Studio in vivo del nucleo noradrenergico Locus Coeruleus in pazienti con decadimento cognitivo lieve, demenza di Alzheimer e in soggetti sani

Abstract

Premessa: la malattia di Alzheimer (AD) è la più comune forma di demenza neurodegenerativa non vascolare. Per quanto numerosi elementi dei processi patogenetici e fisiopatologici che la caratterizzano siano stati individuati, il quadro complessivo non è ancora del tutto chiaro, e ciò limita, almeno in parte, la progettazione di trattamenti che possano prevenire lo sviluppo dell’AD in soggetti a rischio. Il coinvolgimento del nucleo pontino noradrenergico Locus Coeruleus (LC) nell’AD è noto sin dagli anni ’60 del XX secolo, ma solo recentemente la compromissione di tale nucleo è stata ipotizzata da vari ricercatori essere centrale fin dalle fasi precoci della patogenesi dell’AD. Tale ipotesi noradrenergica ha potenziali importanti implicazioni dal punto di vista fisiopatologico, diagnostico, e, in prospettiva, terapeutico. Obiettivi: valutare parametri ascrivibili al LC in vivo nella popolazione sana e in soggetti con declino cognitivo AD-legato. Metodi: il LC è stato studiato utilizzando un software di analisi semiautomatico applicato a sequenze specifiche T1-pesate acquisite con RMN 3 Tesla (LC-RMN), sfruttando il segnale neuromelanina-dipendente, su una popolazione divisa in tre gruppi (soggetti di controllo sani, pazienti con Mild Cognitive Impairment – MCI – e pazienti con AD) e valutata con test neuropsicologici formali. I risultati sono poi stati analizzati statisticamente, per mettere in luce differenze significative e correlazioni. Risultati: nel gruppo dei controlli, si è rivelata una correlazione, modesta ma presente, tra i parametri LC-RMN e l’invecchiamento. Inoltre sono state riscontrate differenze significative di volume del nucleo e intensità di segnale nei pazienti AD rispetto ai soggetti sani. Conclusioni: l’analisi semiautomatica di LC-RMN si è mostrata essere un potenziale utile metodo d’indagine del LC in vivo e ha prodotto risultati promettenti, che consentono di ipotizzarne un futuro utilizzo come utile parametro diagnostico. Tali risultati, inoltre, consentono speculazioni sul ruolo fisiopatologico del LC nella patogenesi dell’AD e sulle potenziali implicazioni terapeutiche di tale coinvolgimento, in linea con quanto riportato nella letteratura attuale

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