Il potere predittivo positivo del modello dimensionale DSM 5 per la diagnosi di personalità in un campione di pazienti comorbidi per disturbi dell'umore

Abstract

Introduzione: La diagnosi dei disturbi di personalità (DP), soprattutto se categoriale ed effettuata attraverso strumenti differenti è spesso poco attendibile. Il DSM 5 ha proposto pertanto un nuovo modello gerarchico e multidimensionale. La relazione tra DP e disturbi dell'umore è complessa e molte questioni metodologiche restano aperte: scarsità e contraddittorietà dei dati, mancanza di teorie eziologiche definite, farmacoresistenza dei pazienti comorbidi che presentano decorso e outcome peggiori, anche nelle forme sotto-soglia. Metodi: 30 pazienti con disturbi dell'umore sono stati sottoposti a screening con il questionario self-report della SCID-5-PD e successivamente diagnosticati con la SCID-5-PD, il Dimensional Assessment of Personality Pathology - Basic Questionnaire (DAPP-BQ) e l'Inventario di Personalità per il DSM 5 (PID-5). Risultati: Le diagnosi dimensionali e la variabile “caratteristiche clinicamente significative” consentono di predire tratti psicopatologici in assenza del superamento del cut-off categoriale: manipolatività, ostilità e antagonismo nella personalità evitante, comportamento dissociale nella personalità paranoide, comportamento compulsivo ma anche persistenza e perfezionismo in quella schizotipica, ansietà nella personalità narcisistica, disinibizione e inganno in quella dipendente. Conclusioni: Il nuovo modello appare valido e più utile clinicamente a cogliere caratteristiche patologiche e risorse di personalità finora inedite o poco indagate

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