Dal colloquio con Wolf Biermann del 1985 è facile constatare come il concetto di “rivoluzione” sia cambiato nel corso degli anni, dal momento che il cantautore è sempre stato convinto che la sua vita e la sua opera avrebbero dovuto avere un significato politico. Egli ha ereditato la concezione dell’arte degli anni Trenta, secondo cui il compito di un poeta era quello di cambiare l situazione politica ed economica della società. Biermann usa una terminologia che era in voga negli anni Ottanta. Parte delle sue affermazioni riguardano la situazione politico-culturale del suo tempo e vanno contestualizzate. Sebbene all’epoca di questo colloquio vivesse in esilio da più di nove anni, egli usa la terminologia, e in parte i modi di dire della DDR: termini come “abhauen” (squagliarsela, tagliare la corda), “Tauwetter” (disgelo), “drüber” (dall’altra parte del muro) emergono continuamente nel suo discorso. Se si volesse sintetizzare il motivo dominante delle sue canzoni e delle sue poesie nel periodo in cui viveva nella DDR in una frase, si potrebbe forse utilizzare il titolo di una delle sue raccolte più famose: Non aspettare tempi migliori. Qui Biermann, come spesso accade nella sua opera, rovescia in senso ironico uno slogan del partito comunista ed esprime la convinzione che il comunismo reale “non è in grado di riformare se stesso”. In questa intervista, così come nelle sue poesie, non troviamo alcuna rassegnazione, ma il desiderio di continuare a combattere, nonostante tutto. Biermann, alla metà degli anni Ottanta, si rende perfettamente conto che la situazione politica ed economica non sarebbe migliorata affatto. Ha capito che le giovani generazioni sono diventate anti-ideologiche, cioè che non vogliono più usare gli stumenti del marxismo e della politica. Hanno abbandonato questo modo di pensare, ma Biermann rimane interamente legato a questo modello di pensiero, senza il quale la sua poetica sarebbe inconcepibile. .By speaking with Wolf Biermann, it is easy to see, how the concept of revolution has changed over time, since the songwriter has always been convinced that his life and work should have political significance and effect. He inherited the concept of art of the 1930s, according to which the task of a poet was to change the political and economic situation of the society. Biermann uses a terminology that was normal in the 1980s. Part of his comments concern the political and literary situation of his time and should be contextualized. Although at the time of this interview he has been living in exile for more than nine years, he still uses the political terminology, and partly the jargon of the GDR: words like “abhauen” (to slip off), “Tauwetter” (thaw), “drüber” (beyond the wall) are constantly emerging in his discourse. If one wanted to synthesize the leitmotiv of his songs and poems in the GDR era with one sentence, one could easily use the title of his most famous record: Do not wait for better times. Here, Biermann, as usual in his work, reverses ironically the slogan of the communist party and expresses the conviction that the real existing communism is "not capable to reform itself". In this interview as well as in his poems we cannot find any resignation, but the desire to continue fighting, in spite of all. Biermann is fully aware that the political and economic situation will not be better in the mid-1980s. He fully understands that the young generations have become anti-ideological, i.e. that they no longer want to use the instruments of Marxism and politics. They have quitted this model of thinking, but Biermann remains entirely in this model of thought, without which his poetry would be inconceivable