La critica del testo digitale e il futuro della filologia

Abstract

La tecnologia ha rivoluzionato profondamente il mondo letterario. Con la digitalizzazione dei testi è sempre più difficile non disporre della versione originale di un manoscritto, circostanza che scardina la filologia così come è stata concepita nei secoli scorsi. Oggi l’autore ha a disposizione degli strumenti che fino a qualche decennio fa non era nemmeno lontanamente concepiti. Con le potenzialità del calcolatore si può scrivere in maniera differente da come fino ad oggi si è fatto e, in parte, si continua a fare. Pensiamo alla possibilità di iniziare un racconto senza mai concluderlo. Una versione beta perenne applicata ai testi. Con il web è senza dubbio possibile, senza non lo sarebbe mai stato. L’autore può decidere di rilasciare più versioni di una stessa opera, ognuna delle quali avrà una sua storia, una sua unicità, un qualcosa che la caratterizzerà dalle altre. Grazie al web il creatore dell’opera dell’ingegno ritorna al centro del processo editoriale, decidendo le modalità di pubblicazione della stessa e gli eventuali diritti da cedere al pubblico (può ad esempio sfruttare le licenze Creative Commons, magari consentendo la creazioni di opere derivate). Partendo dai metodi filologici pre-scientifici e scientifici (con particolare attenzione alle figure di Karl Lachmann e di Joseph Bédier), la mia tesi illustrerà le tecniche di cui può usufruire un autore contemporaneo in modo che le sue opere, anche fra molti decenni, rimangano perfettamente accessibili, documentate e pronte ad essere riprese da un futuro filologo. Il mio esperimento esaminerà entrambe le figure, sia quella dello scrittore che quella del critico, analizzando i loro compiti. Il tutto è possibile grazie all’uso di strumenti accessibili e documentati nel tempo, come la codifica TEI. Grazie a questi metodi, la cultura continua ad essere “irrevocabile” e chiunque, previo uso di licenze libere, può contribuirne allo sviluppo

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