¿SEGNI DISTINTIVI E PUBBLICO DOMINIO: IL RUOLO DELL¿IMPERATIVO DI DISPONIBILITA¿ NELLA REGISTRAZIONE E NELLA TUTELA DEL MARCHIO¿

Abstract

La filosofia del diritto occidentale, mentre si \ue8 ampiamente preoccupata di indagare i fondamenti giustificativi dei diritti di propriet\ue0 intellettuale, raramente si \ue8 occupata di quelli del loro antagonista concettuale, ovvero del pubblico dominio. Lo scarso interesse manifestato dalla letteratura scientifica trova plausibile spiegazione nella concezione largamente diffusa che identifica il pubblico dominio nel concetto opposto e contrario di \u201cpropriet\ue0\u201d, finendo per cadere nell\u2019equazione che considera una risorsa valorizzabile e meritevole di attenzione e tutela solo ci\uf2 che \ue8 appropriabile e tratta ci\uf2 che non lo \ue8 come scarto privo di intrinseco interesse. Oggi, a questa visione se ne \ue8 sostituita un\u2019altra, che vede il pubblico dominio non pi\uf9 come res nullius, ma come res publici iuris, ovvero propriet\ue0 collettiva, comune, di tutti. Riconoscere che sul pubblico dominio insiste un interesse proprietario comune, equivale a dire che ciascun membro della collettivit\ue0 vanta un interesse a rivendicarne la comune propriet\ue0, ovvero ad opporsi a tentativi di loro privata appropriazione. In relazione al diritto dei marchi tale interesse si contrappone al fenomeno di appropriazione indebita dei segni distintivi che devono considerarsi patrimonio comune, sottratto a qualsiasi diritto di privativa e liberamente disponibile per la collettivit\ue0. Il capitolo introduttivo affronta i problemi definitori del pubblico dominio con riferimento alle principali privative industrialistiche, per poi concentrarsi, in particolare, sul rapporto con il diritto dei marchi. Esso d\ue0 conto delle principali iniziative mosse a livello internazionale per studiare le interazioni tra diritto dei marchi e pubblico dominio e si conclude con l\u2019individuazione degli interessi collegati alla salvaguardia di un pubblico dominio ricco ed accessibile e delle minacce a tale interesse, ravvisabili nella tendenza all\u2019espansione e al cumulo delle tutele. La durata tendenzialmente illimitata del diritto e la revocabilit\ue0 dello status di pubblico dominio di un segno, caratterizzano il diritto di marchio rispetto alle altre privative industrialistiche per non avere una struttura di per s\ue9 favorevole e predisposta alla salvaguardia del dominio pubblico. Tale limite strutturale \ue8 per\uf2 temperato dal legislatore mediante la previsione di limiti alla possibilit\ue0 di acquisizione del diritto, nonch\ue9 alla sua portata una volta acquisito. I capitoli II e V si occupano dei meccanismi che il diritto dei marchi prevede al fine di garantire spazi di pubblico dominio cui gli operatori del mercato possono liberamente attingere senza perci\uf2 interferire con l\u2019area dei diritti di esclusiva dei titolari di marchio. Il capitolo II, in particolare, si occupa dei meccanismi di salvaguardia del pubblico dominio costituito dai segni esclusi dalla registrazione. I singoli impedimenti alla registrazione sono presi in esame evidenziandone la scarsa capacit\ue0 escludente anche alla luce della tendenza all\u2019estensione dell\u2019oggetto della tutela di marchio, evidenziata attraverso una rassegna dei principali marchi-non convenzionali cui negli anni \ue8 stata concessa tutela. Tra tali meccanismi di salvaguardia del pubblico dominio spazio centrale \ue8 dedicato al principio dell\u2019imperativo di disponibilit\ue0 dei segni distintivi. Tale dottrina \ue8 stata elaborata dal formante giurisprudenziale tedesco sotto il nome di \u201cFreihaltebed\ufcrfnis\u201d (letteralmente \u201cnecessit\ue0 di mantenere libero\u201d) e fatta propria dalla dottrina anglosassone come \u201cright to keep free\u201d e sostiene, almeno nel suo impianto originale, la necessit\ue0 di subordinare la registrazione di un marchio ad una previa valutazione di opportunit\ue0 che il segno per cui si domanda tutela debba rimanere in pubblico dominio, ovvero liberamente appropriabile dalla collettivit\ue0. Oggi \ue8 pi\uf9 che mai in dubbio quale sia il ruolo di questo principio all\u2019interno del diritto comunitario dei marchi. Il capitolo III illustra l\u2019iter della giurisprudenza comunitaria con riferimento alla questione del riconoscimento e della rilevanza dell\u2019imperativo di disponibilit\ue0 nel giudizio di registrazione. L\u2019analisi evidenzier\ue0 come la Corte sia giunta a conclusioni differenti a seconda del diverso impedimento alla registrazione oggetto di interpretazione, con risultati considerati irragionevoli da larga parte della dottrina e non banali difficolt\ue0 e incertezze applicative per gli Uffici di registrazione. Nonostante ci\uf2 si evidenzier\ue0 l\u2019emergere di una linea interpretativa comune alla maggior parte delle decisioni analizzate, tesa a riconoscere un ruolo effettivo all\u2019imperativo di disponibilit\ue0 nel giudizio di registrazione, seppur solo di carattere strumentale alla valutazione di distintivit\ue0 di un segno. Il capitolo IV illustra come il recente progetto di riforma di Direttiva e Regolamento comunitari non abbia colto l\u2019opportunit\ue0 di positivizzare tale principio, restando insensibile alla proposta originaria formulata dallo Studio del Max Planck Institut diMonaco di Baviera di inserire un riconoscimento espresso del suo operare all\u2019interno del giudizio di registrazione. Conclusa la prima parte del lavoro dedicata alle interazioni tra il principio di disponibilit\ue0 dei segni distintivi e la registrazione di marchio, nel capitolo V si entrer\ue0 nel terreno meno battuto dei riflessi che lo stesso principio dispiega nei confronti del giudizio di contraffazione. Dopo aver analizzato i diversi meccanismi previsti dal legislatore al fine di salvaguardare il pubblico dominio costituito dalle libere utilizzazioni di un segno registrato, si dar\ue0 conto della loro scarsa capacit\ue0 escludente e delle conseguenti minacce che la tutela assoluta prevista per i casi di contraffazione per doppia identit\ue0 e quella aggravata del marchio che gode di rinomanza pongono alla salvaguardia dello spazio di pubblico dominio, specialmente con riguardo ai numerosi casi in cui il marchio altrui \ue8 utilizzato per scopi \u201catipici\u201d, ovvero non chiaramente distintivi dell\u2019attivit\ue0 imprenditoriale e dei beni o servizi dell\u2019avente diritto. Con riferimento ad essi, l\u2019interprete ha l\u2019arduo compito di capire, di volta in volta, se sia maggiormente meritevole di tutela il titolare di marchio nel suo interesse di escludere i terzi dall\u2019utilizzo del proprio segno, o i terzi stessi nell\u2019interesse antagonista di fare uso del segno per finalit\ue0 descrittive, espressive, decorative ecc. La giurisprudenza non ha offerto alcuna interpretazione univoca di questo bilanciamento, stentando a tracciare lo spartiacque tra usi leciti ed illeciti del marchio altrui. Molti di questi casi sono allora stati risolti dalla giurisprudenza ricorrendo, per sancirne la liceit\ue0, ad un principio di \u201cnecessit\ue0 dell\u2019uso\u201d che porta nel giudizio di contraffazione gli stessi interessi di libera disponibilit\ue0 presenti in sede di registrazione. Anche all\u2019interno del giudizio di contraffazione, tuttavia, tale interesse resta sostanzialmente un oggetto misterioso per la Corte di Giustizia, che resta ancorata alla contraddizione che vede tale interesse confinato ad operare come principio interpretativo generale della normativa, privo per\uf2 di qualsiasi implicazione concreta ed effettiva nel giudizio di registrazione e di contraffazione. In conclusione si suggerisce la necessit\ue0 di sciogliere questo paradosso e si individua nella proposta del Max Planck un\u2019occasione inspiegabilmente mancata per farlo.Among the 45 Recommendations adopted under the WIPO Development Agenda, two indicate the preservation of public domain as a key task for firms, individuals and Member States. This study explores the notion of \u201cpublic domain\u201d in relation to trademark law, with particular reference to the challenging issue of how safeguarding it, avoiding misappropriation of signs which should remain usable by the public. Some studies have shown that legal instruments provided by trademark law to keep signs and certain forms of use free, risk not being appropriate counterbalances to prevent the misappropriation of public domain. A general exclusion from registration does not exist for many signs which are part of a communal heritage and even if a refusal for registration may be grounded on the lack of distinctiveness, this requirement may still be overcome, showing that the sign has acquired a \u201csecondary meaning\u201d. Furthermore, a look into the registers reveals that trademark right is often used as a vehicle to extend prior patent, design or copyrights, with great public domain\u2019s concerns. At last, the space of public domain is endangered by the expanded protection of new types of marks and by the anti-dilution enhanced protection, which gave the registered trademark\u2019s owner more general control over his sign, making it unavailable for socially and culturally valuable use, such as news reporting, criticism, review and parody. German case law was the first to address the issue of the safeguard of this room for free signs and uses, suggesting that trademark registration should be subject to a prior assessment of the opportunity that a sign remain public available (Freihaltebed\ufcrfnis). This interest raises from the observation of the negative impact that granting rights to certain types of trademark may have on market competition and led most countries to refrain from recognising trademark rights to descriptive and generic signs and functional shapes. Otherwise, by choosing these signs, right holders may acquire strategic competitive advantages on competitors whose marketing strategies and communication, deprived of the opportunity to use them, would result much less effective than that allowed to the trademark\u2019s holder. This advantage has nothing to do with the essential function to guarantee the trade mark as an indication of origin and is therefore not justified in the light of the objectives underlying trade mark law. The ECJ, requested to preliminary ruling on whether this \u201cneed to keep free\u201d should play any role in the European trademark law, answered contradictorily. Notwithstanding, courts still rely on public policy concerns in order to preclude or limit the trademark protection, such as the \u201ccolor depletion\u201d and the \u201cfunctionality\u201d doctrine used by U.S. Courts for granting protection to color or shape marks. This work suggests that public interest should still play a role as a key-factor in order to assess the distinctive character relevant both in registration and infringement proceedings and shares the view that wording should be added in the Trademark Directive and Regulation, that the assessment of distinctive character should take into account the \u201cright to keep free\u201d. This proposal becomes particularly actual in the light of the works in progress for reforming the European trademark legislation, which appear to have ignored the problem of striking the proper balance between trademark right and public domain

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