Il dibattito sulla definizione della disciplina del Design si è storicamente divisa fra l’identificazione di un approccio razionale e di problem-solving e la descrizione del Design come pratica riflessiva (Carvalho, Dong, Maton, 2009; Dorst, 2008; Simon, 1995; Schön, 1988). In effetti, “The problem with any debate over design is that the intellectual resources with which the debate is typically engaged are themselves located within the field” (Carvalho, Dong, Maton, 2009: 485); per questo motivo credo che sia importante aprire la discussione non tanto e non solo ad accademici e professionisti di altre discipline, ma anche e soprattutto utilizzare alcune teorie, metodi e strumenti derivanti da altri campi di studio. Il design, di per sé, è già una disciplina eteronoma che di fatto acquisisce dall’esterno soprattutto i metodi e gli strumenti, li traduce e li fa propri. Per quanto riguarda le teorie, anche queste trovano sicuramente spazio nella disciplina, ma sono forse meno considerate come funzionali ad una auto-lettura e definizione della disciplina stessa. In questo breve saggio, intendo in particolare, spiegare questo approccio del design attraverso tre concetti fondamentali e interconnessi proposti dal sociologo Pierre Bourdieu: habitus, capitale, field