thesis

La strategia del “knock-down” genico per l’identificazione dei fattori chiave di processi fisiopatologici: progettazione, sintesi e caratterizzazione di un ribozima “hammerhead”.

Abstract

La cura della salute dei cittadini rappresenta un impegno sociale ed economico molto pesante a carico delle diverse comunità. I progressi della conoscenza sulle origini, lo sviluppo ed i meccanismi delle numerose patologie stanno fornendo sostanziali contributi al miglioramento delle diagnosi, all’introduzione di terapie più efficaci ed alla prevenzione. In particolare, le più recenti tecnologie d’indagine basate su analisi ad ampio spettro di geni, proteine, e funzioni metaboliche (genomica, trascrittomica, proteomica, metabolomica) sono in grado di fornire nuovi quadri interpretativi delle diverse manifestazioni patologiche. Da questi quadri è possibile postulare meccanismi e fattori chiave coinvolti nella patogenesi, nella progressione e negli esiti di una data malattia. Tuttavia, trattandosi di deduzioni, le diverse ipotesi devono essere convalidate mediante prove sperimentali opportunamente progettate. In questa prospettiva si colloca la tecnologia del “knock-down” genico secondo la quale è possibile inibire considerevolmente e in maniera selettiva un determinato gene. Il vantaggio di tale tecnica risiede nel fatto che consente di verificare in maniera diretta il ruolo che quel gene riveste in un preciso quadro metabolico evidenziabile con quel modello cellulare. Nel panorama degli armamentari messi in campo, per il conseguimento del “knock-down” genico, abbiamo scelto l’uso dei ribozimi “hammerhead”. Si tratta di corte sequenza di RNA, dotate di attività endoribonucleasica, capaci di riconoscere, legare e scindere un mRNA di cui si voglia ottenere l’inibizione. In questa Tesi di Laurea, svolta presso il laboratorio di “Proteomica e Tecnologie Genomiche” dell’istituto di Fisiologia Clinica del CNR di Pisa, è stato affrontato il tema della progettazione, sintesi e caratterizzazione di un ribozima “hammerhead” diretto contro il gene che codifica il recettore PDGFR-β per il fattore di crescita PDGF (Platelet Derived Growth Factor) nel maiale. La scelta riguarda la sua futura applicazione a cellule muscolari lisce di coronaria di maiale (VSMC), che rappresentano un modello di studio di patologie cardiovascolari. Poiché il PDGF sembra essere il più potente induttore dell’attivazione patologica delle VSMC, l’inibizione del suo recettore rappresenta un buon sistema di indagine utile per confermare il suo effettivo ruolo. a) progettazione del ribozima sulla base della sequenza porcina Durante la fase di progettazione di un ribozima hammerhead si devono prendere in considerazione alcuni aspetti: è necessario che I) la sequenza bersaglio sia accessibile, II) il ribozima sia stericamente “aperto”e III) le sequenze fiancheggianti non siano ripetute in altri mRNA, per evitare qualunque effetto collaterale “off-target”. Per rispondere ai primi due punti è cruciale la determinazione delle ipotetiche strutture ripiegate sia della molecola di RNA bersaglio che della molecola di ribozima, escludendo dalla selezione le regioni dell’RNA bersaglio coinvolte in strutture stabili ed in appaiamenti difficilmente accessibili per il ribozima e i ribozimi con ripiegamenti anomali che impediscono la strutturazione corretta del “core” catalitico. A questo scopo abbiamo applicato un metodo computazionale di progettazione. Poiché le banche genetiche internazionali contengono una mappa parziale del genoma di Sus scrofa, e l’mRNA relativo al PDGFR-β presenta due porzioni limitate della sequenza, non abbiamo potuto ricavare una valutazione rigorosa delle ipotetiche strutture secondarie assunte dalla molecola bersaglio, né verificare l’unicità del sito di legame/scissione, essendo il trascrittoma di maiale molto limitato. Nonostante la condizione poco favorevole, con l’aiuto di un programma di calcolo, basato sulla termodinamica del ripiegamento delle sequenze di RNA, abbiamo selezionato un sito di scissione, GUU, localizzato al nucleotide 288 della porzione nota dell’mRNA del PDGFR-β che sembrava favorevole. Su tale sequenza è stato disegnato il ribozima e ne è stata decisa la sintesi. b) sintesi e purificazione del ribozima e del suo bersaglio minimo La sequenza catalitica del ribozima, precedentemente disegnata, è stata sintetizzata con due diversi metodi: Per via chimica mediante l’uso di un sintetizzatore di oligonucleotidi, che esegue cicli di sintesi in maniera automatica. La sintesi avviene in fase solida, in condizioni anidre ed in atmosfera inerte di Argon, sfruttando la chimica delle fosforoammiditi. La strategia di sintesi prevede l’inserimento di un monomero alla volta ad una catena crescente e procede in direzione 3’-5’, a differenza di quanto accade in ambito biologico. I monomeri utilizzati sono β-cianoetil fosforoammiditi, caratterizzati dalla presenza di gruppi protettori sulle basi azotate, sull’atomo di fosforo in posizione 3’ e sui gruppi idrossilici in posizione 2’e 5’. Per via enzimatica. In questo caso, il primo passo è stato la preparazione del DNA stampo, a singolo filamento, mediante sintesi chimica automatica. Successivamente, con una reazione enzimatica di elongazione (DNA polimerasi) di un corto innesco di DNA appaiato al singolo filamento di sintesi abbiamo potuto ottenere la specie a doppio filamento, necessaria alla trascrizione “in vitro”. Il DNA a doppio filamento è stato successivamente usato come stampo per la reazione enzimatica di trascrizione “in vitro” mediante l’enzima T7 RNA polimerasi, in presenza di ribonucleotidi trifosfato. Anche il bersaglio ribonucleotidico (sequenza minima) è stato preparato mediante sintesi chimica. La scelta di una sequenza bersaglio minima è stata fatta nell’ottica di una sua rapida utilizzazione nelle successive valutazioni sperimentali delle proprietà catalitiche del ribozima. In questo caso, la sintesi per via enzimatica ha fornito prodotti con un basso grado di purezza; probabilmente a causa di una minore efficienza dell’enzima usato per la trascrizione, la cui “corsa” lungo lo stampo di DNA risulta più stabile (e quindi più efficiente) quando il “binario” (il filamento di DNA) è più lungo. Sulla base dell’esperienza fatta, il metodo di sintesi per via chimica è risultato preferibile al metodo di sintesi per via enzimatica perché garantisce una maggiore purezza del prodotto con rendimenti notevolmente più alti. Il procedimento di recupero dei prodotti di sintesi prevede il distacco dalla fase solida sulla quale è stata svolta la sintesi (vetro a porosità controllata) e la rimozione dei diversi sostituenti presenti a protezione dei gruppi funzionali. Dopo la deprotezione i prodotti ottenuti sono stati analizzati e purificati mediante cromatografia liquida ad alta risoluzione (HPLC). c) caratterizzazione del ribozima: quantificazione, efficienza catalitica I prodotti purificati sono stati quantificati mediante misure di assorbimento UV a 260 nm. In seguito il ribozima è stato caratterizzato dal punto di vista catalitico mediante misure di tipo cinetico della reazione di scissione effettuata sul bersaglio minimo. Questo tipo di studio ci ha consentito di dimostrare innanzitutto che il ribozima è effettivamente capace di scindere l’RNA bersaglio. L’analisi delle proprietà cinetiche è stata realizzata utilizzando un metodo cromatografico di misura che permette di separare il substrato dai prodotti di cleavage mediante HPLC a scambio anionico. Con questo metodo abbiamo potuto quantificare ad ogni tempo di misura del progresso della reazione, simultaneamente ed in maniera accurata il substrato, i prodotti di scissione e il ribozima. I dati ottenuti sono stati poi elaborati allo scopo di calcolare: le frazioni del bersaglio residuo e dei prodotti formati, le velocità iniziali (v0), le relative Kobs, la costante di Michaelis-Menten Km e la costante catalitica Kcat. Le proprietà cinetiche sono state studiate in condizioni di multiple turnover, ovvero in eccesso di substrato rispetto al ribozima, a concentrazioni diverse di ioni magnesio. Quest’ultimo, infatti, presenta un ruolo importante per l’attività del ribozima e il suo contributo alla velocità della reazione di scissione è stato valutato. d) conclusioni I risultati ottenuti hanno mostrato l’effettiva capacità del ribozima, da noi realizzato, di catalizzare la scissione dell’RNA bersaglio. Anche la dipendenza della sua attività rispetto alla concentrazione di ioni magnesio, conferma la bontà del ribozima che presenta una discreta funzionalità anche in condizioni sfavorevoli, di bassa concentrazione dello ione metallico. Questo lavoro sperimentale dimostra la validità della metodica utilizzata in termini di progettazione e sintesi del ribozima e al tempo stesso introduce metodiche molto accurate per misurarne l’efficienza catalitica. Questo primo livello metodologico di sintesi e caratterizzazione rappresenta il punto di partenza di una tecnologia di “knock-down” genico, la cui tappa immediatamente successiva riguarderà la somministrazione a sistemi biologici modello. In tal caso, l’azione catalitica dovrà trasformarsi in un effetto biologico misurabile e indicativo dell’inibizione della funzione “bersaglio” prescelta. Questo naturale completamento del progetto aprirà le porte all’utilizzo dei ribozimi a fini investigativi, nella convalida del ruolo di marcatori di patologia, e nell’identificazione di nuovi bersagli terapeutici, per l’inibizione di anomalie fisiopatologiche

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