Sulla soglia delle Colonne d’Ercole la luce è soffusa. Passare attraverso il portale della mostra Thalassa. Meraviglie sommerse dal Mediterraneo apre la visione su una popolazione di figure mistiche: isole che “si riflettono su un mare di marmo” (Cherubino Gambardella). Il Mediterraneo è il campo di esistenza della mostra. Qui il mare non è l’estensione d’acqua residuale definita dalle terre che la circondano, ma è lo Spazio generatore delle terre al suo intorno. Circa quattrocento reperti rinvenuti nelle concrezioni del Mare Nostrum popolano le basi lignee della mostra: dalla fascinosa Nereide di Posillipo al frammento del planetario attribuito ad Archimede.
Undici entità, concretizzate in un corpo di legno ricomposto verniciato d’argento, sembrano rivestite con le squame di un pesce. In sei desumono la propria morfologia dalla trasposizione dello schema di costellazioni reali (Orsa minore, Carena, Vela, Poppa, Cassiopea e Orsa Maggiore). Così basi e setti si dispongono ad accogliere reperti, teche e sostegni di un sistema di illuminazione puntuale su struttura metallica aerea che riporta, in un corpo fisico, la genesi formale della costellazione.
Le altre cinque entità trovano corpo in rocche dalla forma libera. Tra queste spunta quella dell’Atlante farnese: attrattrice centrale che tiene insieme tutto l’organismo espositivo e, proprio come il canto di una sirena per un marinaio, ammalia l’astante. Si tratta di un’abside poligonale rivestito da specchi che riesce a fornire, come in un caleidoscopio, più visioni dell’opera da un unico punto di vista. Epilogo del percorso quasi obbligato a “U” è una sezione multimediale, adiacente alle Colonne d’Ercole e aggrappata al portale di ingresso. Sviluppata sotto una pergola con una teoria di teli opalescenti, anfore e proiezioni è come un salto nelle acque profonde del Mediterraneo. Le undici entità instaurano una relazione fondamentale con il contesto al punto che paramenti e basi assumono accorgimenti morfologici in funzione dei dipinti, delle installazioni, degli accessi e di tutte le preesistenze della sala.Nel caso di Thalassa, proprio come in “Isolario” di Ernesto Franco, si stabilisce una dualità -un doppio vedere e scrivere- tra installazione espositiva e ambiente architettonico circostante.
La mostra realizzata al MANN si chiude con un altro piccolo allestimento satellite al piano interrato, "L'arca segreta per Thalassa", che raccoglie i reperti del Porto di Napoli su una base continua a forma di relitto