Rivista Internazionale di Filosofia e Psicologia (Università degli Studi di Bari)
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The frame problem: Relevance, emotion, and degrees of epistemic success
Abstract: In recent decades, the relationship between Artificial Intelligence and the Epistemology of Emotions has grown in three main ways: through the development of these concepts, their critical evaluation, and the adoption of their findings and perspectives. This paper focuses on the relationship between different theoretical perspectives on emotions and their potential to address a key issue in Artificial Intelligence: the frame problem, which questions the simulation of cognitive processes involved in determining relevance. In addition to the relatively scarce research focussed specifically on this relationship, most existing studies lack clarity in defining which aspect of the frame problem they are addressing. The aim of this paper is to examine the limits and scope of the epistemic function of salience/relevance of emotions in tackling the two main challenges of the efficient aspect of the frame problem. We argue that some epistemological positions are effective in overcoming both the difficulty of regression and the challenges of the vastness of information, while others address only the latter. These divergences show that advances in the epistemological understanding of emotions can have a direct practical application in the advancement of Artificial Intelligence, since they collaborate, through different epistemic degrees, to simulating cognitive processes involved in determining relevance.Keywords: Frame Problem; Relevance; Salience of Emotions; Degrees of Epistemic Success Il problema del frame: Rilevanza, emozioni e livelli di successo epistemico Riassunto: Negli uktimi decenni la relazione tra Intelligenza Artificiale ed Epistemologia delle Emozioni si è intensificata seguendo principalmente tre vie: lo sviluppo di questi concetti, il loro vaglio critico e l’adozione dei loro risultati e prospettive. Il presente articolo si concentra sulla relazione tra l’adozione di differenti prospettive teoriche sulle emozioni e la risoluzione di una questione chiave nell’ambito dell’Intelligenza Artificiale: il problema del frame, che riguarda la simulazione dei processi cognitivi implicati nella determinazione della rilevanza. Oltre alla relativa scarsità di ricerche che si focalizzano in particolare su questa relazione, la maggior parte di questi studi manca di chiarezza nel definire quale degli aspetti del problema del frame venga esplorato. L’obiettivo di questo lavoro è analizzare i limiti e la portata della funzione epistemica della salienza/rilevanza delle emozioni nella risoluzione delle due principali difficoltà dell’aspetto efficiente del problema del frame. Sosteniamo che alcune posizioni epistemologiche coincidono nel superare sia la difficoltà della regressione sia quella della vastità dell’informazione, mentre altre riescono solo nella seconda. Queste divergenze mostrano che vi sono progressi nelle prospettive teoriche epistemologiche delle emozioni che possono avere un utilizzo pratico diretto nello sviluppo dell’Intelligenza Artificiale, poiché esse contribuiscono, con differenti gradi epistemici, alla simulazione dei processi cognitivi implicati nella determinazione della rilevanza.Parole chiave: Frame Problem; Rilevanza; Salienza delle emozioni; Livelli di successo epistemic
Stories come first. The origins of human communication from a naturalised perspective of language
Abstract: Within the framework of cognitive science, a naturalised model of language must pass the test of both cognitive and evolutionary plausibility. Underlying this paper is the idea that the theme of the origins of language is the litmus test through which the cognitive and evolutionary plausibility of a model of language, and thus its possibility of naturalisation, can be assessed. Specifically, in this paper, two models of language are examined. The first, focused on the propositional character of thought, is the basis of a conception of language founded on the primacy of the sentence and on the computational architectures used to process the sentence; the second, centred on the narrative foundation of thought, is the basis of a conception of language that sees in discourse and in the computational systems that process the plot and character of stories the constitutive trait of human communication. From the point of view of the topic of origins, the result of the analysis of the first model is negative, since the reference to sentence syntax does not turn out to be the feature of language from which to describe the starting point of human communication. The narrative model of the origin of language, on the contrary, offers a perspective of origins in line with both cognitive and evolutionary plausibility. The latter model, therefore, appears to be congruent with a naturalised perspective of human language.Keywords: Language and Thought; Narrative; Origin of Language; Pantomime; Storytelling Le storie vengono prima. Le origini della comunicazione umana in una prospettiva naturalizzata del linguaggioRiassunto: Nell’ambito della scienza cognitiva, un modello naturalizzato di linguaggio deve superare sia il test della plausibilità cognitiva sia il test di quella evolutiva. Alla base di questo articolo è l’idea che il tema delle origini del linguaggio sia la cartina al tornasole attraverso cui valutare la plausibilità cognitiva ed evolutiva di un modello di linguaggio e, quindi, la sua possibilità di naturalizzazione. In questo articolo vengono esaminati due diversi modelli teorici. Il primo, incentrato sul carattere proposizionale del pensiero, è alla base di una concezione del linguaggio fondata sul primato della frase e sulle architetture computazionali utilizzate per elaborare la frase; il secondo, incentrato sul fondamento narrativo del pensiero, è alla base di una concezione del linguaggio che vede nel discorso e nei sistemi computazionali che elaborano la trama e il personaggio delle storie il tratto costitutivo della comunicazione umana. Dal punto di vista del tema delle origini, il risultato dell’analisi del primo modello è negativo, poiché il riferimento alla sintassi della frase non risulta essere la caratteristica del linguaggio da cui partire per descrivere le fasi iniziali della comunicazione umana. Il modello narrativo, al contrario, offre una prospettiva delle origini del linguaggio in linea con la plausibilità sia cognitiva che evolutiva. Solo quest’ultimo modello, dunque, sembra essere congruente con una prospettiva naturalizzata del linguaggio umano.Parole chiave: Linguaggio e pensiero; Narrazione; Origine del linguaggio; Pantomima; Storytellin
Conflitto e insufficienza a partire da Ehrenberg. L’etica dinanzi alle odierne “patologie della libertà”
Riassunto: In questo scritto affrontiamo la riflessione del sociologo francese Alain Ehrenberg sul tema della soggettività e della depressione, nel passaggio dalla modernità alla postmodernità. Questo al fine di estrapolare una considerazione più generale sul cambiamento di concezione dell’individuo e sulle sue difficoltà attuali nell’affrontare una nuova istituzione di sé che parte dall’acquisita libertà e ricade nelle patologie della stessa, appunto le “patologie della libertà”. La nostra analisi prende le mosse dal libro di Ehrenberg La fatica di essere se stessi. Depressione e società, dove la depressione svolge la funzione di piattaforma girevole che consente all’autore di affrontare le progressive modificazioni della soggettività nel corso della storia recente, quantomeno nelle società avanzate occidentali. In particolare, recupereremo la distinzione tra il paradigma janetiano dell’insufficienza e quello freudiano del conflitto, evidenziando come il primo si riveli maggiormente rappresentativo dell’individuo nella postmodernità, rispetto al secondo che ha caratterizzato la modernità. Una volta definito questo mutamento nel rapporto soggetto-malattia, nell’idea di guarigione e nella relazione con la società, giungeremo a vedere la depressione come quella malattia identitaria cronica propria della postmodernità, cui corrisponde il contraltare patologico della dipendenza. In accordo a questa caratterizzazione duplice del soggetto postmoderno, mai abbastanza se stesso e compulsivamente legato ad altro, affronteremo infine la questione di una nuova concezione dell’etica che corrisponda alla necessità individuale di non basarsi più sui doveri e sulle costrizioni ma sull’iniziativa e la libertà, senza potersi però completamente estraniare dal piano sociale (e naturale), pena la perdita del mondo e l’ulteriore caduta nel binomio depressione-dipendenza.Parole chiave: Conflitto; Insufficienza; Patologie della libertà; Depressione; Dipendenza Conflict and insufficiency starting with Ehrenberg. Ethics in the face of today’s “Pathologies of freedom”Abstract: In this paper, we address the reflection of the French sociologist Alain Ehrenberg on the theme of subjectivity and depression in the transition from modernity to postmodernity. Our goal is to extrapolate a broader consideration on the changing conception of the individual and their current difficulties in shaping a new selfhood – one that begins with newly acquired freedom and results in its own pathologies, precisely the “pathologies of freedom”. Our analysis begins with Ehrenberg’s book The weariness of the self: Diagnosing the history of depression in the contemporary age, where depression plays the role of a revolving platform that allows the author to address the progressive modifications of subjectivity in the course of recent history, at least in advanced Western societies. In particular, we revisit the distinction between the Janetian paradigm of insufficiency and the Freudian one of conflict, highlighting how the former proves to be more representative of the individual in postmodernity, compared to the latter, which characterized modernity. Once this shift is defined – in the subject-illness relationship, in the idea of healing, and in the relationship with society –we come to see depression as that chronic identity illness typical of postmodernity, corresponding to the pathological counterpart of addiction. In line with this dual characterization of the postmodern subject, never enough in themself and compulsively tied to something else, we will finally address the issue of a new conception of ethics. This new ethics must respond to the individual need to base their identity not on duties and constraints, but on initiative and freedom, without, however, becoming entirely detached from the social (and natural) realm, at the risk of losing one’s place in the world and further falling into the depression-addiction binomial.Keywords: Conflict; Insufficiency; Pathologies of Freedom; Depression; Addictio
Stories come together with the cognitive and behavioral innovations needed for human communication
Abstract: It is quite possible that early human attempts at communication were primarily aimed at telling stories to others. Nonetheless, such an ability, at least in its full-fledged, modern form, seems unlikely without certain key cognitive innovations. In particular, it requires, enhanced cross-modal thinking, which allows for the creation of concepts, characters, and scenarios (and ultimately, plots) that are only indirectly related to the real world. Additionally, storytelling flourishes in (and depends on) a rich social environment, which might have been absent in previous, more aggressive hominin species. Overall, it may be more accurate to suggest that the ability for storytelling evolved gradually, as a result of a complex feedback loop between our increasingly sophisticated cognition and our increasingly prosocial behaviour.Keywords: Stories; Cross-modal Thought; Prosocial Behaviour; Self-domestication; Feed-back Loop Effects Le storie vanno di par passo con le innovazioni cognitive e comportamentali necessarie per la comunicazione umanaRiassunto: È del tutto plausibile che gli esseri umani abbiano iniziato molto presto a comunicare per raccontare storie agli altri. E tuttavia questa capacità – quantomeno nella sua forma moderna e pienamente sviluppata – sembra non essere possibile senza alcune fondamentali innovazioni cognitive, in particolare un pensiero cross-modale avanzato, che consente di creare concetti, personaggi e scenari (e, in ultima analisi, trame) collegati solo indirettamente al mondo reale. Questa capacità, inoltre, richiede un ambiente sociale ricco, che potrebbe essere stato assente in precedenti specie di ominidi più aggressive. Nel complesso, potrebbe essere più accurato suggerire che la capacità di raccontare storie si sia evoluta gradualmente come risultato di un complesso ciclo di retroazione tra la nostra cognizione avanzata e il nostro notevole comportamento prosociale.Parole chiave: Storie; Pensiero cross-modale; Comportamento prosociale; Auto-addomesticazione; Effetti di retroazione circolar
Stories may come first, but they don't come alone
Abstract: I critically engage with Francesco Ferretti’s hypothesis that narratives are the primary evolutionary driver of human language. Ferretti argues that language evolved from gestural storytelling used for persuasion, positioning narrative as prior to and independent of propositional structures. While I acknowledge the merits of this approach and its contrast with the Chomskyan model, I question the theoretical clarity of the concept of “narrative” and its supposed universal persuasive function. I also doubt that pantomimed stories could have played such a central evolutionary role. Instead, I propose a “mosaic” view of language evolution, in which multiple interacting factors – cognitive, social, and biological – contributed gradually and non-linearly to the emergence of language. I conclude that Ferretti’s narrative-centred model, though suggestive, is overly reductive and underestimates the complex, multifactorial nature of language development.Keywords: Narrative; Language Evolution; Persuasion; Mosaic Model; Cognitive Development Le narrazioni possono venire per prime, ma non da soleRiassunto: In questo breve commento analizzo criticamente l’ipotesi di Francesco Ferretti secondo cui la narrazione sarebbe stata il principale motore evolutivo del linguaggio umano. Ferretti sostiene che il linguaggio ha origine da storie gestuali a scopo persuasivo, attribuendo alla narrazione un ruolo originario e autonomo rispetto alle strutture proposizionali. Pur apprezzando il distacco dal modello chomskiano, sollevo dubbi sulla chiarezza teorica della nozione di “narrazione” e sulla sua presunta funzione persuasiva universale. Contesto inoltre l’efficacia evolutiva attribuita alla pantomima. In alternativa, propongo una visione “mosaicista” dell’evoluzione del linguaggio, secondo cui il linguaggio è un fenomeno complesso emerso dall’interazione graduale di molteplici fattori cognitivi, sociali e biologici. Concludo sostenendo che il modello narrativo di Ferretti, per quanto stimolante, risulti riduttivo e non sufficientemente fondato per rendere conto della complessità del linguaggio umano.Parole chiave: Narrazione; Evoluzione del linguaggio; Pantomima; Modello mosaicista; Comunicazione persuasiv
Book-review of D. Leder, The healing body. Creative responses to illness, aging, and affliction
Are stories the chicken or the egg?
Abstract: This Commentary integrates lessons from the Mirror System Hypothesis of the origin of language and Ferretti’s emphasis on the centrality of narrative as both precursor and expression of language. It qualifies the notion that “stories came first” by showing that stories expressible in pre-language pantomime are very much simpler than narratives of the scope we can share in modern languages. We thus insist on the term “protonarrative” and explore how the path from pantomime via protolanguages to modern languages formed an expanding spiral with the path from protonarratives to the richness of narratives as we know them today. Additionally, pre-language pantomime served for social coordination and simple forms of teaching. In short, protonarrative was one of the precursors of modern languages but a crucial one, while present-day narratives provide powerful expressions of the capabilities of modern human languages.Keywords: Evolution of Language; Mirror System Hypothesis; Narrative; Pantomime; Protolanguage Le storie sono l’uovo o la gallina?Riassunto: Questo commento integra gli insegnamenti dell’Ipotesi del Sistema Specchio sull’origine del linguaggio con l’enfasi posta da Ferretti sulla centralità della narrazione quale precursore ed espressione del linguaggio. Si accredita l’idea secondo cui “le storie sono venute prima” mostrando che le storie che si possono esprimere mediante una pantomima pre-linguistica sono molto più semplici delle narrazioni che possiamo condividere nelle lingue moderne. Insisteremo quindi sull’uso del termine “protonarrazione” ed esploreremo come il percorso che va dalla pantomima alle lingue moderne, passando per protolinguaggi, si sia mosso come una spirale in espansione, parallela al cammino che va dalle protonarrazioni alla ricchezza narrativa che conosciamo oggi. Inoltre, la pantomima pre-linguistica serviva per la coordinazione sociale e per forme semplici di insegnamento. In breve, la protonarrazione è stata uno dei precursori delle lingue moderne, sebbene un precursore fondamentale, mentre le narrazioni contemporanee forniscono potenti espressioni delle potenzialità delle lingue umane moderne.Parole chiave: Evoluzione del linguaggio; Ipotesi del Sistema Specchio; Narrazione; Pantomima; Protolinguaggi
Three points to strengthen the “stories-come-first” account of language origins: protostories, story-susceptibility, and pantomime
Abstract: In his piece Stories come first, Francesco Ferretti offers a bold and fresh philosophical perspective on language and its evolutionary origins, arguing that human thought is discursive (narrative, specifically) rather than propositional, and that “thinking in stories” is therefore phylogenetically prior to thinking in sentences or similar linguistic structures. In our article, we comment on the key points of Ferretti’s account. We agree with the main claims regarding the important cognitive role that stories have played in the evolution of human cognition, and continue to play even today. We also offer three caveats, or points we believe warrant further discussion. Firstly, we emphasize that today’s stories are necessarily different from the “prototypes” shared in our ancestral past. Secondly, we suggest that Ferretti’s account of the evolution of the persuasiveness of stories should be strengthened by a more thorough analysis of the adaptiveness of listening to (and being persuaded by) stories. A third, minor point relates to the usefulness of a clear distinction between pantomime and gesture in the context of language origin theories.Keywords: Narrative; Cognitive Evolution; Storytelling; Language Origins; Pantomime; Gesture Tre cose da sottolineare nell’approccio di “stories-come-first” sulle origini del linguaggio: protostorie, sensibilità per le storie e pantomimaRiassunto: In Stories come first Francesco Ferretti propone una prospettiva filosofica audace e innovativa sul linguaggio e sulle sue origini evolutive, sostenendo che il pensiero umano è discorsivo (narrativo, in particolare) piuttosto che proposizionale e, di conseguenza, che il “pensare per storie” è filogeneticamente precedente al pensare per frasi o strutture linguistiche simili. Nel nostro articolo commentiamo i punti chiave della proposta di Ferretti. Pur concordando con le tesi principali sul rilevante ruolo cognitivo che le storie hanno avuto nell’evoluzione della cognizione umana e che continuano ad avere ancora oggi, solleveremo tre punti critici o aspetti che riteniamo meritevoli di essere sviluppati in discussioni future. In primo luogo sottolineiamo che le storie attuali sono necessariamente diverse dai loro “prototipi” che venivano condivisi nel nostro passato ancestrale. In secondo luogo evidenziamo il fatto che l’analisi di Ferretti sull’evoluzione della forza persuasiva delle storie dovrebbe essere rafforzata da un’analisi più approfondita dell’adattività dell’ascolto (e della persuasione) delle storie. Un terzo punto, più marginale, riguarda l’utilità di una chiara distinzione tra pantomima e gestualità nel contesto delle teorie sull’origine del linguaggio.Parole chiave: Narrazione; Evoluzione cognitiva; Raccontare storie; Origini del linguaggio; Pantomima; Gestualit
Externalization and language design
Abstract: This contribution discusses Ferretti’s view of language origins, based on a gradualist model of language evolution and on the cognitive prominence of a narrative representation of reality, enhanced by the role played by pantomimes in early stages of hominin evolution. It is argued that Ferretti’s model correctly strives to incorporate key properties of language, such as sentence structure and propositional thought, within a broader model of human cognition, without relegating word order and other parameters of linguistic diversity into the systems by means of which language is “externalised” in communication. At the same time, it is also argued that the narrative view of language origins does not adequately account for two key properties of human syntax, that is, the presence of a (fixed) array of functional words, and the hierarchical reanalysis of language strings in graph-theoretic (or set-theoretic) terms. Moreover, a sentence-based analysis of language should not be equated with a bias towards propositional thought, since current models of both syntax and semantics are by no means constrained by sentence boundaries. All in all, it is fair to conclude that neither Chomskian theories of language evolution (including the view of language as a spandrel or as exaptation) nor narrative theories based on the role of gestural expression and communication are entirely satisfactory as solution to the Hard Problem of language origins.Keywords: Origins of Language; Narrative Representations; Narrow Syntax; Thought; Communication Esternalizzazione e l’architettura del linguaggioRiassunto: Il presente contributo discute il modello proposto da Ferretti per le origini del linguaggio umano, basato sulla prominenza cognitiva di forme narrative di rappresentazione della realtà, che si manifesta nel ruolo esercitato dalla mimica gestuale in stadi molto precoci dell’evoluzione delle specie umane. Un importante aspetto positivo della teoria di Ferretti è che tende ad inquadrare proprietà fondamentali del linguaggio come la struttura frasale e il pensiero proposizionale all’interno di un modello complessivo della cognizione umana, senza necessariamente scaricare le proprietà di ordine lineare e altri parametri di diversità linguistica sui sistemi di “esternalizzazione” del linguaggio. Al contempo, si argomenta qui che la visione “narrativa” delle origini del linguaggio sembra molto lontana dal poter derivare le due proprietà fondamentali della sintassi umana, vale a dire, la presenza di una sequenza (universale) di parole funzionali e l’analisi gerarchica delle stringhe, rappresentabile in termini di teoria dei grafi o in termini insiemistici. Non sembra inoltre corretto identificare un’analisi del linguaggio basata sul ruolo centrale degli enunciati con un pregiudizio positivo nei confronti della organizzazione proposizionale del pensiero, visto che i modelli attuali della sintassi e della semantica non si curano troppo dei confini di frase. Nel complesso, sembra legittimo concludere che né i modelli chomskiani dell’evoluzione del linguaggio (incluse le idee di linguaggio come spandrel o come esattamento) né le teorie narrative basate sul ruolo dell’espressione e della comunicazione gestuali risultano completamente adeguate in quanto soluzione al problema, tradizionalmente ostico, dell’origine del linguaggio.Parole chiave: Origine del linguaggio, rappresentazione narrativa della realtà, sintassi ristretta, pensiero, comunicazion