L\u2019arcipelago dei punti vendita tra consumi \u2018fisici\u2019 e shopping divide

Abstract

Un anno fa il Sole 24 ore pubblicava un articolo dedicato alla ripresa delle aperture dei punti vendita (fisici). Nel 2016 i negozi chiusi superavano quelli nuovi mentre il 2017 era stato nominato \u201cl\u2019anno della ripresa di aperture di negozi\u201d, poich\ue9 si era registrato un saldo positivo a favore di nuovi spazi di vendita della moda e del lusso. I dati sul commercio al dettaglio, oltre ad essere influenzati dalla congiuntura economica, risentono delle preferenze espresse dal consumatore, che incorporano abitudini di acquisto incapaci di essere spiegate attraverso una logica puramente economica perch\ue9 orientate da un agire razionale da un punto di vista sociale (Fabris, 2003; Sassatelli, 2007; Secondulfo, 2012; Setiffi, 2012) e frutto di una continua ridefinizione dell\u2019equilibrio tra rinunce e concessioni, resistenza e innovazione (Sassatelli, Santoro, Semi, 2015). Un\u2019ulteriore variabile in grado di spiegare la scelta dei punti vendita riguarda ci\uf2 che nel titolo del capitolo abbiamo chiamato \u2018shopping divide\u2019, una sorta di \u2018digital divide\u2019 applicato ai consumi. Infatti, la classe di et\ue0 del soggetto \ue8 di sicuro la variabile che maggiormente ci permette di spiegare le differenze tra coloro che acquistano online e offline (Riva, 2014). In aggiunta, gli stessi luoghi di consumo rappresentano un valido strumento di lettura della metamorfosi dei consumi poich\ue9 la loro trasformazione storica-sociale \ue8 l\u2019emblema dell\u2019odierno processo di spettacolarizzazione della merce (Codeluppi, 2000) e di progressivo consolidamento della GDO (Grande distribuzione organizzata) e delle vendite online

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