Approcci nutrizionali nella steatoepatite non alcolica

Abstract

La steatosi epatica non alcolica (Nonalcoholic fatty Liver Disease, NAFLD), manifestazione epatica della sindrome metabolica, strettamente associata ad obesit\ue0 e diabete, \ue8 patologia epatica che riconosce come meccanismo patogenetico l\u2019insulino-resistenza, sia a livello dell\u2019intero organismo, sia pi\uf9 specificamente epatica. La steatosi, definita per un accumulo di trigliceridi nel fegato superiore al 5-10% del suo peso, \ue8 variamente associata a fibrosi e necroinfiammazione, realizzando il quadro della steatoepatite non-alcolica (Non-Alcoholic Steatohepatitis, NASH), la fibrosi e la cirrosi. Attraverso questa via metabolica una percentuale non irrilevanti di pazienti giunge all\u2019insufficienza epatica terminale; circa il 10-15% dei soggetti in lista di trapianto di fegato nella varie strutture potrebbero essere giunti ad una insufficienza epatica terminale attraverso questo via. Il riconoscimento di questa patologia come problema importante di salute ha condotto a verificare la possibilit\ue0 che, accanto agli effetti negativi dell\u2019eccesso ponderale, la progressione della patologia potesse essere sostenuta da errati comportamenti alimentari e/o dalla sedentariet\ue0. Per quanto riguarda l\u2019apporto alimentare, i soggetti con NAFLD si caratterizzano per un eccessivo apporto di grassi saturi e sopratutto di carboidrati raffinati, che vengono convertiti a trigliceridi all\u2019interno del fegato. Una serie di studi condotti da un gruppo di ricerca finlandese ha estesamente dimostrato l\u2019esistenza di fattori genetici che possono condizionare gradi diversi di steatosi in presenza di simile eccesso ponderale, un effetto diretto di una dieta sperimentale ricca di grassi sul contenuto in trigliceridi del fegato, sul quadro di insulino-resistenza globale ed epatica, ed infine sul profilo biochimico

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