Il castello di Lagopesole rappresenta una delle ultime realizzazioni federiciane nel Mezzogiorno d’Italia. Oggetto di numerosi interventi critici relativi principalmente alle sue vicende costruttive, deve la sua fama anche al ricco apparato decorativo, noto per essere nel Regno tra le maggiori espressioni della cultura artistica duecentesca. Da un punto di vista quantitativo il corredo plastico del castello, consistente principalmente in mensole dal profilo rettangolare a sostegno di archi-diaframma, è notevole. Esso riflette l’ampia circolazione di modelli e/o di maestranze nel periodo svevo, variamente giudicata dagli storici dell’arte, che attribuiscono la base del rinnovamento artistico duecentesco in Italia meridionale all’inlfuenza del fresco naturalismo gotico di Parigi, passando per Sens finon a Reims e includendo le molteplici diramazioni tedesche da Gelnhausen a Bamberga e Naumburg. Si intrecciano a questa varietà di confronti le articolate e complesse relazioni con il mondo cistercense – uno dei capitoli fondamentali entro cui si è articolata la discussione relativa al Gotico italiano – individuate lungo precise direttrici tra Fossanova, Casamari e San Galgano. Infine il mondo antico, e tardoantico, che costituisce il sostrato linguistico di base per la cultura artistica federiciana, e che si alimentava della presenza in loco di manufatti spesso reimpiegati per volere dello stesso imperatore nelle residenze e nei castelli, come il frammento di sarcofago a lenós rinvenuto di recente nel cortile minore . Di tutte le opere scultoree è analizzata la storia critica, sono presi in considerazione i confronti ed i significati iconografici. Rispetto all’ampiezza dei confronti messi in campo permane nella scultura architettonica di Lagopesole, come in Castel del Monte o in Castel Maniace, un carattere di spiccata individualità spiegabile solo attraverso la coerente armonizzazione delle competenze dei singoli maestri all’interno dell’organizzazione del lavoro nei cantieri imperiali. L’analisi di queste problematiche costituisce la chiave di lettura nuova di questo contributo. La perizia e complessità delle elaborazioni stilistiche – capaci di dare forma a significati complessi – implicano il coinvolgimento attivo degli scultori come attori protagonisti delle imprese artistiche italomeridionali. Oltre alle singole personalità di magistri e protomagistri, sui quali si è da sempre focalizzato l’interesse degli storici dell’arte, è nella formula del cantiere che trova fondamento la capacità pervasiva di questo linguaggio, al punto che da più parti si considera l’elemento decorativo alla stregua di un signum imperi . La varietà del repertorio ornamentale, decodificato secondo modelli condivisi, lascia presupporre che questo comune linguaggio, trasmesso da magistri più aggiornati ad altri scalpellini, sia entrato nel ‘bagaglio professionale’ delle botteghe al soldo dell’imperatore. La scultura di Lagopesole non è spiegabile se non in questi termini. La ricchezza dei temi, esattamente come in un repertorio di modelli, costituisce un’esemplare sintesi del mondo federiciano e della sua ideologia. In modo corale e polifonico ne rappresenta il momento di massima maturità. Per tale motivo potrebbe essere stato lo stesso Manfredi – il cui ruolo nel completamento e nella ristrutturazione di alcuni impianti castellari del Regno è stato da più parti ipotizzato – a commissionare queste opere.
Tra le varie sculture analizzate sono anche prese in considerazione le due celebri mensole che ancheggiano l’ingresso del mastio, di cui si propone una nuova lettura iconografica e se ne identificano le radici culturali ed artistiche nei modelli di età classica presenti nel territorio, tra cui la frammentaria testa di cavallo già nel castello ma perduta ed il sarcofago di Rapolla, risalente al II secolo