Rilevare nel tempo. Rilevare le trasformazioni. Dal rilievo dello spazio fisico al rilievo dello spazio percepito

Abstract

Lo spazio si modifica nel tempo e muta sotto la luce, affermava Louis Kahn, vive, secondo Heidegger, attraverso l'uomo che lo abita e lo identifica attraverso delle mappe mentali, indagate da Lynch, prodotte da sistemi e strutture percepite (Kahn, 1957; Heidegger, 1951; Lynch, 1960). Quello stesso spazio che l'uomo percepisce attraverso un complesso e graduale input visivo che, secondo la teoria della visione di Marr, passa dall'inquadramento generale della scena alla visione bidimensionale e poi tridimensionale (Marr, 1982), trascurando la proiezione sensibilmente piana ricevuta dalle nostre retine indicata da Berkeley, che di fatto, rendendo invisibile la profondità, limiterebbe la visione spaziale (Merleau-Ponty, 1945, p. 339). Ed ancora, quello spazio che, traslato in ambiente, insieme alla personalità diventa, nelle teorie di Lewin, strumento di comprensione e previsione del comportamento dell'uomo (Lewin, 1937), sostanziando quell'intima interazione degli esseri umani con spazi e superfici che si relazionano ai nostri sensi, sulla quale si basa, secondo Salingaros, l'esperienza dell'ambiente (Salingaros, 2006, p. 85). Lo spazio, e ogni corpo in esso contenuto, oltre la sua fisicità e quella sua staticità tettonica (la solidità vitruviana), possiede, ed è in grado di assumere e trasformare nel tempo, delle caratteristiche e delle qualità principalmente legate all'estetica e all'utilizzo, qualità che i sensi percepiscono insieme alla sua estensione (Bergson, 1927, p. 61) avviando e stabilendo la relazione reale e totale tra uomo e spazio. Così, tale relazione è scaturita essenzialmente da estetica e utilizzo dello spazio (a completamento della triade vitruviana) e non soltanto, dunque, dal suo essere spazio fisico in quanto tale. Del resto è proprio attraverso l'individuazione della sua funzione, e quindi del suo possibile e potenziale utilizzo, insieme al riconoscimento e all'approvazione del suo valore estetico, che l'uomo percepisce lo spazio entrando in rapporto e integrandosi ad esso e legando la vita dello spazio, la sua durata, non alla sua vita personale ma alla durata di tale rapporto (Bergson, 1927; Arendt, 1971). In definitiva, l'uomo si rapporta con lo spazio percependolo nel tempo e percependone le qualità che si trasformano e che risiedono principalmente nell'estetica e nell'utilizzo. Tale rapporto determina anche la vita stessa dello spazio: lo spazio dura finché dura il rapporto con l'uomo. Ciò detto, è possibile pensare alla necessità di rilevare e documentare non soltanto lo spazio fisico in quanto tale, fisso e immobile, ma anche quello spazio in continua mutazione che, di fatto, è lo spazio che noi viviamo, abitiamo e percepiamo e che quindi vediamo (comunque nella sua profondità) tramite meccanismi binoculari, in definitiva: quello spazio con il quale noi ci rapportiamo. In questo senso rilevare nel tempo significa rilevare anche tutte quelle mutazioni e trasformazioni dello spazio che l'uomo percepisce relazionandosi allo stesso, dovute a diversi fenomeni endogeni ed esogeni. Di conseguenza rilevare nel tempo significa rilevare lo spazio percepito oltre quello fisico, raggiungendo verosimilmente il rilievo totale dello spazio anche attraverso il recupero del rapporto tra uomo e spazio

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