Traduzione del III Capitolo del romanzo “I RIBELLI” e informazioni sull'autore Mario Ferrari

Abstract

Guerra, parola che assume significati molto diversi per ognuno di noi.Sin dai tempi di Omero ognuno l'ha vissuta (e tanti ancor oggi la vivono), in base alla propria situazione anagrafica, sociale, al proprio ruolo nella famiglia (padre, madre, figlio/a), al proprio ruolo nella società, per molti giovani, Guerra ha significato avventura, sacrificio, impegno, ideale, per altri ha significato morte, distruzione, dolore, macerie, rovine.Per nostro padre, dai suoi scritti e dai racconti che ci faceva, l’esperienza della guerra in Grecia è stata il compimento di un dovere, prima sociale e militare come ufficiale del 7 mo Reggimento di Cavalleria "Lancieri di Milano" , e poi, dall'ottobre 1943, quando chiede ed ottiene di entrare nelle file dell'ELAS,  un dovere morale per ricambiare con il proprio contributo, anche a costo della vita, la generosità del popolo greco e in particolare dei partigiani greci, che una volta catturatolo al ponte di Jankova nel marzo 1943, invece di giustiziarlo secondo la giustizia dei partigiani, lo avevano tenuto prigioniero e  nutrito per sei mesi per poi accoglierlo nelle proprie fila.Questo sentimento di riconoscenza pervade tutti i libri e i racconti che nostro padre ha poi scritto negli anni successivi alla fine della guerra, in cui narra della sua esperienza con la formazione E.L.A.S. contro l’occupazione tedesca, in Macedonia Orientale: la guerra vista con gli occhi di un ufficiale italiano che combatté con i suoi commilitoni dell’ELAS fino a quando la guerra contro i tedeschi  non si trasformò in una guerra civile, nella quale l’autore non condividendone i fini, non si sentì di partecipare, tanto che nell'ottobre del 1944 rientrò in Italia. Narrazione di vicende e comportamenti dei soldati come degli abitanti dei villaggi in cui ha vissuto, comportamenti coraggiosi e valorosi di alcuni ma a volte anche inumani e feroci di altri, a volte persino inutilmente feroci che in alcune occasioni sono stati tenuti anche dai suoi stessi compagni di lotta, secondo la logica spietata della guerra come della guerra partigiana e poi guerra civile, che prevedeva anche esecuzioni sommarie da entrambe le parti, rappresaglie, inutili torture, e dove l'eroe e il sadico molto spesso combattevano fianco a fianco. Nei suoi scritti emerge preponderante anche la consapevolezza delle sofferenze inutili della popolazione civile dei villaggi colpiti dalle operazioni militari.Nei suoi scritti l’Autore ricorda episodi vissuti in prima persona, episodi che gli sono stati narrati, in alcuni casi inserisce vicende romanzate ma adattandole al reale contesto vissuto, intercalando la narrazione con citazioni storiche e letterarie relative alla tradizione classica ed alla storia greca che conosceva molto bene  per i suoi  studi umanistici e che apprezzava ed ammirava.Il capitolo III che viene presentato è un estratto dal più ampio racconto "I ribelli. Romanzo" , composto da sei capitoli, in cui narra la sua esperienza nella zona tra Grevenà e Metsovon e incentrato soprattutto sulle vicende belliche che si svolsero attorno al paese di Kipourio, nel periodo Ottobre 1943-Agosto 1944. Il testo è  introdotto da un incipit tratto da Pirro di Plutarco (XXVI):   ed ogni capitolo inizia con un breve brano tratto da canti epici  e lirici del popolo greco da lui stesso raccolti e tradotti. Il terzo capitolo,  introdotto dai versi di un anonimo cantore:  narra un episodio nella cui descrizione si leggono i tratti salienti delle sue opere: l'umile fatica dei tanti combattenti anonimi che marciavano in silenzio, soffrivano il freddo e la fame in silenzio, morivano in silenzio, il gusto per la sfida e per il gesto eroico, l'ottusità di alcuni, contrapposta all'assunzione delle proprie responsabilità, la foga della battaglia e la carità umana per i caduti, per cui chi ha ucciso (e a maggior ragione, chi ha comandato di uccidere) deve essere lo stesso a saper guardare in faccia i morti che ha provocato e provvedere a seppellirli, ma anche il sentimento di partecipazione e l’impegno per contrastare l’avanzata tedesca e per  la difesa dei villaggi e delle loro genti.Tutte questi elementi sono condensati in queste poche pagine, che confidiamo siano lette con rispetto e comprensione da parte dei nostri lettori, ritenendo che possano suscitare un interesse verso questo materiale storico  e narrativo ancora inedito. Mario Ferrari (Pontremoli, 5.12. 1918: - Filattiera, 10 .8.1982) l’Autore del testo arriva in Grecia all’età di 24 anni come sottotenente di complemento dell’arma di Cavalleria, proviene da una famiglia di antiche tradizioni del Nord della Toscana, ha compiuto brillantemente gli studi liceali classici e si è laureato in Giurisprudenza all’Università di Pisa nel 1941.Dal dicembre 1942 al 18 marzo 1943 ha partecipato  alle operazioni di guerra Antipartigiana nel Nord- est della Grecia con il Reggimento Lancieri “Milano” inquadrato della Divisione “Pinerolo”, il 18.3.1943 viene fatto prigioniero di guerra dei partigiani dell’ELAS al ponte di Jancova sulla via da Cozani a Grevenà e dopo un periodo di prigionia, dall’ottobre 1943 all’agosto 1944 ha fatto parte della formazione partigiana ELAS, inquadrato come sottotenente del II Plotone, II Battaglione, 53 reggimento, IX divisione dell’ELAS che operava nella zona del Pindo, al confine con la Tessaglia; al rientro in Italia nel mese di ottobre 1944 e fino al maggio1945 ha partecipato alle operazioni  di guerra contro l’esercito tedesco in territorio italiano nel 76° Reggimento  di Fanteria “Napoli”.Per queste vicende, per il periodo dal 9 settembre 1943 al 30 ottobre 1946, gli fu riconosciuta la qualifica di “Partigiano  combattente” (D.L. 21.5. 1945 n. 518), fu equiparato ai “Combattenti  volontari della guerra di liberazione” (D.L. 95 del  6.9.1946), e gli fu conferita la Croce al Merito di Guerra per attività partigiana, e, per il periodo 26.4.1945 – 8.5.1945, fu decorato della Medaglia di Benemerenza  per i volontari  della II guerra Mondiale. Dopo la guerra inizio la sua carriera professionale, inizialmente come avvocato e successivamente come Magistrato della Giustizia Amministrativa. Muore nella casa di famiglia il 10 agosto 1982. L’interesse per questo racconto, riteniamo possa essere considerato, oltre che per la traduzione, anche da altri punti di  vista:l’interesse storico per un materiale narrativo, che pur proponendosi come Romanzo, dalle poche e scarne notizie che si hanno attualmente sulle vicende militari in quei luoghi ed in quei tempi, rimandano allo scenario di eventi bellici effettivamente avvenuti dove sia i luoghi che le persone sono documentati nella loro realtà;l’interesse linguistico-culturale, se si riflette sul fatto che l’autore ha avuto la possibilità di interagire ed integrarsi molto bene con i soldati greci, ma anche nelle comunità delle zone montane della Macedonia orientale come: Grevenà, Kipouriò, Bosovo (ora Prionia), Baltino (ora Kallithea), Malakasion, Vecchia e Nuova Koutsuflani, Sakuli, Piano del Vescovo, ecc...., sia perché avendo avuto una ottima formazione umanistica e classica e conoscendo molto bene il greco antico e la storia antica greca, ha potuto apprendere velocemente il greco moderno ed interagire senza alcuna difficoltà né di lingua né di comprensione e sia perché venendo da una zona montana del Nord Toscana, ha sentito  e condiviso modi, usi e costumi tipici delle comunità montane a lui molto familiari ed in cui ritrovava e riconosceva assonanze e corrispondenze sociali e culturali.Infine, per noi l’interesse deriva anche dal desiderio di trovare riscontri delle vicende narrate e sperare che ci possa essere ancora qualcuno che abbia memoria storica di quegli avvenimenti e che attraverso questo  scritto si possano ritrovare dei fili di collegamento con le vicende raccontate

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