thesis

R. Brandom e J. McDowell interpreti di Hegel

Abstract

Il presente lavoro intende affrontare le interpretazioni della filosofia di Hegel fornite da Brandom e McDowell. Attraverso la ricostruzione del conteso in cui questi due autori si muovono, segnato dall’attacco alla filosofia analitica da parte del loro maestro R.Rorty, si cercherà di comprendere le motivazioni che guidano i riferimenti all’idealismo assoluto da parte di interpreti che per formazione appartengono ad una tradizione ad esso estranea. Per raggiungere questo scopo preliminarmente sarà necessario delineare in che misura il pensiero analitico rientri all’interno di coordinate teoriche kantiane, ossia si tenterà di comprendere quanto la riflessione filosofica, seppur alle prese con questioni caratteristiche di quella che è stata definita “svolta linguistica”, abbia continuato ad utilizzare uno stile di pensiero kantiano; ciò sarà funzionale alla valutazione di quanto e come le proposte di Brandom e McDowell possano essere considerate un suo superamento in direzione di una attualizzazione della lezione hegeliana. Tale sarà l’argomento del primo capitolo. Nel secondo capitolo si affronterà la proposta filosofica di R. Brandom nei punti in cui egli si è più esplicitamente richiamato ad Hegel: nella prima parte soprattutto la nozione e la funzione della logica, nella seconda la sua interpretazione della Fenomenologia. Il terzo capitolo è dedicato alla filosofia di McDowell che anche in questo caso verrà affrontata nei suoi elementi che rivendicano un riferimento all’idealismo hegeliano, in particolare mediante una riconfigurazione della nozione di ragione: in primo luogo si tenterà un confronto tra l’utilizzo da parte di McDowell della nozione di seconda natura con quello di Hegel, secondariamente sarà necessario concentrarsi sulla sua interpretazione del rapporto tra Hegel e Kant. Il filo conduttore della ricerca che emerge come una tematica ricorsiva, tanto che si affronti la proposta di Brandom che quella di McDowell, è la stessa nozione di filosofia. In tal modo sarà possibile un confronto tra due diverse concezioni della pratica filosofica che mostrerà un elemento di profonda divergenza tra i due pensatori di Pittsburgh e Hegel. A questo proposito nel corso della trattazione emergerà come la nozione di autoreferenzialità sia una categoria fondamentale per comprendere la riflessione hegeliana: presentandosi nella sua forma più compiuta e chiara proprio nella concezione della filosofia essa comunque informa profondamente l’atteggiamento di Hegel verso qualunque tematica sia posta sotto esame. Ciò che si tenterà di far emergere è come la mancanza della dovuta attenzione verso questa nozione segna un elemento di parzialità nelle interpretazioni di Brandom e McDowell. Nel capitolo conclusivo si cercherà di impostare un bilancio conclusivo sulla questione mostrando come la ripresa di Hegel da parte di Brandom e McDowell sia volta a colmare alcuni aspetti insoddisfacenti del pragmatismo di Rorty, in particolare il suo utilizzo del quietismo wittgensteiniano in relazione al problema del significato. Le interpretazioni di Brandom e McDowell verranno considerate attraverso il semplice criterio dell’analisi diretta del testo hegeliano. Poiché i loro riferimenti ad Hegel sono principalmente rivolti alla Fenomenologia e alla Scienza della Logica, l’attenzione si concentrerà quasi esclusivamente sul pensiero “maturo” di Hegel, ossia quello emerso dopo e attraverso la “crisi fenomenologica”, con le eccezioni di Fede e Sapere e della Differenza fra il sistema filosofico di Fichte e quello di Schelling, che sembrano aver costituito un punto di appoggio privilegiato nella ricostruzione, da parte soprattutto di McDowell, dei rapporti tra l’idealismo trascendentale kantiano e quello assoluto

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