facilitare l’ ispezione di fasce tampone lungo i fiumi, standardizzando flussi di dati e modelli provenienti da un Sistema Informativo Territoriale. Infine, un robusto sistema di indoor localization è stato istallato in ambiente retail, per scopi classificazione dei percorsi e per determinare le potenzialità di un punto vendita.
La tesi è inoltre una dimostrazione di come Space Sensing e Geomstica siano discipline complementari: la geomatica consente di acquisire e misurare dati geo spaziali e spazio temporali a diversa scala, lo Space Sensing utilizza questi dati per fornire servizi all’ utente precisi e contestuali
Dallo spazio fisico allo spazio fluido. evoluzione degli spazi commerciali in forme semi-solide
Questa ricerca tenta di indagare un nuovo habitat a densità intermedia (spazio fluido) nel quale materiali della costruzione si fondono con le regole e i paradigmi dell’immateriale tecnologico, e dove, nell’ambito specifico trattato ovvero quello degli spazi commerciali, le dinamiche di acquisto si evolvono sempre di più in occasioni esperienziali e di relazione.
La ricerca intrapresa si sviluppa a partire da una serie di domande ed in particolare su quale debba essere la risposta progettuale da dare a questi fenomeni in continua evoluzione e quali debbano essere gli strumenti di cui il progettista deve dotarsi per destreggiarsi in questo nuovo territorio in cui la “materia” diventa solo uno degli elementi del comporre.
Si è cercato inoltre di indagare quali saranno i paradigmi e le nuove regole dell’esperienza fisico-sensoriale nell’epoca della proliferazione di tecnologie sempre più invasive della sfera reale e in che modo tali trasformazioni negli d’uso dello spazio del commercio possono contaminare l’utilizzo che facciamo dello spazio “pubblico”
Analisi Termofluidodinamica di Sistemi Complessi per lo Sviluppo di Nuovi Aerogeneratori
VALIDAZIONE DELL’IGF-1 COME MARKER DI RISERVA FUNZIONALE DEL GRAFT E INDICATORE PROGNOSTICO NEI PAZIENTI SOTTOPOSTI A TRAPIANTO DI FEGATO
Introduzione. Le alterazioni dell’asse GH/IGF-1 sono state proposte come markers di disfunzione epatocellulare e sopravvivenza nel paziente cirrotico. Esistono tuttavia poche evidenze sul significato clinico dei livelli di IGF-1 dopo trapianto epatico (LT).
Materiali e Metodi. Da Aprile 2010 a Maggio 2011 abbiamo arruolato 31 pazienti (M/F 25/6; età media ± SEM: 55,2±1.4 anni) sottoponendoli a dosaggio ematico di GH e IGF-1 prima del LT e a 15,30,90,180 e 365 giorni dall’intervento. Abbiamo analizzato la curva di normalizzazione di IGF-1 ai vari time points e valutato l’impatto sulla sintesi ormonale delle principali variabili trapiantologiche (età del donatore, utilizzo di graft non standard, early allograft disfunction). Abbiamo inoltre correlato l’IGF-1 con i principali tests di funzione epatica e con la sopravvivenza.
Risultati. Tutti i pazienti mostravano ridotti livelli di IGF-1 (29,5±2,1); a partire dalla 15° giornata post-LT si è evidenziato un significativo incremento dei valori medi di IGF-1 (102,7±11,7 ng/ml; p<0,0001). Durante il primo anno dal trapianto, i livelli sierici di IGF-1 si sono mantenuti significativamente inferiori nei riceventi trapiantati con donatori di età maggiore di 65 anni o marginali (extended criteria donor). Dall’analisi di correlazione con i test biochimici standard utilizzati per il monitoraggio della funzione epatica, è emersa una correlazione inversa tra i valori di IGF-1 e la bilirubina totale a 15 (r=-0,3924, p=0,03) e 30 (r=-0,3894, p=0,04) giorni dal trapianto. Dopo analisi multivariata, la normalizzazione precoce (entro 15 giorni) dei livelli di IGF-1 [Exp(b): 3,913, p=0.0484] si conferma come unico fattore prognostico indipendente di sopravvivenza dopo un periodo di 3 anni dal trapianto.
Conclusioni. L’IGF-1 riflette la riserva funzionale del graft ed il ripristino precoce dei normali livelli ormonali risulta associato a tassi di sopravvivenza più elevati dopo trapianto epatico