L'ittero neonatale tra vecchio e nuovo: revisione critica dei principali fattori di rischio peri-partum in una popolazione multietnica di neonati.

Abstract

RIASSUNTO L’ittero è un segno clinico estremamente frequente in epoca neonatale. In condizioni fisiologiche, le cause di ciò sono correlate essenzialmente all’aumento della produzione di bilirubina per la poliglobulia tipica del neonato (a fronte di una vita più breve dei globuli rossi) e al deficit di glicurono-coniugazione (enzima UGT1A1) per l’immaturità del metabolismo epatico. L’allattamento al seno materno si associa alla comparsa di iperbilirubinemia di maggior entità e di maggior durata. Aumento dei livelli di bilirubinemia si osserva, però, anche in numerose condizioni patologiche che devono essere riconosciute e adeguatamente trattate. In particolare, mentre i quadri di ittero a iperbilirubinemia diretta (che non sono oggetto di questa tesi) sono dovuti ad ostacoli dell’escrezione biliare, l’iperbilirubinemia indiretta (non coniugata) può essere associata ad un'aumentata emolisi immunomediata (incompatibilità AB0 o Rh) o non immunomediata (deficit enzimatici eritrocitari, anomalie della membrana eritrocitaria, emoglobinopatie), infezioni, ematomi o emorragie, patologie endocrine (ipotiroidismo, ipopituitarismo) o errori congeniti del metabolismo (sindrome di Crigler-Najjar tipo I e II, sindrome di Gilbert). L’iperbilirubinemia deve essere valutata tempestivamente: la diagnosi differenziale delle cause e il monitoraggio clinico-laboratoristico sono mandatori per un’adeguata strategia terapeutica (fototerapia, terapia farmacologica), finalizzata a scongiurare il rischio di danno neuronale (encefalopatia bilirubinemica acuta e cronica, kernicterus). Nel neonato pretermine l’ittero viene descritto come un'evenienza clinica pressoché costante, a causa dell’ulteriore riduzione dell’attività di glicurono- coniugazione, del ridotto livello di albuminemia, di eventuali ritardi nell’inizio dell'alimentazione enterale, nonché della maggiore frequenza di sepsi. Per di più, il pretermine è esposto a un maggior rischio di neurotossicità da bilirubina, per la relativa immaturità della barriera emato-encefalica. Scopo di questa tesi è stato quello di rivedere, alla luce delle conoscenze attuali, possibili interazioni di molteplici fattori che negli anni sono stati chiamati in causa nella patogenesi dell’ittero neonatale a bilirubina indiretta, mettendone in risalto l’effettiva influenza o al contrario l’estraneità a tale evento. Abbiamo incluso nello studio, di tipo retrospettivo osservazionale, tutti i neonati ricoverati presso la U.O. di Neonatologia della Azienda Ospedaliera Universitaria Pisana da gennaio 2006 a dicembre 2008 (7147 neonati). Di questi, sono stati considerati quanti hanno presentato, durante il ricovero, ittero da iperbilirubinemia indiretta clinicamente significativo (239 neonati; EG= 28-41 sett., PN= 695-4330 g). In tale coorte di pazienti, abbiamo valutato l’andamento della bilirubinemia totale nelle prime 216 ore di vita (9 giorni), anche in considerazione delle eventuali terapie specifiche (fototerapia, terapia farmacologica), e lo abbiamo correlato ai principali fattori peri-partum (modalità del parto, anestesia materna durante il parto, somministrazione di oxitocici alla madre durante il travaglio, malattie della gestante, profilassi steroidea prenatale, fattori di rischio per sospetta patologia infettiva, caratteristiche auxologiche del neonato in relazione o meno all’età gestazionale, positività del test di Coombs diretto, l’alimentazione del neonato). Nella nostra popolazione di studio, i neonati da parto operativo (forcipe, ventosa) hanno presentato livelli medi di bilirubinemia statisticamente più elevati rispetto ai neonati da parto vaginale eutocico e taglio cesareo: tale risultato, ragionevolmente atteso, (verificato dopo le 72 ore di vita), è ascrivibile alla formazione di stravasi ematici, piuttosto frequente in caso di distocia di parto. Non abbiamo rilevato differenze significative nell’andamento dell’ittero in relazione all’uso o meno di anestesia farmacologica da parte della madre. La somministrazione di oxitocici alla gestante sembra associata ad una bilirubinemia di entità maggiore, confermando il dato della letteratura. I neonati IUGR, al pari dei neonati SGA, hanno presentato livelli di bilirubina più bassi. Verosimilmente tale differenza potrebbe trovare la sua spiegazione nel fatto che questa tipologia di neonati è sottoposta ad un maggiore stress in utero e quindi a più elevati livelli di cortisolo; questo potrebbe determinare una più rapida maturazione del fegato di tali neonati, attraverso un meccanismo di induzione enzimatica. A supporto di tale ipotesi è l’osservazione che sia i neonati da madre con gestosi, che i neonati le cui madri sono state sottoposte a profilassi con betametasone, hanno mostrato livelli più bassi di bilirubina rispetto ai controlli. Per quanto riguarda il peso alla nascita, i neonati con un peso >2000 g hanno presentato un livello medio di bilirubinemia più alto rispetto a quello di peso inferiore. Allo stesso modo neonati con età gestazionali superiori hanno livelli di bilirubina più alti. Questo potrebbe essere spiegato, per i neonati più immaturi, da un più tempestivo intervento terapeutico oltre che da una diversa crasi ematica (meno evidente la poliglobulia per questi neonati). I neonati con fattori di rischio per patologia infettiva non hanno presentato un andamento dell’ittero dissimile dai controlli, in virtù della profilassi antibiotica intrapartum, nonché della stretta sorveglianza clinica e laboratoristica a cui questi neonati sono sottoposti nella nostra U.O. In accordo con la letteratura, i soggetti alimentati al seno e i soggetti con Coombs positivo sviluppano più alti livelli di bilirubinemia. Molto suggestivo è il dato emerso sul possibile ruolo giocato dalla cortisolemia pre-natale sull’induzione del metabolismo epatico, dato che, al momento, ha trovato riscontro sperimentale solo in modelli animali

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