La garanzia di sicurezza e qualità dei prodotti agro-alimentari biologici: i segni distintivi dell'Unione europea e i loghi nazionali.

Abstract

Negli anni della globalizzazione, intesa come mescolanza e arricchimento di culture, tanto il rischio alimentare quanto le tendenze e le sensibilità diffuse verso tematiche strettamente connesse al cibo e alla sua preparazione hanno modificato il rapporto che le persone hanno con l’alimentazione e, conseguentemente, le dinamiche di consumo, espressione di nicchie altamente motivate dove la sicurezza e la genuinità diventano obiettivi essenziali. Ne è la conferma la forte crescita della conduzione aziendale in regime biologico e l’interesse mostrato da produttori e consumatori negli ultimi anni, nonostante la recessione, verso questo tipo di alimenti; un interesse che trova motivazioni di carattere salutistico, economico, ambientale ed etico. Questo vuol dire che nella comunicazione commerciale i segni distintivi dei prodotti agro-alimentari biologici sono in grado di comunicare un significato, di trasmettere un contenuto, ovvero di raccogliere e trasferire informazioni legate alle regole che ne disciplinano l’uso, a fronte della distorsione percettiva che spesso si verifica tra ciò che il segno esprime e ciò che esso trasferisce ai consumatori. Tra l’altro, per questi prodotti è il genus merceologico piuttosto che la marca commerciale ad assumere rilevanza agli occhi dei consumatori, i quali ritengono che tali prodotti offrano maggiori garanzie di sicurezza e qualità e per questo sono disposti a pagare di più. Da queste osservazioni è nato lo spunto per approfondire l’effettivo ruolo dei segni distintivi dei prodotti agro-alimentari biologici dell’Unione Europea - termini, etichetta, logo UE - nel garantire la sicurezza e la qualità di tali prodotti nel mercato; tenuto conto che ad una chiara definizione dei pre-requisiti di qualità dei prodotti alimentari - ovvero requisiti di natura igienico-sanitaria definiti e disciplinati dal reg. (CE) n. 178/02 sulla General Food Law e dalle norme successive, e requisiti identitari del prodotto disciplinati da norme merceologiche e mercantili (caratteristiche fisiche, chimiche, microbiologiche e organolettiche) - non corrisponde una definizione giuridica della qualità. Il concetto di qualità in campo alimentare, infatti, sposa criteri strettamente soggettivi che non consentono di trovare una definizione univoca e universalmente accettabile; questo perché la qualità tende a soddisfare bisogni edonistici, plurali, negoziabili, distinti e aggiuntivi rispetto alla sicurezza igienica che per sua natura è, invece, uniforme e non negoziabile. Il mercato dei prodotti agroalimentari biologici è uno spazio economico e giuridico di regole - come trattato nel primo capitolo - in cui la domanda dei consumatori, in termini di sicurezza e qualità degli alimenti derivanti da processi produttivi a limitato o nullo utilizzo di input chimici, incontra l’offerta dei produttori interessati a conciliare il rispetto dell’ambiente con l’aumento del proprio reddito per effetto di un prezzo tale da compensare i maggiori costi di produzione e le riduzioni delle rese produttive. La rilevanza di queste opportunità è testimoniata dalla politica comunitaria che ha inserito l’agricoltura biologica tra gli interventi per lo sviluppo rurale e tra le misure per il sostegno alla diversificazione economica delle aziende agricole, dopo averne riconosciuto il metodo di produzione con il reg. (CEE) n. 2092/91. Il regolamento si riallaccia ai principi etico-ideologici dell’IFOAM e ha fornito una definizione univoca e regole chiare per regolamentare il settore dopo una lunga gestazione, dovuta alle difficoltà di dettare regole comuni in diversi contesti nazionali, spesso governati sulla base di regole a carattere sostanzialmente privato elaborate da associazioni di produttori. La crescita delle dimensioni e della specializzazione delle aziende in Europa ha portato a realtà diversificate e all’ingresso nel comparto dei grandi attori dell’agro-alimentare: da queste rapide trasformazioni è maturato il nuovo reg. (CE) n. 834/2007 che si inserisce nel quadro più ampio ed evoluto del diritto alimentare ed estende la disciplina a produzioni non considerate dalla precedente normativa (acquacoltura, vitivinicoltura, lieviti, alghe marine). La nuova legislazione - che assicura il non uso di sostanze chimiche di sintesi né di organismi geneticamente modificati (OGM), né di radiazioni ionizzanti nella concimazione della terra, coltivazione dei vegetali, pratiche zootecniche e di acquacoltura ed elaborazione e trasformazione dei prodotti agricoli - è diretta a garantire la qualità del prodotto biologico, in quanto, oltre agli obblighi di comportamento, impone determinati contenuti contrattuali al produttore agricolo (obbligo positivo di informazione e accertamento delle caratteristiche del prodotto oggetto del contratto di fornitura). Ne consegue, come analizzato nel secondo capitolo, che le informazioni che obbligatoriamente devono comparire in etichetta nel rispetto della legislazione alimentare si configurano quali indici di sicurezza e salubrità dell’alimento mentre i segni distintivi della “biologicità” rimandano alle caratteristiche qualitative intrinseche al metodo biologico determinate dal reg. (CE) n. 834/07. L’etichettatura soddisfa le esigenze implicite del consumatore in ordine alla sicurezza e qualità dell’alimento, non potendosi trascurare, al pari di tutti i prodotti destinati al consumo umano, i possibili effetti derivanti da contaminazioni ambientali, mentre altri segni e menzioni indicate facoltativamente dall’operatore - marchi, immagini, informazioni - hanno invece il compito di evidenziare le caratteristiche che soddisfano le esigenze esplicite del consumatore. In più il legislatore comunitario, ai fini di un’adeguata e consapevole scelta da parte del consumatore ha realizzato uno strumento giuridico: il segno di produzione biologico, ovvero il termine «biologico» e il logo di produzione (c.d. «Eurofoglia»). Tale segno, da apporre obbligatoriamente sulle confezioni degli alimenti preconfezionati contenenti almeno il 95% di ingredienti biologici, unitamente all’indicazione del luogo in cui sono state coltivate le materie prime agricole utilizzate, svolge la funzione di garanzia istituzionale tramite il funzionamento di un adeguato sistema di controllo e certificazione da parte di organismi terzi e indipendenti che coinvolge non solo il prodotto finito ma la stessa fabbricazione del prodotto. La possibilità di apporre loghi nazionali e privati (segni distintivi di marchi collettivi pubblici e privati) accanto al logo UE obbligatorio, ha offerto spunti di riflessione, nel terzo capitolo, sulla natura giuridica dei loghi nazionali pubblici e sulla loro coerenza alle disposizioni comunitarie in materia di marchi collettivi geografici; tali marchi, a differenza dei loghi DOP/IGP, non devono legare le caratteristiche qualitative del prodotto alla provenienza geografica nazionale/regionale dei prodotti che se fregiano e non devono in alcun modo favorire le rispettive produzioni degli Stati membri nel rispetto del principio comunitario della tutela della concorrenza e della libera circolazione di beni e servizi. Al riguardo, è stata svolta un’analisi comparata dei marchi collettivi geografici pubblici per i prodotti biologici realizzati in Francia, Danimarca, Austria, Finlandia, Repubblica Ceca, Germania e Spagna ante reg. (CE) n. 834/07, mentre nel caso italiano, dove l’introduzione di un logo nazionale per i prodotti biologici è stata oggetto di uno studio di fattibilità, sono stati messi in luce i vantaggi e gli svantaggi legati alla veste giuridica che questo può assumere. Ulteriori considerazioni sulla garanzia di sicurezza e qualità dei segni distintivi dell’UE e sulle implicazioni di carattere operativo dei loghi nazionali emergono nelle conclusioni del lavoro.\ud \u

    Similar works

    Full text

    thumbnail-image

    Available Versions