Studio dell'interazione tra matrice extracellulare e sistema inibitorio nella plasticità visiva del ratto adulto

Abstract

Meccanismi cellulari alla base della plasticità corticale nell’adulto Per plasticità si intendono tutte quelle modifiche anatomiche e fisiologiche a cui un circuito neuronale va incontro a seguito di esperienza. All’interno dello sviluppo di un organismo esiste una finestra temporale, chiamata periodo critico, in cui l’attività sensoriale può indurre, in specifici circuiti, plasticità a lungo termine, causando cambiamenti funzionali che durano per tutta la vita. Studi classici sul sistema visivo hanno permesso di ottenere importanti informazioni sulle basi neuronali della plasticità. Nella corteccia visiva primaria (V1) la relativa risposta di una cellula agli input provenienti dai due occhi viene chiamata dominanza oculare. La chiusura di un occhio (deprivazione monoculare) durante il periodo critico provoca uno shift di dominanza oculare dei neuroni di V1 verso l’occhio non deprivato ed una riduzione dell’acuità visiva dell’occhio chiuso. Anatomicamente, si nota un’espansione dell’input proveniente dall’occhio non deprivato che invade il territorio corticale normalmente occupato dall’altro occhio (Hubel et al., 1977) e, nei neuroni che proiettano dal talamo alla corteccia e che ricevono input dall’occhio deprivato, una riduzione del corpo cellulare e degli assoni (Domenici et al., 1993). Nell’adulto, la deprivazione monoculare, non produce questi effetti. Molti studi si sono focalizzati sull’identificazione delle molecole e dei meccanismi fisiologici alla base di questo tipo di plasticità. Caratteristiche fondamentali perché un fattore venga considerato determinante in questo senso, sono un suo andamento temporale corrispondente a quello del periodo critico e la sua regolazione da parte dell’attività sensoriale. Finora sono stati individuati diversi fattori che rispondono a tali requisiti: • Sistemi recettoriali; • Neurotrofine; • Matrice extracellulare; • Sistema inibitorio. Il mio lavoro di tesi si è focalizzato sull’ultimo elemento. È stato dimostrato che lo sviluppo del sistema inibitorio procede lentamente durante lo svolgersi del periodo critico per completarsi alla sua fine. Un corretto equilibrio tra l’eccitazione e l’inibizione è fondamentale sia per l’inizio che per la fine del periodo critico. Infatti, in topi knock-out per l’enzima GAD65, responsabile del rilascio veloce di GABA alle terminazioni sinaptiche, una deprivazione monoculare di cinque giorni, normalmente efficace, risulta inutile. Tale plasticità è restaurata dalla somministrazione di GABA-agonisti come le benzodiazepine e il trattamento riapre, a qualsiasi età, una finestra temporale in cui, come nel periodo critico, è possibile ottenere gli effetti classici della deprivazione (Fagiolini and Hensh, 1998). Questi risultati, ottenuti nell’animale transgenico, lasciano aperta la questione di cosa possa accadere in un animale normale. Se, infatti, l’inibizione, raggiunta una certa soglia, determina la chiusura del periodo critico, un’abbassamento del segnale inibitorio in un adulto normale potrebbe reinstaurare fenomeni di plasticità come quelli derivanti dalla deprivazione monoculare. Per verificare questa ipotesi sono stati utilizzati acido mercaptopropionico (MPA), che è un antagonista competitivo del glutammato sul GAD, o picrotossina che agisce come antagonista indiretto del recettore per il GABA. I due farmaci sono stati somministrati all’animale adulto tramite l’utilizzo di minipompe osmotiche ed è stata contemporaneamente effettuata deprivazione monoculare. La durata di azione della minipompa era circa di 8 giorni. Quindi, dopo 7 giorni dall’impianto sono state eseguite misure di plasticità. Infatti, tramite registrazioni elettrofisiologiche in vivo è stata verificata la presenza di shift di dominanza oculare e sono state misurate le caratteristiche dei campi recettivi nonché l’acuità visiva dell’occhio deprivato. L’esperimento ha dato risultati positivi, ovvero, è stato osservato shift di dominanza oculare e diminuzione dell’acuità visiva dell’occhio deprivato. Rimane da chiarire il meccanismo tramite cui l’aumento dell’attività elettrica possa agire per reinstaurare la plasticità. Oltre alle già citate variazioni a livello fisiologico, infatti, potrebbero essere presenti alterazioni a livello molecolare. Un attraente candidato per l’analisi di questi effetti è la matrice extracellulare ed, in particolare, alcuni suoi elementi costitutivi conosciuti come condroitin-solfato proteoglicani (CSPGs). Essi raggiungono il loro pattern di espressione solo durante il tardo sviluppo, quando condensano attorno al soma e ai dendriti formando le cosiddette reti perineuronali (PNNs). Queste costituiscono una sorta di gabbia attorno ai neuroni che impedisce un rimodellamento anatomico delle sinapsi. Recentemente, infatti, è stato dimostrato che la rimozione dei CSPG tramite l’uso di un enzima batterico chiamato condroitinasi ABC, può reinstaurare la plasticità in seguito a deprivazione monoculare nell’adulto (Pizzorusso et al., 2002). Se è vero che le PNNs non permettono rimodellamenti plastici dei circuiti e che la riduzione dell’inibizione, invece, rende di nuovo possibile tali cambiamenti nell’adulto, lo stesso trattamento con MPA o picrotossina dovrebbe diminuire il numero di reti visibili nella corteccia V1 di animali adulti. Per verificare questa ipotesi, minipompe osmotiche contenenti MPA sono state impiantate nella corteccia motoria sinistra di animali adulti. Dopo 7 giorni di trattamento, sono stati prelevati i cervelli e tagliati al microtomo congelatore. Le fettine così ottenute, sono state sottoposte ad una reazione di immunoistochimica che rivelasse la presenza di determinati CSPG. Le immagini della V1, acquisite con un microscopio confocale, sono state codificate e si è proceduto alla conta delle cellule attorniate da PNN. Come controlli sono stati utilizzati la corteccia destra degli animali trattati con MPA (controllo interno) e cortecce provenienti da animali la cui minipompa conteneva soluzione salina. I risultati preliminari di tale esperimento sembrano suggerire che, effettivamente, la riduzione dell’inibizione favorisca il disgregarsi delle reti perineuronali

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