Aisthema (E-Journal, Pontificia Facoltà Teologica dell'Italia Meridionale)
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    L’enigma del simbolo. Itinerari filosofici: Nota introduttiva

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    La pneumatologia di Gabriel Marcel e la filosofia del simbolo di Paul Ricoeur: riflessioni per una consonanza possibile

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    In this paper I discuss Gabriel Marcel’s philosophical reflection known as pneumatology, by referring to the question of existence and the ontological mystery. Existence is always living existence, and it is placed into the mystery through a religious feeling. The pneumatology or philosophy of the soul, inspired by this feeling and expressed through a symbolic language, reveals the spiritual dimension of every existential activity, as it is possible to find in the Christian religion and in the Orphic one. According to Ricœur, this can be found in Marcel’s reading of Rilke, who opens up to the possibility for a philosophical research that invests the soul of the poet. Although Ricœur claims that Marcel does not seriously consider the question of evil, nevertheless Ricœur seems to integrate Marcel’s reflection into his thinking for two reasons. Firstly, for the importance that symbolic thinking plays in the development of philosophical anthropology and secondly for the conclusions that Ricœur draws about the will.In questo contributo si analizza la riflessione filosofica di Gabriel Marcel nota come pneumatologia, anzitutto facendo riferimento alla questione dell’esistenza e al mistero ontologico. L’esistenza, dal momento che è sempre esistenza vivente, si pone in relazione al mistero attraverso il sentimento. La pneumatologia o filosofia dell’anima che è ispirata da questo sentimento (espresso attraverso un linguaggio simbolico e seguendo l’intuizione originaria), esprime altresì il carattere spirituale di ogni attività esistenziale, così come è possibile ritrovare nella dimensione religiosa cristiana e nella religione orfica. Questo, secondo Ricœur, è ben visibile nella lettura che Marcel fa di Rilke, il quale apre alla possibilità di una metamorfosi e di una ricerca filosofica che investe l’anima del poeta. Nonostante Ricœur affermi che Marcel non consideri e non affronti seriamente la questione del male, Ricœur sembra tuttavia integrare nel suo pensiero la riflessione di Marcel per due motivi. In primo luogo, per l’importanza che gioca il pensiero simbolico nello sviluppo dell’antropologia filosofica e, in secondo luogo, per le conclusioni che Ricœur trae intorno alla volontà

    Tra natura e simbolo. Il vivente in Cassirer e von Uexküll

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    Cassirer and von Uexküll, in very different ways, tried to develop Kant’s fundamental achievements; moreover, VU’s research in biology considerably influenced the development of Cassirer’s thought, and both authors play a significant role in the philosophyof the symbol. This paper aims to compare the two authors by showing that Cassirer’s notion of symbol and symbolic pregnancy, formulated in the Philosophy of Symbolic Forms, can be applied to von Uexküll’s dynamics of stimuli in living beings. In this way, it becomes possible to highlight a non-subjectivist reception of Kantianism by von Uexküll, in which the subject is not the origin but rather the result of the transcendental constitution. Finally, the comparison can help extend the phenomenon of symbolic pregnancy beyond the human subject.Cassirer e von Uexküll, in modi molto differenti, hanno cercato di recepire e approfondire la fondamentale lezione kantiana; inoltre, le ricerche biologiche di von Uexküll hanno esercitato un’importante influenza sullo sviluppo del pensiero di Cassirer, ed entrambi gli autori occupano un posto centrale nella riflessione sul concetto di simbolico. In questo articolo, si sviluppa un confronto fra i due autori cercando di mostrare come la precisa definizione di simbolo e pregnanza simbolica sviluppata da Cassirer possa trovare un corrispettivo nella dinamica degli stimoli in von Uexküll. In questo modo, è possibile mostrare come si possa riscontrare nella lettura di Kant da parte di von Uexküll uno sviluppo non soggettivista, in cui cioè il soggetto non è visto come origine ultima ma come risultato della costituzione trascendentale. Infine, il confronto può contribuire a estendere al di là del soggetto umano il fenomeno della pregnanza simbolica e dell’orizzonte trascendentale

    Estetica dell’incarnazione: Per una lettura fenomenologica delle performances di Marina Abramović

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    The article aims to investigate the possibility of contemplate an aesthetics of the incarnation rooted in Michel Henry’s reflections about flesh. The purpose is to attempt to read, in the light of phenomenology of immanence based on flesh revelatory role, artistic experience of Body Art, on the example of Marina Abramović’s Performance Art. Motivating the research is the belief that a reflection on the condition of the human being as an embodied being is important to grasp the potential of an art that places the artist’s body as protagonist of her works. The impossibility of reducing the artistic phenomenon to object emphasizes the need to contemplate a new logos through which art can be understood, a logos which is sensitive and carnal: an aesthetic logos.Il seguente articolo intende indagare la possibilità di pensare un’estetica dell’incarnazione che affondi le sue radici nelle riflessioni riguardanti la carnalità avanzate da Michel Henry. L’obiettivo è tentare di leggere, alla luce di una fenomenologia dell’immanenza fondata sul ruolo rivelativo della carne patica, l’esperienza artistica della Body Art, con una particolare attenzione alla Performance Art di Marina Abramović. A motivare la ricerca è la convinzione che una riflessione riguardante la condizione dell’essere umano in quanto essere incarnato sia di estrema importanza per cogliere le potenzialità di un’arte che pone il corpo dell’artista come protagonista dell’opera. L’impossibilità di riduzione del fenomeno artistico a oggetto, infatti, richiede di pensare un logos nuovo attraverso il quale tentare di comprenderlo, un logos patico, sensibile, carnale: un logos estetico

    Morfogenesi, variazione delle forme simboliche nei viventi ed evoluzione naturale

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    The contribution builds on recent research in the field of complexity theory to investigate, from an interdisciplinary perspective, the emergence of creativity in biological processes from an evolutionary and epigenetic perspective with particular attention to the problem of variation, growth, and co-evolution of symbolic forms in living systems. At this level of analysis, the hypothesis is explored, in genealogical terms, to identify certain characteristics at the basis of the possible delineation of a meta-biology of form that closely relates artistic language to that of the biological sciences. From this perspective, the creative dimension of nature is interpreted as an unpredictable emergent reality that cannot be reduced to the laws of the implication of classical physics.Il contributo prende le mosse dalle recenti ricerche nell’ambito della teoria della complessità per approfondire, in modo interdisciplinare, l’emergere della creatività nei processi biologici in una prospettiva evolutiva ed epigenetica con particolare attenzione al problema della variazione, della crescita e della coevoluzione delle forme simboliche nei sistemi viventi. A questo livello di analisi viene esplorata l’ipotesi, in termini genealogici, di individuare alcune caratteristiche alla base del possibile delineamento di una metabiologia della forma che metta in stretta relazione il linguaggio artistico con quello delle scienze biologiche. In quest’ottica, la dimensione creativa della natura viene interpretata come realtà emergente imprevedibile e non riducibile alle leggi di implicazione della fisica classica

    Simbolo e metafora in Paul Ricœur

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    The theory of metaphor that Ricœur elaborates from his analysis of the symbol is among the most relevant in 20th century thought. Criticizing the reduction of metaphor to a stylistic ornament, Ricœur privileges the study of living metaphor and his creative and original power, defining it as "a calculated category error". This contribution aims to elucidate the transition from symbol to metaphor by examining a peculiar but emblematic case: Ricœur's reading of Nietzsche. The analysis thus provides an opportunity to deepen Ricœur's attempt to overcome the tropological reduction with which the Genealogy of Morals would be permeated, by appealing to the idea that consciousness is the place of an original form of dialectic between ipseity and otherness that would be expressed in the metaphor of the voice and the call, that is, in the so-called "voice of consciousness".La teoria della metafora che Ricœur elabora prendendo le mosse dalle sue analisi sul simbolo è tra le più rilevanti del pensiero del Novecento. Opponendosi alla riduzione della metafora a mero orpello linguistico, Ricœur privilegia lo studio della metafora viva, vale a dire creativa e originale, definendola come “un errore di categoria calcolato”. Questo contributo intende elucidare il passaggio dal simbolo alla metafora prendendo in esame un caso peculiare ma emblematico: la lettura che Ricœur fa di Nietzsche. L’analisi fornisce così l’occasione per approfondire il tentativo ricœuriano di superare la riduzione tropologica di cui sarebbe permeata la Genealogia della morale facendo leva sull’idea che la coscienza è il luogo di una forma originale di dialettica fra ipseità e alterità che si esplicherebbe nella metafora della voce e della chiamata, cioè nella cosiddetta “voce della coscienza”

    Un sentimento oscuro: Le radici emozionali e neurali dell’odio tra psicologia ed estetica

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    Hate is a complex feeling, right from its definition, its boundaries, its characteristics. In its outward movement it implies a specular inward regurgitation, since, as Hermann Hesse wrote in Demien, when we hate a man, we hate in his image something that is inside us. There are those who consider it potentially productive (analogous to the Hegelian power of the negative, one might say), but it is something that always entertains an irreducible relationship with the destructive, which has a specific, subjective profile, but produces its effects in the spectrum ranging from the individual to a multitude, which feeds as much on words as on actions. In the 20th century and the third millennium, then, it is as if we had witnessed an acceleration of the processes through which hatred produces its destructive effects, in certain respects conditioning, in both direct and indirect ways, the social contexts in which it emerges (or is intentionally nurtured). From these premises, in this article, I will delve into some components and elements that can be included, in a preliminary and synthetic way, in a discourse on hatred, focusing on the possible emotional and neural roots of this sentiment, as they can be configured from aesthetic and psychological research.L'odio è un sentimento complesso, fin dalla sua definizione, dai suoi confini, dalle sue caratteristiche. Nel suo movimento verso l’esterno implica uno speculare rigurgito verso l’interno, dal momento che, come ha scritto Hermann Hesse in Demien, quando odiamo un uomo, odiamo nella sua immagine qualche cosa che sta dentro di noi. C’è chi lo considera potenzialmente produttivo (analogamente all’hegeliana immane potenza del negativo, si potrebbe dire), ma è qualcosa che intrattiene sempre un irriducibile rapporto con il distruttivo, che ha un profilo specifico, soggettivo, ma produce i suoi effetti nello spettro che va dal singolo a una moltitudine non enumerabile, che si nutre tanto di parole quanto di azioni. Nel Novecento e nel Terzo millennio, poi, è come se si fosse assistito a un’accelerazione dei processi attraverso i quali l’odio produce i suoi effetti distruttivi, per certi aspetti condizionando, in modo tanto diretto quanto indiretto, i contesti sociali nei quali emerge (o viene intenzionalmente alimentato). Da tali premesse, in quest’articolo, approfondirò alcune componenti e alcuni elementi che possono rientrare, in via del tutto preliminare e sintetica, in un discorso sull’odio, focalizzando l’attenzione sulle possibili radici emozionali e neurali di questo sentimento, per come si possono configurare a partire dalla ricerca estetologica e psicologica

    La crisi della scienza: Sugli scritti fondamentali di Max Weber e di Ernst Troeltsch

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    The 1923 article by Siegfried Kracauer, entitled Die Wissenschaftskrisis. Zu den grundsätzlichen Schriften Max Webers und Ernst Troeltschs and appeared in the «Frankfurter Zeitung», is presented in Italian translation.Si presenta in traduzione italiana l'articolo del 1923 di Siegfried Kracauer dal titolo Die Wissenschaftskrisis. Zu den grundsätzlichen Schriften Max Webers und Ernst Troeltschs e apparso sulla «Frankfurter Zeitung».   &nbsp

    Persona e corporeità. Per un’antropologia personalista

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    The human being can be defined as homo symbolicus since he became erected to contemplate the heavens and so began to interpret reality as a symbol. Humans, indeed, give the world they live in a transcendent meaning which is not immanent to the world itself. Concerning the human person, this structural vocation to transcendence is linked with her bodily dimension, which is equally essential. It opens up the problem - undertaken by the French personalism movement of the twentieth century as shaped by Emmanuel Mounier - of the relationship between symbolism or transcendence and human corporeality. Furthermore, this issue leads to the fundamental question about the nature of the human person. Consequently, this article will provide a definition of the human person with reference to the analyses of some personalist theories, particularly those of Mounier. In conclusion, the study of the connection between the carnal and the spiritual will allow us to clarify the possibility to interpret the body itself as a symbol of the human.L’essere umano si può definire homo symbolicus dacché, fattosi eretto per contemplare il mondo e la volta celeste, inizia a interpretare la realtà come simbolo. L’uomo, infatti, vive in un mondo a cui egli attribuisce un significato che trascende il mondo stesso; significato che apre, cioè, a un’ulteriore sfera di senso non immanente le cose stesse. Tale strutturale vocazione alla trascendenza si combina, nella persona umana, con l’altrettanto essenziale dimensione corporea che la costituisce. Il problema che si apre – a cui il personalismo francese del ‘900 promosso da Emmanuel Mounier ha dato rilievo – è la questione antropologica in merito al rapporto esistente fra simbolicità o trascendenza e corporeità; problema che rinvia, ulteriormente, alla domanda fondamentale sulla natura della persona umana. Attraverso l’analisi di alcune riflessioni dei personalisti, in particolar modo di Mounier, si tenterà, allora, di dare una definizione della persona umana, per poi indagare l’accostamento del carnale e dello spirituale, e per verificare se proprio il corpo possa essere interpretato come il simbolo dell’umano

    La rappresentazione nell’«ontologia utopica» di Paul Ricœur

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    The essay starting from the relationship between phenomenology and hermeneutics in two temporally different moments of Ricœur’s work puts forward the thesis that there is a shift from a sacred as mystery, an unavailable reality that challenges us, in terms closer to the phenomenology of religion in the twentieth century, to a sacred as a reference of human religious attitudes to be minimized in its ontological consistency also in order to open up to the plurality of hermeneutics related to different horizons of belief. In a first part, the essay deals with Ricœur’s interpretation in Lectures 3 of the representative moment in Kant’s and Hegel’s philosophies of religion. An orientation emerges that emphasizes the referential structure of Kantian ecclesiology and the circularity of representation and concept in Hegel and gains the prominence of the symbolic moment in its capacity to make the invisible visible. In the second part, especially through the essay Phénoménologie de la religion, also contained in Lectures 3, we show how in the face of the problem of religious pluralism Ricœur pursues an idea of hermeneutics that minimizes the ontological presuppositions of ground narratives and tries to gain a universal understanding of the religious phenomenon by approximation from the hermeneutics of his own religious tradition.Il saggio, partendo dal rapporto tra fenomenologia ed ermeneutica in due momenti temporalmente diversi dell’opera di Ricœur, avanza l’ipotesi di un passaggio dal sacro come mistero, realtà indisponibile che ci interpella, in termini più vicini alla fenomenologia della religione del Novecento, al sacro come riferimento degli atteggiamenti religiosi umani da minimizzare nella sua consistenza ontologica, anche per aprirsi alla pluralità delle ermeneutiche legate ai diversi orizzonti del credere. In una prima parte, il saggio affronta l’interpretazione di Ricœur in Lectures 3 del momento rappresentativo delle filosofie della religione di Kant e Hegel. Emerge qui un orientamento che enfatizza la struttura referenziale dell’ecclesiologia kantiana e la circolarità di rappresentazione e concetto in Hegel, e guadagna la preminenza del momento simbolico nella sua capacità di rendere visibile l’invisibile. Nella seconda parte, soprattutto attraverso il saggio Phénoménologie de la religion, anch’esso contenuto in Lectures 3, mostriamo come di fronte al problema del pluralismo religioso Ricœur persegua un’idea di ermeneutica che minimizza i presupposti ontologici delle narrazioni di base e cerca di ottenere una comprensione universale del fenomeno religioso per approssimazione a partire dall’ermeneutica della propria tradizione religiosa

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